Un marasma di numeri, dati, voci, annunci e rumors. Ma qualcuno prova a mettere un po’ di ordine prima del 15 settembre
Un bel pezzo di Fabrizio Zupo per La Nuova di Venezia e Mestre
Lo spread ovale, il differenziale fra le quotazioni dei due candidati maggiori al dopo Dondi nel governo del rugby azzurro, cambia di giorno in giorno e a meno 12 giorni dalle urne accelera la corsa. Di certo c’era al via della sfida un patrimonio di voti tutti
da conquistare per Amerino Zatta, presidente di Treviso, e un altro da non dissipare per Alfredo Gavazzi investito dal presidente della Fir di raccoglierne scettro ed eredità. Terzo contendente Gianni Amore, siciliano con carriera ovale a Milano. Mercoledì
5 la commissione del Coni chiuderà le candidature ritenute valide. Allora si saprà con quale mazzo viene giocata questa partita ma non si vedranno subito le carte. Le elezioni di presidente e consiglio federale non si svolgono per liste ma per singole
candidature. La scalata alla presidenza – dopo 16 anni Dondi – era partita da lontano e poggiava su tre gambe: il Lazio, la Lombardia, il Veneto benettoniano che aveva formalizzato a giugno la sfida .
La prima è “rientrata”, le altre due da alleate si sono trovate avversarie all’indomani
del ritiro di Dondi che ha puntato il suo patrimonio di voti sul presidente di Calvisano.
Cos’è successo quest’estate? La data del 15 settembre scelta dalla Fir ha stretto i tempi, contraendo il dibattito e schiacciando tutto sulla strategia politica. A sparigliare il nuovo statuto che ha tagliato da 20 a 10 posti i posti in Consiglio (7 per le società, 2
per gli atleti e 1 per i tecnici). Metà del vecchio consiglio è in cerca di collocazione, buone pure le cariche Fir estere (Sei Nazioni, Fira, Erc, Irb, Celtic) pur senza diritto di voto. Sono 487 le società votanti (81 venete), 69.933 voti (44mila per le società, 12mila
per gli atleti, 6.381 tecnici).
Zatta e Gavazzi hanno passato agosto battendo la penisola club per club cercando punti di forza in casa: il Veneto conta 12mila voti (19.9% del totale), la Lombardia 11.168 (17,47%). Zatta partiva da un 40 contro 60 (le elezioni Civ del 2008) e doveva convincere chi nel Veneto non aveva apprezzato che la Benetton dopo il raduno dei club a Villa Minelle in soccorso a Treviso allora esclusa dalla Celtic, incassato il
risultato non avesse allargato la partecipazione a franchigia triveneta (Dogi). Cecità politica o orgoglio? La voglia di battere bandiera era troppa. Gavazzi che nel 2008 aveva vinto le elezioni lombarde con un 83%, paga lo strappo di Milano che non
si vede rappresentata rispetto Brescia e i malumori di Viadana.
Un dato sembra assodato, fornito da entrambi i fronti. Zatta avrebbe il 75% dei voti veneti. Se è vero significano 9.500 voti (15% dei nazionali). La tessitura dondiana sembra crollata al 25% (il 5% totale). In Lombardia i voti delle province di Milano
(2884), Monza (880) e Viadana (836) sono il 41%: se confermato lo strappo Gavazzi avrebbe il 59% e Zatta il resto, rispettivamente 10% e 7% nazionale. La sfida parte da 22% per Zatta e 15% per Gavazzi. Per vincere saranno decisivi il Lazio (9% dei
voti), l’Emilia (9%) – che si porta dietro Liguria (3%) e Piemonte (6%) – e la Toscana (7,5%). Con7 consiglieri servono candidaturea coprire la penisola. Per Gavazzi
dovrebbero essere: Vecchi (Rovigo), Luisi (Lazio), Maia (Biella),Manzo (Campania), Reverberi(Emilia), Vaccari e Zaffiri (atleti), Gaetaniello (tecnico).
Con Zatta ci sarebbero Besio (Liguria), Zanovello (Cus Padova), Donati (Brescia), forse Paolini (Sud), due giocatori di Treviso e Mogliano e sorprese nelle tre regioni
chiave. Del resto la politica è l’arte del possibile.
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