L’allenatore del West Ham “attacca” il rugby. E si scatena subito il polemico dibattito
“Il calcio sarà quello che è, però nessuno mette mai in luce che i giocatori di rugby si calpestano la testa, si mettono le dita negli occhi e altro. E tutti lo ritengono accettabile”. Parole di Sam Allardyce, boss del West Ham, club del massimo campionato inglese di calcio.
Siamo onesti, molti appassionati di calcio pensano queste cose del rugby o dei giocatori che si azzuffano per 80 minuti per il possesso della palla ovale. Il calcio – o meglio, i suoi rappresentanti a tutti i livelli: atleti, dirigenti, allenatori, giornalisti – spesso hanno qualcosa a che ridire dell’aurea di “inviolabilità morale” che il rugby sembra proporre nell’immaginario collettivo. A volte con un po’ troppo prosopopea, ma è inutile girarci attorno: magari non tutti gli appassionati ovali si sentono superiori ai loro colleghi pallatonda, ma diversi sì. E rimarcano spesso questa “diversità”.
C’è chi dice che i calciatori siano “gelosi” del successo del rugby e di come esso viene percepito, perché in qualche modo questa cosa andrebbe a mettere a rischio la superiorità numerica e di diffusone del calcio. Allardyce, rigira la questione, e sostiene che sono gli altri sport ad essere invidiosi del successo del pallone.
La questione è ovviamente dibattuta e difficilmente se ne potrebbe venire a capo. Allardyce comunque, per onestà inetllettuale, avrebbe dovuto anche dire che quegli atteggiamenti che lui sottolineava – i calcioni, gli stamping, i placcaggi alti – sono pesantemente sanzionati nel rugby: squalifiche sopra le cinque giornate sono invece piuttosto inusuali nel calcio. Bisognerebbe poi aggiungere che le sanzioni nel rugby valgono per qualsiasi tipo di manifestazione, non importa cioè se vieni squalificato per qualcosa che hai fatto nel campionato nazionale o in una coppa europea. Se ti fermano, stai fermo del tutto.
Insomma, la domanda alla fine non può che essere una: voi cosa ne pensate?
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