Tonga, All Blacks, Australia: un trittico che apre un anno difficile per il gruppo azzurro. Come stiamo di salute?
Ci siamo, si fa sul serio e il tempo della “luna di miele” è finito. Un anno fa, proprio in questi giorni, Jacques Brunel si insediava sulla panchina azzurra: niente test-match di novembre come avviene nell’immediato post-mondiale, poi il Sei Nazioni e un tour estivo contro avversarie di non primissima fascia: un’Argentina che per quanto competitiva era impegnata nella preparazione del suo primo Rugby Championship e ha schierato una sorta di “squadra B”, Canada e Stati Uniti.
La stagione che va iniziando per gli azzurri è invece di tutt’altro livello: Tonga, All Blacks e Australia in questo novembre, il Sei Nazioni e poi Scozia, Samoa e Sudafrica a giugno. Con l’esclusione di Fiji, il meglio del rugby mondiale.
Inutile chiedersi ora come ne usciremo, faremo i dovuti bilanci a giugno, quello che possiamo chiederci in questo momento è come ci presentiamo ai tre test di questo novembre.
Partiamo dagli avanti, tradizionalmente il nostro punto di forza. La terza linea è di altissimo livello, probabilmente il nostro reparto più forte: Parisse, Barbieri e Zanni sarebbero titolari quasi ovunque e se i primi “rincalzi” sono Simone Favaro e Manoa Vosawai… beh, non possiamo lamentarci.
La seconda linea invece ha la coperta un po’ corta: Pavanello e Geldenhuys sono giocatori esperti e di assoluto valore, ma l’infortunio di Marco Bortolami fa accendere la spia in un reparto dove potremmo (speriamo di no!) trovarci in riserva. Furno ha infatti ottime qualità, ma probabilmente ancora acerbo e Van Zyl è appena rientrato da un infortunio. Forse in questo ruolo sarebbe meglio avere almeno un’altra alternativa.
E poi c’è la prima linea, nostro vanto assoluto fino a un paio di anni fa ma che sta iniziando una inevitabile metamorfosi dovuta a ragioni brutalmente anagrafiche. Gli elementi più giovani sono di prim’ordine, ma ancora non al livello dei più esperti: in questo senso il mix delle scelte fatte dal ct è esemplare. Con un occhio che va tenuto – ad esempio – a quello che Staibano sta facendo con la maglia degli Wasps.
La domanda da porsi è a che punto della metamorfosi siamo. L’ossatura degli avanti è, bene o male, quella che ci porterà fino ai Mondiali 2015 e il bicchiere nel complesso è decisamente mezzo pieno. Detto questo, bisogna iniziare già oggi a programmare un ricambio generazionale che dopo quell’appuntamento sarà numericamente e qualitativamente importante. E oggi possiamo rimanere sufficientemente tranquilli solo per la terza linea.
Trequarti, il reparto che deve fare il salto di qualità vero. Inutile girarci attorno, se non hai uomini in grado di sfruttare l’enorme lavoro svolto ai giocatori che stanno davanti non si può sperare di fare il grande balzo che tutti attendiamo da tempo. Il livello generale è più che buono: abbiamo sostanzialmente risolto il problema mediano di mischia che solo due anni fa sembrava quasi insolubile, qualche punto di domanda in più c’è per l’annosa questione-apertura anche se rispetto a un po’ di tempo fa passi avanti ne sono stati fatti. Un minimo di copertura c’è anche per il numero 10 anche se quello “vero” dobbiamo ancora trovarlo (come un calciatore vero e affidabile sempre: Mirco è stato bravissimo a calarsi con grande umiltà nella parte, ma non ha ancora quella costanza che ti può dare solo il tempo). Centri e ali non mancano: qui l’età-media è stata abbassata moltissimo, anche i giocatori più giovani hanno una più che discreta esperienza. Il problema è che scontano un ritardo di preparazione tecnica su cui non hanno alcuna responsabilità, qui è il movimento che va aggiustato (riformato?) in maniera tale che un atleta possa considerarsi “pronto” un 3/4 anni prima di quanto non avviene oggi.
Con Brunel si è notato un innegabile miglioramento nelle fasi d’attacco, ma il ct più di tanto non può fare se in quello specifico tecnico soffrono anche le realtà celtiche. E’ un lavoro lungo, che può dare risultati sul medio periodo, ma All Blacks, Australia e Tonga arrivano ora. Fondamentali saranno anche i risultati: il gruppo ha bisogno di quella sicurezza che solo vittorie pesanti possono dare. In questo senso l’affermazione sull’Inghilterra all’ultimo Sei Nazioni sarebbe stata una svolta importantissima.
Tonga, Nuova Zelanda, Australia. Tre partite durissime. Per due – All Blacks e wallabies – non c’è nemmeno bisogno di dire perché, Tonga invece è un mix di potenza e tecnica che può mettere sotto chiunque (chiedere informazioni alla Francia), il tutto condito da un disordine tattico che – per nostra fortuna – spesso frena tutte le nazionali del Pacifico. Vincere con Tonga sarà importante per il ranking (il 3 dicembre il sorteggio per la RWC2015, ma comunque vada novembre noi dovremmo restare in terza fascia. Certo, battessimo Australia e tuttineri…), ma lo sarà ancora di più per poter andare all’Olimpico e al Franchi di Firenze con la testa più sgombra possibile da ogni tipo di preoccupazione, dove affronteremo squadre contro cui abbiamo oggettivamente poco da perdere. Chi ben comincia…
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