Antonio Raimondi fa la radiografia di una delle sfide più attese del fine settimana. Un match che è uno snodo per il futuro
La nostra attenzione è tutta verso la partita dell’Olimpico, dove i nostri dovranno maneggiare gli esplosivi All Blacks, tuttavia nel week end, quasi in contemporanea con il match di Roma, a Twickenham va in scena Inghilterra – Australia, che segna l’inizio della Coppa del Mondo del 2015.
L’Australia rischia di uscire dalle prime quattro del ranking mondiale e se così fosse, il prossimo tre dicembre al sorteggio dei gironi RWC15, si troverebbe fuori dalle prime quattro teste di serie. Una situazione che difficilmente accettabile dalla federazione australiana e che potrebbe portare al licenziamento di Robbie Deans.
L’Inghilterra ha tutto da guadagnare da questo match, ma la squadra di Stuart Lancaster è ugualmente sotto pressione, perché chiamata a un novembre davvero mondiale, vincente e convincente sul piano del gioco. Non si tratta di un capriccio. Gli inglesi amano programmare e il sentiero per vincere la Coppa del Mondo in casa è stato segnato da Clive Woodward, che portò l’Inghilterra a vincere il torneo nel 2003 in casa dell’Australia. Non possono improvvisare, per vincere hanno bisogno di costruire nel tempo la propria forza: Woodward, dopo il fallimento nel mondiale del 1999, partì proprio dalla costruzione della fortezza di Twickeneham. Vincere in casa era il primo passo, l’inizio della lista delle cose da fare, per pretendere di vincere il titolo mondiale.
Tra il 2000 e il 2003 l’Inghilterra vinse tutte e venti le partite giocate a Twickenham, battendo a ripetizione (tre volte) Australia e Sudafrica e una la Nuova Zelanda, più tutte le squadre del Sei Nazioni. Poiché il mondiale si giocava in Australia, nel progetto Woodward era vitale andare a vincere anche in casa di Australia e Nuova Zelanda. I successi arrivarono puntualmente nel giugno del 2003, un paio di mesi prima dell’inizio della World Cup. Stuart Lancaster ha un suo progetto ed è pragmatico tanto quanto Woodward, sicuramente nella lista delle cose da fare, ricostruire la fortezza di Twickenham è prioritario, poiché la finale del 2015 si giocherà proprio nella casa del rugby inglese e arrivarci con un piccolo vantaggio psicologico, non è questione da poco. Anche per questo pure l’Inghilterra gioca sotto pressione. Queste sono le premesse, magari un po’ lunghe, di un confronto davvero molto interessante.
L’Australia in questa stagione ha una percentuale vittorie del cinquanta per cento. Troppo poco, anche con l’attenuante dei tanti infortuni subiti in questa stagione. Le sconfitte aiutano a rovinare l’armonia di una squadra, che sembra aver perso fiducia. Le esternazioni “tossiche” di Quade Cooper, sicuramente non uno facile da gestire, la fuga (se così si può dire) di Matt Giteau che ha prolungato il suo contratto a Tolone sono i segnali evidenti di una gestione che non è riuscita a trovare equilibrio. L’impressione, guardando le partite di questa stagione, è di una mancanza di fiducia nel progetto, da parte del gruppo. C’è poca voglia di lottare e tutti gli errori nascono dalla scarsa predisposizione a vincere la collisione. Non è solo una questione fisica, perché la collisione non si vince solo di potenza. Sembra quasi che qualcosa si sia rotto nella testa degli australiani, dopo la semifinale della Coppa del Mondo dello scorso anno, nella quale sono stati annientati dalla Nuova Zelanda. Il risultato è di una squadra che ha segnato dodici mete in dodici partite, mentre prima di questa stagione stava viaggiando alla media di oltre tre mete a partita.
Ora la pressione su Deans è davvero tanta, anche perché quando si perde, si torna a essere un neozelandese che guida l’Australia, cosa che non piace quasi a nessuno. David Campese ha lanciato per l’ennesima volta l’allarme, arrivando a sperare in una sconfitta australiana, pur di liberarsi di Robbie Deans. Dal nostro punto di vista, se proprio devono licenziare Deans, sarebbe bello che lo facessero dopo una sconfitta con l’Italia. Sogno? Forse, ma l’Australia sarà a Firenze soltanto tra otto giorni e una squadra che non ha voglia di vincere la collisione, potrebbe essere vulnerabile.
L’Inghilterra potrebbe battere l’Australia, seguendo lo “old style” e giocando una partita di sostanza con il pacchetto di mischia. Contro i Wallabies attuali potrebbe essere sufficiente, com’è accaduto nel recente passato in tante occasioni, famosa quella nella World Cup 2007. Servirà molto di più invece quando a Twickenham arriverà la Nuova Zelanda. Mike Catt, guarda caso uno che la Coppa del Mondo l’ha vinta da giocatore, in settimana ha posto l’attenzione sulle qualità degli All Blacks. Difficile inseguire gli All Blacks, ma da parte di Catt c’è tutta la volontà di sviluppare il gioco dell’Inghilterra, attraverso un miglioramento della tecnica individuale. Vincere la battaglia con i primi cinque uomini non è più sufficiente, se poi la carenza di tecnica individuale, porta a non sfruttare delle occasioni importanti. E’ successo sia a Marler sia a Cole nella partita di sabato scorso contro Fiji. E qui si torna al modello neozelandese e al fare bene e con semplicità le basi del gioco.
L’impressione è che gli All Blacks rendano pure semplici le cose difficili, ma dei tutti neri abbiamo già scritto e speriamo solo di non vederne un assolo sabato all’Olimpico. Riuscirà l’Inghilterra a sviluppare compiutamente questo progetto? L’incognita principale potrebbe rivelarsi il rapporto con i club, perché quando entrano in campo diversi interessi, bisogna trovare un punto d’incontro. Catt ha detto che Cole ha fatto più passaggi nella settimana d’allenamento con la nazionale, che in una stagione intera con Leicester. Non il massimo, se si vuole andare a una collaborazione, ma un compromesso RFU e Club devono trovarlo.
Uno dei casi potrebbe essere quello di Manu Tuilagi, che potenzialmente potrebbe diventare il più forte centro del mondo. Per rendere l’idea, possiamo paragonarlo a Ma’a Nonu. Nel 2007 il centro All Blacks, non fu neppure convocato per la Coppa del Mondo. Era già il piede di porco che apriva in due le difese avversarie, ma avendo una sola dimensione, non fu ritenuto all’altezza. Quattro anni più tardi Nonu è diventato fondamentale per gli All Blacks, perché alle doti di sfondatore, ha aggiunto le qualità costruite di playmaker. Tuilagi per diventare davvero micidiale, dovrebbe aggiungere una nuova dimensione al proprio gioco, per farlo, nazionale e Leicester devono trovare un accordo sul programma comune da seguire, ma gli inglesi, come hanno dimostrato anche nei recenti giochi olimpici di Londra, in queste occasioni, sanno andare tutti nella direzione vincente.
Per la sfida di sabato, dal quartier generale inglese, arrivano le notizie di un allenamento martedì, di una durezza straordinaria, quasi a voler mandare un messaggio agli australiani, che per vincere a Twickenham dovranno superare la propria barriera del dolore. Saranno disposti i Wallabies ad accettare questa sfida? Lo scopriremo sabato in un clima già da mondiale.
di Antonio Raimondi
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