Forum Challenge Cup: un problema che frena il movimento Italia

I coach di Prato, Mogliano e Rovigo indicano problemi, priorità e possibili soluzioni a un problema da affrontare al più presto

ph. Daniela Pasquetti

Eccoci qui, pronti a dibattere del “caso” Challenge Cup. I numeri li conoscete e se volete riguardarveli andate nella nostra pagina delle classifiche dove potete trovare calendario, risultati, punti fatti, punti subiti, eccetera…
Abbiamo posto agli allenatori delle squadre italiane coinvolte nel torneo – Rovigo, Mogliano, Cavalieri Prato e Calvisano – quattro domande. Un numero non esaustivo per affrontare la questione nella sua complessità, ma sufficienti per disegnare un quadro generale piuttosto completo nei suoi punti-cardine.
Umberto Casellato, Filippo Frati e Polla Roux (in rigoroso ordine alfabetico) ci hanno risposto. Con nostro grande dispiacere non lo ha invece fatto Andrea Cavinato: il coach del Calvisano, tramite l’ufficio stampa del club bresciano, aveva dato inizialmente la sua disponibilità, ma soltanto ieri sera abbiamo saputo che preferiva non rispondere. Rispettiamo ovviamente la sua decisione – in un’epoca in cui il “modello Striscia la Notizia” è diventato imperante ci ostiniamo a pensare che le interviste si debbano chiedere e concedere – e ci scusiamo con i lettori, ai quali non possiamo offrire un forum completo al 100%. Ma, come si dice in questi casi, le cause sono indipendenti dalla nostra volontà.

 

1 – In maniera molto chiara e onesta: la Challenge Cup è una opportunità o un intralcio?
Umberto Casellato – Difficile da dire, lo vedremo a fine campionato. Nell’anno in cui sono stato a Rovigo è stato positiva, ma ricordiamoci che avevamo 10 stranieri e se togliamo le due “imbarcate” con Castres in casa nostra e Tolone in Francia , squadre che si trovavano in Challenge solo di passaggio, abbiamo fatto le nostre partite. Tra l’altro la terza squadra del girone erano i Saracens, e in casa loro siamo stati attaccati al risultato fino al secondo tempo. Gli scenari però oggi sono totalmente diversi: le nostre squadre sono nettamente inferiori rispetto a quelle dei campionati francesi, inglesi ma anche le ultime della Celtic… L’anno di Rovigo giocavo con n°2 Mahoney, n° 5 Burman, n°6 Van de Meerwe, n°7 Abadie, n°8 Immelman, n°10 Bustos, n°12 Pizarro, n°14 Calanchini, n°15 Basson. E c’erano gli allora nazionali De Marchi, Reato, Travagli, Bocchino, Pratichetti, Bacchetti… non erano gli ultimi arrivati.
Filippo Frati – Senza alcun dubbio una grandissima opportunità! E’ questa la mia terza stagione alla guida di un club che partecipa alla Challenge Cup e parlo ovviamente di quella che è stata la mia esperienza. La possibilità di confrontarsi con club molto meglio organizzati del tuo e quindi di confrontarsi con dirigenti, allenatori e giocatori con maggiori competenze deve essere vissuto come occasione di crescita, sono dell’idea che se devi imparare qualcosa è sempre meglio farsi insegnare da chi è meglio di te. E’ soprattutto in quest’ottica che noi, come club, viviamo questa esperienza, partendo ovviamente dal presupposto che vogliamo giocare ogni partita al meglio delle nostre possibilità, per competere per tutta la durata dell’incontro.
La partecipazione non deve essere fine al solo risultato della partita, prima e dopo è molto costruttivo confrontarsi tra dirigenti e tra allenatori, per i giocatori infine penso sia importante realizzare cosa significhi giocare a rugby a questi livelli, per trovare maggiori motivazioni a migliorarsi fisicamente, tecnicamente e mentalmente.
Polla Roux – Per me è una opportunità d’oro per fare crescere il nostro rugby italian, ma non con il sistema che abbiamo ora: dobbiamo, infatti, competere contro squadre che giocano con 10 (o più) stranieri di alto livello (nazionali del loro paese). Noi, invece, giochiamo con ragazzi giovani dopo che la RaboDirect PRO 12 – Celtic League – si è accaparrata di tutti i miglior italiani e con stranieri di seconda fascia.

 

 

ph. Tommaso Del Panta

2 – Gap tecnico innegabile, rose non paragonabili a quelle di diverse squadre inserite nei vostri gironi (ma non tutte). Spesso però è sembrato difettare l’approccio mentale alle gare. Quanto è difficile preparare la squadra per questo genere di incontri?
Umberto Casellato –
Con le mie squadre ho sempre cercato di essere sincero e soprattutto realista. Dire ai miei giocatori che Bayonne, Newport e Wasps sono al nostro livello vuol dire perdere di credibilità: con loro sono sempre stato chiaro, per poter restare in gara noi dobbiamo fare la partita perfetta e loro devono essere svogliati e avere quelle partite NO che capitano una volta ogni tanto.
E ricordiamoci che ugualmente il rugby non è il calcio, dove difendi per 90 minuti e nell’unica azione di tutta la partita fai gol e vinci. Nel rugby vince 99,9 volte su 100 il più forte.
Il piano di gioco? Come in Eccellenza l’approccio è quello di giocare al massimo delle nostre possibilità, quello è immutato. Certo, andare a giocare in certi campi non è semplice, alcuni miei giocatori li hanno visti solo in televisione, un pò di timore reverenziale c’è. Un mio giocatore del ’93 era emozionato solo a vedere Tialata, Heymans, Rokocoko. O Phillips a Bayonne, o questa settimana quando è entrato Faletau…

Filippo Frati – Il gap tecnico e le rose non si possono ovviamente paragonare, c’è troppa differenza di budget, nel nostro caso anche tradizione e cultura sportiva hanno la loro incidenza, siamo un club nuovo rispetto alle squadre che affrontiamo. Io e Andrea siamo molto attenti all’approccio mentale, siamo consapevoli quanto possa fare la differenza a questi livelli, perché se molli un attimo, 3 mete in 5 minuti non te leva nessuno.
La cosa fondamentale è non dare alibi ai giocatori, mai mettere le mani avanti per giustificare eventuali batoste, il messaggio che noi passiamo ai nostri giocatori è che se giochiamo in coppa è perché ce lo meritiamo. Di conseguenza ognuno di noi è chiamato a dare tutto quello che può per competere al meglio, vogliamo sempre il 100% in ogni momento della settimana, prepariamo un partita di campionato con la stessa attenzione di una di coppa e questo fino ad oggi ci sta ripagando con grandi prestazioni, eccetto Exeter in trasferta l’anno scorso, abbiamo sempre lasciato il campo senza rimpianti e questo alla fine per noi è importante.
Purtroppo il nostro 100% in coppa non è sufficiente a vincere, in alcuni casi nemmeno ad andarci vicino, ma per il momento ci accontentiamo. L’abitudine a giocare a questi ritmi fa la differenza e purtroppo passare dai 58 placcaggi di media in campionato ai 130 di coppa alla lunga si fa sentire.
Polla Roux – E’ molto difficile preparare la squadra perché i ragazzi entrano già in campo sapendo che devono difendere bene o rischiano di perdere con tanti punti. Ogni errore che fai lo paghi con una meta. I ragazzi perdono fiducia se hanno dato il 110% e, comunque, perdono lo stesso subendo 50 punti. Un terza linea nostro che pesa 98 kg si trova d’avanti a un terza linea di Perpignan che ne pesa 124 kg: è difficile convincerli che possono combattere e vincere contro questi avversari.
3 – I risultati di questa stagione – e di quelle precedenti – potrebbero spingere l’ERC a ridimensionare la pattuglia italiana nel torneo. Non sarebbe una perdita per le società, per i giocatori e per il movimento?
Umberto Casellato – Non saprei dirti se l’ERC vuole o meno ridimensionare la Coppa e le squadre partecipanti. Io parlo comunque solo e unicamente per la mia squadra, vorrei precisarlo, però in questa competizione siamo obiettivamente un pesce fuor d’acqua. Nel match program della partita di domenica contro i Dragons ho visto che lo staff tecnico di Newport conta 15 persone… Sì, 15. Forse la nazionale maggiore italiana ha uno staff così, o Treviso e Zebre. Ma ricordo che Newport è l’ultima delle franchigie gallesi mentre a Mogliano  gli unici due “professionisti”  siamo io e il preparatore atletico. Dobbiamo aggiungere altro ?
Filippo Frati – Ovvio che con le premesse che ho fatto nelle precedenti risposte, dico sì, sarebbe una cosa decisamente negativa, anche se sono conscio del fatto che i risultati ottenuti non sono dalla nostra.
Polla Roux – Sono sicuro che l’ERC stia pensando di escluderci. Certo che questo sarebbe una grossa perdita per lo sviluppo dei nostri giocatori italiani.

 

 

ph. Alfio Guarise

4 – La partecipazione italiana alla Challenge Cup, così come è organizzata, ha senso? Andrebbe ripensata? E se sì quali le vostre proposte? La FIR dovrebbe spingere per la creazione di selezioni territoriali (che però a oggi, a termini di regolamento ERC, non potrebbero prendere parte al torneo), così come chiedono in molti?

Umberto Casellato – Non ho proposte perché non conosco le dinamiche politiche interne, io guardo al mio lavoro. C’è un presidente federale nuovo che vive il club giornalmente, conosce le problematiche che ha il rugby italiano e essendo un imprenditore di successo conosce  anche la crisi economica che attraversa il nostro paese, quindi lo reputo una persona capace e competente per prendere delle decisioni sul futuro delle coppe e del campionato di Eccellenza. Diciamo che è un “presidente tecnico” quello che serve al nostro movimento in un momento come questo.  
Filippo Frati
– Premessa: il modo più immediato per aiutare chi partecipa alle coppe sarebbe quello di dirigere le partite di Eccellenza con lo stesso metro di giudizio con cui vengono arbitrate quelle di Coppa, perché la verità è che in Europa sembra quasi di giocare ad un altro sport: pochissimi tempi morti, riprese del gioco più veloci e soprattutto meno interventi da parte dell’arbitro, che detto nella lingua di chi ha inventato questo sport deve “let the game flow”, tradotto “lasciare fluire il gioco”… Porto un esempio pratico, nelle nostre ultime 4 partite abbiamo preso 21 calci piazzati contro la Lazio, 9 con Viadana, 6 contro lo Stade Francais in casa e 10 in Francia sempre contro lo Stade.  Con Viadana e in coppa avevamo arbitri internazionali, con la Lazio no.
Sono numeri allarmanti: come può la stessa squadra a distanza di una settimana ridurre così drasticamente il numero di calci di punizione contro presi? E tutto questo fischiare alla fine incide anche sul ritmo del gioco e sul tempo di gioco effettivo. In Italia giochiamo una media di 26′ per gara contro i 31′ di media in Europa, nelle ultime 2 partite addirittura 35′ e 38′. Detto questo penso che la soluzione migliore sarebbe quella del doppio tesseramento per i giocatori di Treviso e Zebre con la possibilità di utilizzo di quei giocatori delle franchigie che durante la stagione giocano meno, nelle partite di Coppa.  Sarei comunque favorevole anche ad un loro utilizzo in campionato da parte di chi ne avesse necessità, così facendo si alzerebbe il livello della competizione e si darebbe minutaggio ai giocatori.
I “molti” che chiedono la creazione di selezioni per partecipare alle Coppe forse non sanno di quello che parlano, non si può mettere insieme una squadra per fare 6 partite l’anno (due in ottobre, due in dicembre e due in gennaio), quando ti alleni insieme? E se i risultati sono il metro di giudizio dei “molti”, non si migliorerebbe di niente, anzi…
Polla Roux – In queste condizioni non ha senso! Deve essere ripensata. Secondo me sarebbe giusto avere i permit player dalle squadre che giocano la RaboDirect PRO 12 quando ci sono le partite di Coppa (hanno rose di 40 giocatori dove 17 sono fermi ogni sabato). Oppure, se questa soluzione non è possibile, si dovrebbero fare le selezioni tra i club di Eccellenza e creare, per queste selezioni, un nuovo campionato con poche partite: si potrebbe svolgere in agosto, all’inizio stagione, e a Febbraio durante il Sei Nazioni. Creando questo campionato interno, l’Erc vedrebbe rispettati la logica di ammissione alle coppe e non dovrebbe avere difficoltà ad accettare le selezioni in rappresentanza dell’Italia. Le prime quattro squadre in classifica avranno il diritto per fare le selezioni individuando le altre squadre da coinvolgere. Anche la Federazione avrà modo di contribuire alla composizione delle selezioni individuando i giocatori di interesse nazionale che dovranno trovare posto nelle formazioni che parteciperanno alle Coppe.
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