Il 25 di dicembre, a Ovalia, di cose ne sono sempre successe parecchie. Ce le racconta Marco Pastonesi
Più che primi e secondi tempi, a Natale e dintorni si disputano gran terzi tempi. Terzi tempi a base di primi e di secondi, non tempi ma piatti, con annessi e connessi. Bel modo per fare gruppo e cassa, per ringraziare e ricominciare, per rivedersi e ritrovarsi. Eppure in questi giorni di festa, e di vacanza, e di riposo, qualche ricorrenza ovale c’è.
La prima. Il 24 dicembre 1888 la Nuova Zelanda – gli storici Natives – esploravano la Gran Bretagna, si trovavano in Galles, giocarono a Swansea e vinsero 5-0. Il 26 affrontarono Newport, il 29 sfidarono Cardiff e il 1° gennaio 1889 si spinsero a Bradford. Una partita ogni due o tre giorni: totale, 74 partite in 176 giorni, vinte 49 (compresa quella contro l’Irlanda), perse 20 (tra cui quelle contro Galles e Inghilterra) e pareggiate cinque.
La seconda. Il 25 dicembre 1872, a Calcutta, in India, un gruppo di espatriati si ritrova al sole per smaltire qualche eccesso nel mangiare e nel bere. Qualcosa di meglio di una partita di rugby? Impossibile. Detto e fatto: due squadre, da una parte 20 uomini a rappresentare la vecchia Inghilterra, dall’altra 20 uomini a difendere l’onore di Scozia, Irlanda e Galles. Calcio d’inizio e botte da orbi. Questo incontro, apparentemente amichevole e sociale, portò alla creazione del primo trofeo internazionale di rugby. Perché un anno dopo venne costituito il Calcutta Football Club, e poi la Calcutta Cup, che ancora resiste.
La terza. Il 25 dicembre 1916, a Llanelli, in Galles, nacque un bel bambino. In crisi di fantasia, o in vena di misticismo, i genitori Davies gli imposero il nome Christmas, Natale. Lui forse avrebbe preferito farsi chiamare Howard, il suo secondo nome, ma il richiamo natalizio era irresistibile per tutti. E Christmas Davies, come accade a molti gallesi, si dedicò al rugby, giocò sei volte in Nazionale, come estremo, subito dopo l’interruzione per la Seconda guerra mondiale.
La quarta. Il 26 dicembre è il Boxing Day, il giorno – a essere più precisi, la notte – tradizionalmente riservata alle riunioni di pugilato. Ma il 26 dicembre 1857 si rivelò un Rugby Day. A Edimburgo, in Scozia, si disputò una partita fra cademicals e Edinburgh University, proprio in quel Raeburn Place che avrebbe ospitato, 14 anni dopo, il primo match internazionale della storia, fra Scozia e Inghilterra. Ciascuna squadra era formata da 25 giocatori, e la partita durò la bellezza di quattro weekend.
Anche l’ultimo dell’anno potrebbe sembrare un giorno poco ovale: niente tour, niente tornei, niente campionati, neanche qualche recupero. Ma Ovalia trova sempre il modo per festeggiare e, in questo caso, anche di festeggiarsi. Perché il 31 dicembre sono nati due che, se di quasi due secoli di giocatori se ne potessero-dovessero-volessero salvare soltanto due, sono proprio quei due lì. Uno (anno 1952) è Jean-Pierre Rives, l’Angelo Biondo, quello che osava mettere la testa dove tutti gli altri non osavano neanche mettere i piedi. E l’altro (anno 1980) è Richie McCaw, il migliore di sempre. Rives e McCaw, terze ali. E non ditemi che è un caso.
di Marco Pastonesi
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