Giacomo Mazzocchi è stato un giocatore e ora è un giornalista. Marco Pastonesi ci parla del suo libro
Centoventotto partite in serie A, quando sopra la serie A non c’era niente. Quarant’anni di giornalismo, quando si andava ancora all’edicola a comperare i quotidiani e quando di tv c’erano, oltre alla Rai, solo la Svizzera italiana, Capodistria e Telemontecarlo. Giacomo Mazzocchi è uno di quelli che il rugby l’hanno respirato prima di descriverlo, vissuto prima di tramandarlo, praticato prima di sostenerlo. Mediano di mischia, cioè direttamente alla fonte del gioco: attore e regista, tra il dire e il fare, una terra e una via di mezzo, una linea (quella della mediana, appunto) di ombra e di confine.
Adesso Mazzocchi ha scritto un libro, “Gli eroi siamo noi” (Minerva edizioni, 352 pagine, 19,50 euro), in cui attraversa di un fiato la sua vita ovale. Giocatori e partite, o meglio, protagonisti e imprese, ma anche squadre e famiglie (che a volte si sovrappongono e coincidono), storie e avventure, destini paralleli o incrociati. C’è Dave Gallaher, il capitano degli All Blacks che fa carte false (si tira indietro l’età di tre anni) per poter partecipare alla Prima guerra mondiale e difendere la sua Nuova Zelanda, e muore fucilato a pochi metri dalla meta.
C’è “Maci” Battaglini che intima a Paolo Rosi, suo compagno di stanza in Nazionale alla vigilia di un match contro la Spagna, di obbedire agli ordini e andare a dormire (la verità è che “Maci” aveva pensato che il pigiama indossato da Rosi fosse un abito da sera). C’è Marco Bortolami che racconta perché, da capitano, aveva chiesto agli altri azzurri di voltare le spalle agli All Blacks mentre rappresentavano l’haka al Mondiale 2007, con tutte le devastanti conseguenze del caso. C’è Giorgio Chinaglia che confessa come il suo vero sport non sia il calcio, ma il rugby, tant’è che “non mi vedrai mai rotolare per terra e lamentarmi, non gli darei mai questa soddisfazione, l’unica cosa che mi manca è il placcaggio, ma sai quante volte mi viene voglia?”.
C’è “Umbertone” Silvestri, cresciuto all’Acquacetosa, dove le docce erano sostituite da mastelli di acqua portati da un carretto, passato attraverso la lotta greco-romana (un sesto posto olimpico e un bronzo mondiale) e il ciclismo (tre vittorie su strada), detto “Polifemo” per avere interpretato il ciclope nel film di Mario Camerini con Kirk Douglas e Anthony Quinn. C’è anche Sergio Lanfranchi, detto “Braccio”, una carriera in Francia con più di 400 mete, che un giorno solleva un’auto rovesciata in un canale e libera il passeggero che rischiava di morire schiacciato dai rottami.
Mazzocchi ci aggiunge del suo. Perché questi uomini di rugby li ha incontrati e conosciuti. Lui c’era: a tavola con Marco Bollesan, in viaggio con John Kirwan, nello spogliatoio con i Francescato, sul campo con Sergio Parisse, a cena con Jonah Lomu. Lui c’è: apri una pagina, anche a caso, la 149, John Cootes sacerdote australiano e rugbista nella Lazio, fisico imponente, sotto la doccia un compagno esclama “ammazza questo! Con tutto sto ben di Dio, sai quante ne farebbe contente! A chi tanto e a chi gnente!”. E lui ci sarà: in giro per librerie e club, per esempio lunedì 14 gennaio, alle 19, a Milano, da Cabrio.
Per chi fosse interessato il libro è disponibile alla Libreria dello Sport e trovate la scheda a questo link.
di Marco Pastonesi
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