Innocenti ha battuto Bortolato con il 57% dei consensi. Proponiamo un’analisi e una speranza
Intanto i numeri definitivi: Marzio Innocenti ha ottenuto 6.365 voti (57,22%), Roberto Bortolato 4.760 (42,78%). Questo hanno detto le elezioni del Comitato Regionale Veneto tenutesi sabato mattina al Collegio Astori di Mogliano. Pronostici confermati, forse con una dato un po’ inferiore alle attese, ma verebbe da dire che era praticamente impossibile mantenere quel circa 80% di consensi che la cordata veneta guidata dal presidente del Benetton Treviso Amerino Zatta raccolse nella sua regione alle elezioni federali dello scorso metà settembre. Per due motivi: perché le elezioni “locali” si sono tenute molti mesi dopo il voto che ha portato Alfredo Gavazzi sulla poltrona più importante della FIR e perché era chiaro che da parte “federale” non si sarebbe rimasti con le mani in mano ad aspettare una sconfitta annunciata. Una sorta di controffensiva elettorale è stata messa in campo nelle ultime settimane. Lo stesso presidente FIR negli ultimi giorni, per un motivo o per un altro, è sempre rimasto in Veneto incontrando praticamente tutte le società.
Quell’80% era perciò una chimera ripeterlo da parte di quell’alleanza che ha riunito i principali club veneti dopo anni di divisioni. Però alla fine, a ben vedere, la vittoria di Innocenti è più ampia di quel 57%: il neopresidente si porta a casa infatti anche l’intero pacchetto dei consiglieri. In pratica la gran parte società che hanno votato per Bortolato alla presidenza hanno poi sostenuto i candidati della parte avversa per quanto riguarda la composizione del Consiglio Federale, quasi a dimostrare che la controffensiva di cui sopra ha colpito in maniera non troppo profonda anche chi poi per un motivo o per l’altro l’ha abbracciata.
Ma questi sono dettagli. Il risultato tangibile è un completo cambio della guardia in Veneto: come dicevamo ieri si tratta pur sempre di un singolo comitato regionale che deve comunque muoversi entro i paletti e il sentiero segnato dalla FIR, ma non stiamo parlando di una regione qualunque. Il Veneto è la punta più avanzata del nostro movimento, un segnale del genere non può essere sottovalutato a Roma. Il presidente Gavazzi ha l’onore e l’onere di guidare l’Italia ovale, di indicare la via da seguire, ma oggi chi solo pochi mesi fa è uscito sconfitto dalle urne ha trovato una materializzazione concreta e tangibile. Quello che questa cordata ora farà, nel bene e nel male, potrà essere valutato sulla base dei risultati concreti. Siamo insomma usciti dalla battaglia delle idee e si apre quella del campo. Che poi la nostra speranza è quella che si trasformi in una sorta di tensione produttiva: che Gavazzi e la cordata veneta raccoltasi attorno alla Ghirada vada improvvisamente d’amore e d’accordo su tutto è impossibile, non nel breve periodo almeno. Ma spesso lo scontro di idee contrapposte si può trasformare in una serie di compromessi al rialzo che non possono che fare il bene del rugby italiano.
Un’ultima cosa, che riguarda direttamente il presidente Gavazzi: la vittoria di Innocenti può paradossalmente spianare la strada al numero uno FIR per liberarsi dell’ingombrante lascito di Giancarlo Dondi. Le elezioni in Veneto di fatto mettono nel cassetto un sistema che era stato costruito nel corso degli anni dall’ex numero uno federale: oltre a Bortolato, ad esempio, esce di scena una figura importante come quella di Tullio Rosolen.
Chi vi scrive non ha mai creduto che Gavazzi fosse un “uomo di Dondi” come troppo spesso il patron di Calvisano è stato disegnato. Basta ripercorrere i rapporti tra i due per rendersi conto di quanto fosse fuorviante quella definizione. Pensiamo anzi che la carica riformatrice rappresentata da Gavazzi sia più forte di quanto normalmente non si pensi, magari da oggi avrà una nuova e inaspettata via per liberarsi. Ce lo auguriamo di cuore, un nuovo scontro perenne sulla direttiva Roma-Veneto il rugby italiano non se lo può davvero permettere. La nostra speranza è che la gestione Gavazzi diventi davvero tale e non passi agli annali come “quella che venne dopo Dondi”.
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