La margherita del futuro Sei Nazioni: punti di bonus sì o no?

Il dibattito è aperto da qualche settimana. Antonio Raimondi spiega le posizioni e si schiera per…

ph. Sebastiano Pessina

Dopo essere stato negli ultimi anni un argomento che si sussurrava, il cambio del sistema di conteggio dei punti in classifica del Sei Nazioni, è arrivato ufficialmente sul tavolo del comitato organizzatore: “L’analisi del sistema con bonus – ha detto John Feehan, Chief Executive del Six Nations – è all’ordine del giorno e dobbiamo valutare cosa porterebbe o toglierebbe al torneo”. E’ argomento questo che divide facilmente, tra conservatori e progressisti, tra chi resta amorevolmente legato al passato e chi invece vuole il cambiamento.
Noi italiani dovremmo essere a favore del cambiamento, perché sappiamo com’era il nostro rugby prima del torneo delle Sei Nazioni e quanto sia stato difficile convincere i conservatori ad aprire anche alla nostra Nazionale. Todo cambia, come canta Mercedes Sosa, il superficiale e il profondo, certo uno dei motori del cambiamento nel rugby è stato il passaggio al professionismo. E’ questione di soldi, chi resta legato al rugby pane e salame, deve farsene una ragione, fermo restando che fortunatamente possiamo vivere sia il rugby professionistico con l’esasperata ricerca della performance, sia il rugby sociale, appunto quello da pane salame. A proposito, si potrebbe aprire un’ampia parentesi, o magari ne parleremo in un prossimo Gettone, perché sempre più, ultimamente, proprio sulle tribune, semi deserte del nostro rugby da pane e salame, si sente quasi esclusivamente ingiuriare gli arbitri. Diamoci una regolata o smettiamola di appellarci in continuazione ai valori del rugby.

 

Ritornando nel tema di questo “Giù il gettone”, la formula dei bonus, per quanto strana e cervellotica apparisse all’inizio, oggi ha arricchito il rugby ed è stata sperimentata a tutti i livelli, dalla Coppa del Mondo in giù. I gallesi sono i principali sostenitori del passaggio al sistema dei bonus, i francesi, quelli contrari, al punto che hanno messo in campo anche il loro coach Philippe Saint-André. La motivazione per essere contro è data dal paradosso che una squadra che realizza il Grande Slam, potrebbe essere superata in classifica da una che perde una partita, ma poi fa il pieno di punti di bonus. E’ una possibilità concreta, aritmetica, per quanto remota la possibilità, confermata dalla storia del Sei Nazioni: nel 2002 la Francia che ha vinto il torneo con il grande slam, sarebbe arrivata in classifica al secondo posto alle spalle dell’Inghilterra, se fosse stato in uso il sistema con bonus. Un esempio che comunque funziona fino ad un certo punto, perché il campo di osservazione era differente: la Francia era concentrata nel vincere tutte le partite, senza pensare a segnare almeno quattro mete per ogni partita. E’ ipotizzabile che in un “regime” con bonus la Francia avrebbe comunque realizzato più punti in classifica dell’Inghilterra.

 

Se non si vuole correre neppure una minima percentuale di rischio, sarebbe sufficiente utilizzare qualche piccolo accorgimento. La stessa natura del torneo non è equilibrata fin dal suo calendario (comunque accettato anche dai conservatori) con squadre che alternano stagioni con tre partite in casa con stagioni da due match casalinghi. La soluzione sul tavolo c’è: la squadra che vince tutte le partite ottiene ulteriori quattro punti di bonus, che permetterebbero comunque di restare prima in classifica. In alternativa basterebbe aggiungere che la squadra che vince tutte le partite è dichiarata vincitrice, mentre in tutti gli altri casi, varrebbe la classifica con il sistema dei punti di bonus.
Un torneo che produce ogni anni circa trecentocinquanta milioni di euro e ne distribuisce oltre cento alle sei federazione, deve continuare a garantire spettacolo. Non è più una manifestazione racchiusa tra le sei nazioni partecipanti, ma in collegamento, grazie alla televisione, ci sono ormai oltre centocinquanta paesi e uniformarsi ai principali tornei mondiali, aiuterebbe lo sviluppo.

 

E’ vero che più mete non significano necessariamente più spettacolo, ma la riduzione delle mete registrata nelle ultime stagioni, desta una comprensibile preoccupazione. Dal 2003 a oggi si è passati da una media di 5 mete a partita a 3,1. Il Galles lo scorso anno ha segnato soltanto dieci mete, meno di qualunque altra squadra abbia realizzato il Grande Slam nel Sei Nazioni. Dove sono finite le quasi trenta mete che non si segnano più? Siamo passati dalle settantacinque mete di dieci anni fa alle quarantasei della stagione scorsa. L’analisi può essere lunga, ma per farla breve, possiamo ragionare sulle difese migliorate, grazie all’adozione di allenatori specializzati, alle tecnologie che permettono analisi più profonde e conseguenti migliori organizzazioni. Non solo, dobbiamo pensare anche all’aumentata taglia dei giocatori e la migliore condizione fisica, che riducono gli spazi.

 

I conservatori sostengono che il torneo funziona, visti i risultati economici, ed è sufficiente il carico di storia e tradizioni, per mantenerlo vivo, ma il mondo è cambiato e conviene anticipare le tendenze, influenzarle, piuttosto che ritrovarsi successivamente ad inseguire soluzioni. Gli ingredienti principali sono la qualità del gioco (dello spettacolo), l’equilibrio e l’imprevedibilità dei risultati. L’introduzione del sistema con bonus, dovrebbe aiutare a tenere più aperto il torneo e anche la singola partita, proprio perché i bonus possono influenzare la classifica finale e la conseguente assegnazione dei premi.
Ad esempio, nel prossimo torneo il Grande Slam varrà per la federazione che dovesse conquistarlo, circa cinque milioni e ottocentomila euro, mentre il cucchiaio di legno, vale comunque poco meno di un milione di euro.
Si avrebbe un effetto Heineken Cup, forse il torneo più duro del mondo, dove per andare oltre la fase a gironi, bisogna giocare fino all’ultimo respiro, mentre nell’attuale Sei Nazioni ci si potrebbe ad esempio accontentare, di gestire una partita, badando ad ottenere la vittoria con il minimo sforzo. Atteggiamento comprensibile, se pensiamo agli impegni usuranti dei nazionali, che al termine del torneo, si troveranno nella fase finale della Coppa Europa per club e dei rispettivi campionati nazionali, ma non accettabile per chi paga il biglietto.

 

Negli ultimi anni, come conseguenza del calo delle marcature, abbiamo assistito anche a partite più equilibrate, ad esempio nel 2012 nove dei quindici match si sono terminati con dieci o meno punti di margine. L’equilibrio e l’imprevedibilità sono priorità in chi gestisce lo spettacolo. Per noi il passaggio all’Olimpico dovrebbe tradursi in maggiori risorse da investire nella crescita del movimento e nell’essere sempre più competitivi. La tendenza a un maggior equilibrio, resisterebbe quando le squadre saranno incentivate a segnare più mete?
La sensazione è che il Sei Nazioni 2013 sarà l’ultimo senza il sistema di punteggio con i bonus, anche se una decisione non è stata ancora presa. Negli ultimi dieci anni di Sei Nazioni, per sette volte è stato realizzato il grande slam, più di quanti ne siano stati realizzati negli ultimi venti anni del torneo delle cinque nazioni. Sembra essere un traguardo relativamente facile, magari dalla prossima stagione, oltre al Grande Slam avremo il Super Grande Slam, vincere tutte le partite con il punto di bonus!

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