Il club lombardo annuncia che valuterà l’opzione TAR del Lazio. Oggetto del contendere è la fine degli Aironi
Qualche giorno fa vi avevamo raccontato della decisione del CONI di respingere il ricorso del Viadana in merito alla vicenda Aironi. Qualche giorno di silenzio e ora arriva la risposta del club lombardo, che annuncia la possibilità di ricorso al TAR.
E il patron Melegari non rinuncia a togliersi un paio di sassolini dalle scarpe, soprattutto in merito alle ormai prossime nuove accademie federali.
Il comunicato del Viadana Rugby:
La società Rugby Viadana S.r.l. S.s.d. prende atto della sentenza dell’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA SPORTIVA in merito al ricorso del 23 novembre scorso avverso la Federazione Italiana Rugby.
Pur rispettosa della decisione assunta dalla più alta Autorità Giurisdizionale dello sport italiano, dalla stessa non può non conseguirne la sensazione di non avere avuto giustizia, per la quale si analizzerà la possibilità di ricorrere al Tar del Lazio.
Stupisce, infatti, come si sia ritenuta insufficiente una documentazione del tutto similare a quella che era valsa agli Aironi il conseguimento della franchigia o come sarebbe stato necessario sottoscrivere una polizza fideiussoria, del costo di circa centomila euro, per una “eventuale” aggiudicazione. Se fosse esistita una volontà collaborativa, la Fir poteva assegnare anche un termine, essendo l’unica candidata entro il quale regolarizzare, se pur fosse stato necessario, quanto depositato in Fir.
SILVANO MELEGARI, presidente Rugby Viadana:
“Riteniamo che in questa vicenda, ad uscire sconfitto e maltrattato sia lo sport ed il Rugby in particolare. Voglio andare oltre quel gentlemen’s agreement proposto e mai rispettato dalla FIR, intendo parlare di fatti. La partecipazione delle franchigie italiane alla Celtic League, oltre ad elevare il rendimento dei nostri atleti, si proponeva di far rientrare i giocatori di interesse per la Nazionale che militavano nei campionati esteri, in particolar modo Premiership e Top 14. Come Aironi avevamo appoggiato in toto questa direttiva accollandoci dei costi importanti in termini di stipendi e gestione. Con l’uccisione della franchigia si è ottenuto un effetto ben differente: il rientro di atleti di oltre 30 anni per concludere la propria onorata carriera in Italia e la fuga dei giovani più interessanti creati in due stagioni sportive di investimento verso campionati esteri. Parlo dei vari Furno, D’Apice, Biagi e Romano che, emigrati in Francia ed Inghilterra, hanno stravolto gli intenti originari della FIR e di fatto annullato tutto quello che di buono era stato costruito. Il fattore sportivo, in questo contesto, non può essere tralasciato. Gli Aironi, oltre ad aver cresciuto i giovani talenti, ne avevano rigenerati altri passati in secondo piano nelle “gerarchie” tecniche nazionali come Toniolatti, Favaro, Cattina e Staibano. L’effetto ottenuto con il passaggio alla franchigia federale, non coincide con gli interessi del movimento e rappresenta un costo che la FIR si è sobbarcata per motivazioni incomprensibili nel contesto della globalità del rugby italiano, ma comprensibilissime se si parla di interessi personali emersi al tempo della revoca della licenza. D’altro canto confido che con il nuovo corso in FIR, i club siano più valorizzati e considerati in base a meriti conquistati sul campo. Il presidente è un uomo di club che ben conosce le dinamiche e soprattutto le problematiche che affrontiamo nella gestione di strutture e personale. Uno dei punti fondamentali sarà il “restyling” dei vari settori giovanili con l’assegnazione dei centri di formazioni Under 16 e delle Accademie Under 18 che ci auguriamo saranno distribuiti sul territorio con criteri meritocratici. Concludo con una riflessione che ritengo importante: la vittoria esaltante e fondamentale per il nostro movimento maturata ai danni della Francia che ha regalato enormi emozioni al popolo ovale azzurro, non può e non deve nascondere alcune criticità emerse con la distruzione del progetto-Aironi; si sono palesate, infatti, conseguenze economiche e tecniche gravi come appunto la fuga dei nostri giovani di valore ed il costo di una franchigia a completa gestione federale, un patrimonio che avrebbe di certo fatto comodo alle società italiane che cercano a fatica di sopravvivere in un periodo particolarmente delicato, risorse che invece hanno trovato ben altra collocazione”.
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