Sei Nazioni: Italia, alla ricerca della leggerezza perduta

Con il Galles prova incolore degli azzurri. E a preoccupare è un atteggiamento mentale che credevamo superato

ph. Sebastiano Pessina

Una bellissima vittoria, un ko a suo modo dignitoso e uno di quelli che invece non hanno scusanti. Il Sei Nazioni 2013 dell’Italia dice questo poco dopo aver scavallato la meta. Perdere è una delle opzioni con cui bisogna fare i conti quando si pratica un qualche sport, però c’è modo e modo. In Scozia la Banda Brunel aveva provato a giocare e il suo torto maggiore è stato quello di non essere stata in grado di cambiare in corsa il suo approccio alla partita. Si era programmato un game plan e si è giocato secondo quello schema, senza tenere conto che magari i 15 giocatori avversari non erano poi così d’accordo e quando la Scozia ha messo la gara sui binari che voleva lei non siamo stati in grado di riprogrammarci. Capita. Cambiare in corsa non è semplice, è un’arte da imparare con il tempo.
Il Galles però è stata tutta un’altra storia, una sconfitta da “vecchia” Italia, quella che pensava soprattutto a non prenderle, con la differenza che questa volta abbiamo terribilmente sofferto anche in mischia. Il Galles non è stato bello, ma è stato cinico, determinato, pronto a sfruttare ogni occasione capitata e ha vinto con pieno merito. Dalla nostra parte non c’è un granché da salvare, ad essere onesti. E le parole dei protagonisti azzurri della partita di sabato non hanno cercato alibi.

 

Quello che ci ha colpito però della partita dell’Olimpico è però un’altra cosa. L’Italia ha infatti giocato senza quella leggerezza mentale che invece aveva contraddistinto le sue ultime prestazioni. Mentre in Scozia non era riuscita a giocare come voleva, con il Galles non ci ha quasi provato. Difficile dire perché e l’assenza di Sergio Parisse è un alibi tanto facile quanto senza consistenza. Gli azzurri negli ultimi mesi avevano dimostrato un approccio molto diretto, diciamo così: non ci interessa se vi chiamate Australia, Nuova Zelanda, Tonga o Francia perché noi sappiamo anche giocare a rugby e ve lo dimostreremo, vi rispettiamo ma non vi temiamo e voi scoprirete che dovrete sudarvela questa partita sino in fondo. L’assunto più o meno era questo.
Non un atteggiamento stupidamente garibaldino, intendiamoci, ma una sorta di leggerezza organizzata che aveva portato freschezza e e una voglia di giocarsela senza vincoli legati al risultato. Non troppi almeno.
Tutto questo sabato non si è visto, non ha lasciato nessuna traccia. Poi possiamo discutere della prova negativa della mediana, del pacchetto di mischia che non ha funzionato a dovere, di Vosawai che non ha liberato mai quella fisicità che è la sua arma migliore scegliendo spesso una corsa per vie orizzontali e di tutto quello che non ha funzionato. Ma quella mancanza di leggerezza è propedeutica a tutto il resto. Perché si può giocare bene o male, vincere o perdere, ma se la predisposizione non è quella giusta non potremo mai andare da nessuna parte. E sinceramente di un exploit ogni due anni non ci possiamo e vogliamo accontentare, anche perché questa squadra può fare davvero bene.

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