Di pressioni e approci mentali, arbitri e leadership, futuro e sguardi di paura. Spunti di un pomeriggio importante
In ordine sparso, ma le cose che la partita con l’Inghilterra ci ha detto sono diverse:
1) Quando l’Italia gioca con la giusta determinazione e rabbia mentale può vedersela con chiunque. Ieri 80mila tifosi inglesi si aspettavano una mezza passeggiata, se ne sono tornati a casa con i sudori freddi
2) Prima ancora che sull’organizzazione del gioco – ormai a buon punto, tra l’altro – Jacques Brunel deve lavorare proprio su quello, sulla tenuta mentale. L’Italia non è una squadra abituata a volare a certe altezze e non è ancora in grado di gestire al meglio la pressione. Il vero salto di qualità passa di lì
3) Siamo capaci di soffrire, ma questo già lo sapevamo. Però Twickenham ci ha detto che volendo siamo anche in grado di cambiare l’inerzia delle partite, e questo è meno scontato. Nella prima mezz’ora scarsa l’Inghilterra ha dominato in lungo e in largo, poi non è più stato così e il secondo tempo è stato di colore azzurro
4) Il fatto di aver giocato una partita simile quando Parisse è rientrato è probabilmente una coincidenza. Se il gruppo si approccia alla gara in maniera corretta la presenza o meno di un giocatore pur importante come il capitano passa in secondo piano. Però l’autorevolezza e la leadership che Sergio ha sul gruppo è incontestabile. Nessun altro può contare su un simile “tesoretto” personale costruito negli anni. Nemmeno Castro.
5) Non c’era bisogno della gara di Twickenham, ma contro l’Inghilterra se ne è avuta l’ennesima prova: Jacques Brunel è un allenatore straordinario. In settimana Gajan in una intervista a questo sito ci aveva detto che nessun coach nell’intero movimento francese può contare su un mix come il suo di preparazione tecnica e approccio umano ai giocatori. A Londra se n’è avuta l’ennesima prova
6) Commettiamo ancora qualche errore di troppo nelle fasi più delicate. Ieri ne abbiamo avute due prove nel giro di pochi minuti, con quella lunghissima fase offensiva a ridosso della linea di meta inglese poi conclusasi senza un nulla di fatto e con la cattiva gestione di una touche fondamentale a tre minuti dal termine e dentro i 22 metri avversari. Servono calma e cinismo, ma verranno inevitabilmente con il tempo
7) Cittadini, Garcia, De Marchi, Furno sono pronti per giocare in maniera regolare tra i XV titolari. Alcuni sono nel gruppo da tanti anni e non hanno dalla loro parte la carta d’identità, ma possono comunque essere l’ideale fase di transizione verso il futuro vero, quello post RWC 2015
8) Qualcuno potrebbe dire che l’Inghilterra è scesa con diversi cambi rispetto alla sua formazione titolare. Vero. Però i “rincalzi” si chiamavano Flood, Care, Haskell… Avercene
9) Capitolo arbitro: c’è indubitabilmente qualcosa da rivedere. Non stiamo parlando degli eventuali errori (leggi, ad esempio, l’in avanti fischiato nel primo tempo all’azione Zanni-Parisse e che non c’era), quelli capitano anche se il direttore di gara può contare anche su altri occhi. Il vero problema è di tipo “politico” e racconta di uno scarso peso che oggi ha l’Italia. E’ inevitabile che sia così, siamo gli ultimi arrivati e abbiamo preso troppe sberle ma è arrivato il momento di cambiare. Non si chiedono trattamenti di favore, ci mancherebbe, ma di essere al pari degli altri. Nulla di più e nulla di meno
10) Al di là della bontà della prova sul campo rimangono alcuni dati oggettivi: nessuna meta subita, minor scarto di sempre a Twickenham e soprattutto uno sguardo che Toby Flood ha regalato a una telecamera quando il minuto 70 era già passato da un po’. Era un mix quasi perfetto di preoccupazione e paura. Impagabile. E alzi la mano chi ci avrebbe scommesso un euro
PS: Clonate Zanni e Masi
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