Marco Bortolami parla già da capitano delle nuove Zebre

Una intervista-bilancio della stagione dei bianconeri prima del rush finale. E poi Tebaldi, Cavinato, Gajan…

ph. Francesca Soli

Le Zebre di oggi e quelle di domani, quelle guidate da Gajan e quelle che saranno guidate da Cavinato. Ma anche il Sei Nazioni, Jacques Brunel, i suoi giovani compagni di reparto in azzurro, l’addio di Tito Tebaldi e un futuro da allenatore che potrebbe anche essere più vicino di quanto preventivato.
Quello che segue è il resoconto di una chiacchierata con Marco Bortolami.

 

Sei Nazioni 2013. Un successo per i nostri colori che però non ti ha visto tra i protagonisti visto che eri alle prese con i postumi di un lungo periodo di stop per un brutto infortunio alla spalla
Avrei preferito essere in campo, abile e selezionabile. Purtroppo le mie vicende sanitarie non me lo hanno concesso. Il periodo difficile è alle mie spalle ma ormai il Sei Nazioni è andato.
E’ stato un torneo importante, con due vittorie come nel 2007. La squadra contro l’Irlanda ha dimostrato carattere, vincendo una partita che doveva vincere. Contro la Scozia e il Galles abbiamo avuto dei problemi nell’approcciarci alle partite perché erano gare che potevamo vincere e da un punto di vista mentale non è facile. Sabato abbiamo vinto e abbiamo meritato di vincere perché siamo stati superiori all’Irlanda in tutti i settori del gioco, dalle fasi statiche, alla difesa e all’attacco.

 

Un Sei Nazioni anche migliore di quello del 2007
Le vittorie sono comunque due, ma la squadra sta maturando in tutti gli aspetti. Sicuramente i due anni e mezzo in Celtic League stanno dando i loro frutti.

 

Geldenhuys e Pavanello già li conosciamo bene. In questi ultimi mesi hanno però trovato spazio due giovani giocatori in seconda linea: Minto e Furno. Cosa pensi di questi tuoi “colleghi”?
Minto è un  numero 6 che si è adattato a giocare in seconda linea in maniera egregia. Josh lo conosco da un po’ e ha qualità fisiche e tecniche notevoli. Chiaro che deve poter giocare ed esprimersi con continuità. La sua partita contro l’Irlanda mi è piaciuta più di quella con l’Inghilterra. Se prosegue su questa strada ha tutte le qualità per diventare un punto fermo della nostra nazionale.

 

Jacques Brunel in un anno sembra avervi cambiato in profondità
Penso che la squadra rispecchi in toto il modo di essere del ct. E’ molto tranquillo, molto sicuro di quello che fa e senza fronzoli. I progressi che ci sta facendo fare sono duraturi e non estemporanei. Magari, come lui ha anche detto, qualche volta faremo un passo indietro però la squadra ha un approccio che lo rispecchia totalmente. E’ un uomo che dà tranquillità anche quando dovrebbero esserci pressioni, e questa è la chiave.

 

A giugno c’è il tour in Sudafrica. Ci aspettano springboks, Scozia e Samoa: ci sarai?
Sto cercando di farmi trovare pronto. Mi giocherò le mie carte perché mettere la maglia azzurra è il più grande stimolo per continuare a giocare a rugby. Ce la metterò tutta, poi naturalmente dipende dal coach.

 

Capitolo Zebre: la casella delle vittorie dice ancora “zero”, ma è una parola che grida vendetta. Negli ultimi mesi sono state diverse le volte che siete arrivati vicinissimi e alla fine vi è sfuggita per un nulla
A questo livello non si improvvisa e non si inventa nulla. Le Zebre sono nate come tutti sappiamo, stiamo facendo un percorso lungo ma siamo a buon punto. La partenza ad handicap è stata importante ma ora siamo lì: dobbiamo fare il passo che ci porta dal perdere di un punto a vincere di uno. Il rientro dei nazionali ci potrà aiutare a colmare questo piccolo grande gap anche se gli avversari che dovremo affrontare si giocheranno l’ingresso ai play-off e non lasceranno nulla, ma siamo fiduciosi. Non sento la vittoria lontana

 

Nonostante le tante sconfitte siete un gruppo compatto. In questi mesi mai una parola fuori posto o una polemica è arrivata ai media. L’unico a dire qualcosa un po’ fuori dal coro è stato Tito Tebaldi dopo l’annuncio della sua partenza per il Galles. Da capitano come giudichi un po’ tutta la vicenda
Credo sia un bene per lui fare questa esperienza. Giocherà in Celtic League come ha fatto negli ultimi tre anni, ma lo farà in un ambiente dalla grande tradizione rugbistica, potrà beneficiarne come giocatore e come persona. Credo che andare a giocare all’estero faccia molto bene all’individuo, poi ci sono anche qui da noi dei progetti di più ampio respiro che mirano a tenere i giocatori e quindi bisogna vedere caso per caso. Ma a prescindere da ogni altra valutazione una esperienza di quel tipo ti fa crescere come persona: il giocatore e l’individuo assumono una prospettiva diversa in ambienti dove c’è una storia rugbistica di quel tipo.
Detto questo le sue parole possono essere state dette magari dalla rabbia del momento, dal fatto che magari stava giocando un po’ meno ma non ci sono stati strascichi di nessun tipo. Noi lo sapevamo già da qualche settimana e siamo tutti contenti per lui, tra noi non è cambiato nulla e nemmeno nei confronti dei dirigenti. Si merita questa chiamata di una squadra così importante.

 

Le Zebre della prossima stagione saranno molto diverse: non ci sarà Gajan, arriva Cavinato
Gajan, Troncon e Troiani hanno fatto un  grande lavoro. Dal punto di vista umano dispiace molto, perché magari il prossimo anno era il momento di raccogliere un po’ di soddisfazioni dopo tanto duro lavoro ma giustamente chi gestisce la società ha fatto le sue valutazioni che accettiamo con professionalità. Sono state prese delle decisioni che vanno correttamente al di là del sentimentalismo del momento.
Con Cavinato non credo ci saranno grossi problemi per la squadra per entrare in sintonia, magari sarà necessario un momento di adattamento, ma faremo abbastanza presto.
E’ una grande sfida per lui: questo è un livello che non ammette errori, se sei all’altezza o meno si vede subito. Io non l’ho mai avuto come allenatore e per lui è la prima volta lavorare in questi ambienti ma è un tecnico preparato e anche caratterialmente, per quanto molto diverso da Gajan, troveremo presto un modo per lavorare assieme. Magari noi giocatori un po’ più esperti daremo una mano, anche se i risultati non dovessero arrivare subito. Non è che con la nuova stagione inizieremo a vincere tutte le partite, però sarà il momento di raccogliere i frutti della crescita di quest’anno. Dopo il rodaggio di questi mesi qualche risultato dovrà arrivare.
Non sono mai fuggito dalle sfide, anzi, e chi come lui accetta di affrontarne una come quella della Celtic League merita tutto il rispetto e l’appoggio.

 

Un italiano alla guida di una franchigia celtica
Credo sia un bel segnale. Vale un po’ il discorso fatto per Tebaldi, anche se lui rimarrà in casa. Però un tecnico italiano che allena in Celtic League dovrà fare necessariamente uno sforzo per adattarsi a una cultura che non è quella che ha vissuto fino ad oggi. Alla fine i nostri competitors sono i club più forti a livello europeo e chi lavora qui o a Treviso deve avere bene in testa che va ricercata l’eccellenza in tutti gli aspetti nel gioco, nella preparazione e nell’organizzazione. Il risultato numerico di una squadra è la somma di tutti i valori tecnici ma anche di quello che gira anche fuori dal campo, attorno alla squadra stessa.

 

Un’ultima cosa: una decina di giorni fa, ci sembra su Il Giornale di Brescia, il tuo nome è stato fatto tra i possibili assistenti di Cavinato. Ti ci vedi nel ruolo di allenatore?
In senso generale sono sicuro che quella sarà la mia strada quando smetterò di giocare. Poi se già prima la società mi chiederà di dare una mano io lo farò con tutto l’entusiasmo che ho. Io sono a disposizione sempre.

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