Andrea Cavinato: la mia Eccellenza e le mie Zebre

L’allenatore del Calvisano fa la sua radiografia del torneo. E dice a OnRugby chi lo accompagnerà nello staff tecnico bianconero

ph. Pino Fama

La sfida tra Viadana e Prato è finita da meno di tre ore quando OnRugby fa squillare il telefono di Andra Cavinato, coach del Calvisano campione d’Italia e nuovamente in testa alla classifica dell’Eccellenza. Andrea Cavinato che tra un paio di mesi andrà a prendere possesso delle Zebre.

 

Viadana batte Prato ma non prende il bonus. Calvisano di nuovo in testa in solitaria
Essere primi non cambia nulla rispetto a uno o due settimane fa. Il nostro obiettivo è quello di essere primi all’ultima giornata per giocare in casa l’eventuale finale, credo sia fondamentale. Nel corso del torneo abbiano lasciato qua e là alcuni punti che oggi ci farebbero molto comodo, che ci consentirebbero di gestire queste ultime settimane in maniera più rilassata. Ora dobbiamo battere Viadana anche per trovare quella sicurezza e quella tranquillità mentale necessaria per l’ultimo sforzo.

 

Sin dall’inizio è una corsa a tre tra voi, Viadana e i Cavalieri. C’è una squadra che temi più di un’altra?
In realtà le squadre che giocano il rugby migliore sono il Mogliano e il Petrarca. Giocano proprio bene, muovono la palla in maniera molto veloce, sono ben dirette e hanno delle rose con qualità complessiva inferiore a noi, Viadana o Prato. La squadra più fisica invece è il Viadana. Poi c’è da dire una cosa che nessuno sottolinea: il 70% dei giocatori che Viadana ha in rosa un anno fa giocava in Pro12, tutta la loro falsa modestia la trovo fuori luogo. Bisognerebbe essere sempre onesti e non piangersi addosso.

 

Prima hai parlato di Mogliano, l’anno scorso autentica sorpresa del torneo: ha avuto una prima parte di stagione complicata ma ora ha ripreso a correre
Non è mai facile ripetersi e confermarsi, soprattutto con una rosa tutto sommato corta come la loro. Aggiungiamoci che nella prima parte dell’anno sono stati colpiti da una serie davvero impressionante di infortuni. Ma alla fine l’olio buono viene sempre a galla. Ero certo che sarebbero tornati ai loro livelli.

 

E poi c’è il Petrarca…
Gioca davvero un buon rugby, hanno identità e c’è un progetto molto concreto e sensato. In Italia poi ci sono tante squadre che parlano di giovani ma se c’è qualcuno che forma davvero i giocatori questi sono loro. Basta guardare quanti atleti in prima squadra provengono dai loro vivai. Quest’anno il Petrarca ha ha fatto davvero un buon lavoro guidato da due ottimi tecnici, bravi davvero, e da un preparatore atletico che per me è il più bravo in assoluto che c’è in Italia. Parlo di Giovanni Sanguin, e quando dico che è il migliore nel nostro Paese non mi riferisco solamente all’Eccellenza, ma di tutto il movimento.

 

Chi invece ha deluso le attese è Rovigo, ormai fuori dal giro playoff
Qualche tempo fa ho sentito Edoardo Lubian che mi ha detto una cosa che trovo profondamente vera. Mi ha detto “Andrea, qui a Rovigo non vinceremo mai finché non ci dimenticheremo tutti gli scudetti vinti 30 anni fa”. Il passato conta, è importante, ma non basta. E poi non bisogna sperare sempre nella fortuna, nel fatto che qualcosa accadrà e che le cose si metteranno a posto. Troppi alibi non vanno bene in questo sport.

 

Quanto può pesare – in senso positivo e negativo – l’ambiente di Rovigo, che è davvero unico
Il pubblico in questi anni ha sempre sostenuto la squadra, l’ha sempre aiutata. Rovigo è il miglior posto per fare rugby in Italia. Il pubblico e i tifosi che ci sono lì non li trovi da nessun altra parte. Io mi sono scontrato più volte con Rovigo per cose che ho detto, magari non mi hanno capito o non mi sono fatto capire, ma Rovigo è Rovigo.
Qualcuno invece dovrebbe riflettere, pensare e chiedersi perché è stata persa una finale-scudetto in casa, perché l’anno dopo non sono riusciti a tornare in finale e perché quest’anno rimarranno probabilmente fuori dai playoff. Non può sempre essere un’annata storta.

 

Quest’anno si è notato forse più di altre stagione un gap deciso tra le sei squadre che possono competere per i playoff e le altre. Ci sono ottime formazioni – Fiamme Oro, San Donà, Lazio – con importanti margini di crescita ma che a oggi non possono fare molto di più di quanto non abbiano fatto
Devo fare una premessa al mio discorso: a Calvisano i giovani che sono in prima squadra giocano perché se lo meritano. Stop.
Non condivido invece quella che è una idea piuttosto diffusa: facciamo giocare diversi giovani per avere più alibi in caso di mancanza di risultati o per giustificare un rugby di bassa qualità.
Poi contano anche i soldi: credo che Rovigo abbia a disposizione il budget più alto di tutti. Poi ci sono le altre squadre di prima fascia e via via tutte le altre, chiaro che anche questo poi si rifletta in qualche modo sul campo creando differenze.
Trovo poi  importante e interessante il discorso che ha fatto il presidente federale Gavazzi: giovani che si allenano al mattino e che al pomeriggio studino. Inutile raccontarsi storie: oggi il rugby non dà da mangiare a molti. E non tutti in futuro possono diventare allenatori e dirigenti.

 

Il semiprofessionismo è la “misura” migliore per il nostro rugby?
Sì, però bisogna intendersi su cosa sia il professionismo. Il rugby sta vivendo un momento di stallo come il resto dello sport italiano a causa delle diffuse difficoltà economiche. Per fortuna ci sono persone come Silvano Melegari ad esempio, che sostengono il movimento, io li definisco dei veri e propri mecenati ma devono essere aiutati. Non capisco perché il CONI non si muova proponendo in maniera importante alla politica la defiscalizzazione delle sponsorizzazioni sportive, è evidente che non ci sono alternative.

 

Facciamo un passo indietro e uno avanti: prima hai speso parole di elogio per il Mogliano. Il coach del club veneto, Umberto Casellato, è il candidato numero uno per il ruolo di tuo assistente alle Zebre
Quelli che hanno sempre qualcosa da dire hanno parlato di nepotismo (Casellato e Cavinato sono cugini, ndr), ma se qualcuno sta per iniziare quella che è l’avventura più importante della sua carriera come sto per fare io va ovviamente a scegliere le persone migliori che possono aiutarlo. Sulla preparazione di Umberto penso non ci sia nulla da dire e il suo lavoro a Mogliano lo dimostra. Se ti butti nell’oceano non è che lo fai con un gommoncino, ma cerchi di essere il più attrezzato possibile.
Per questo con me oltre a lui ci sarà anche Vincenzo Troiani con cui ho già lavorato per tre anni in passato. Lo conosco benissimo e lui è la persona adatta per allenare la mischia. Avrei voluto avere con me come preparatore atletico anche quel Giovanni Sanguin di cui abbiamo parlato prima, ma per motivi familiari rimarrà a Padova.
La FIR ha fatto una cosa corretta consentendomi di scegliere lo staff che ritenevo più adatto e di cui ovviamente poi dovrò rispondere. Non avrò alibi.

 

Ti senti pronto per questa esperienza, completamente nuova anche per te?
Beh, uno dei motivi che mi hanno spinto a confermare Troiani è anche questo: lui è un anno che è alle Zebre e potrà darmi una mano per far sì che il mio ingresso in questa nuova realtà sia più rapido. Io comunque un po’ di esperienza credo di averla: ho preso parte a tre Heineken Cup, due Challenge e sette Mondiali. Poi a dire queste qualcuno penserà che pecco di presunzione, ma c’è sempre gente pronta a lamentarsi.
Bisogna anche tenere presente che non partiremo da zero, quest’anno alle Zebre è stato fatto un ottimo lavoro. Rimarrà l’80-85% del gruppo degli attuali giocatori. La gran parte di loro li conosco o li ho già allenati, a partire dall’espertissimo Mauro Bergamasco fino al giovane Palazzani che verrà a Parma alla franchigia. Non credo che avrò grossi problemi.
Poi ognuno ha la sua ricetta e a molti piace dire che Cavinato insulta e prende a pedate i suoi giocatori ma non è vero. Invito tutti a venire a seguire un allenameno del Calvisano o di venire a vedere il prossimo anno una seduta delle Zebre…
Bisogna cambiare atteggiamento e rimanere rugby fino in fondo. Il nostro sport si sta allargando ma noi dobbiamo rimanere noi stessi senza avvicinarci a certi eccessi di altre discipline. Dobbiamo essere positivi ed essere rispettosi del lavoro altrui, magari senza insultare nascondendosi dietro un nickname su un sito internet.

 

L’intervista finisce qui ma Andrea Cavinato ci tiene a lanciare un messaggio di speranza per una società che vive da tempo un periodo di difficoltà: “Sabato ero al Fattori a L’Aquila. Per uno come me che ha giocato e che ora allena andare lì è come per un inglese andare a Twickenham. Spiace vedere L’Aquila in difficoltà, spiace ancora di più vedere giornalisti dare contro lo staff tecnico e i giocatori come mi è capitato di vedere ieri. Non me ne vogliano i Crociati ma spero che L’Aquila torni presto a volare prendendo esempio da quel grande capitano che risponde al nome di Maurizio Zaffiri”.

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