Intervista con la responsabile del rugby femminile Maria Cristina Tonna alla vigila del torneo di Madrid
Maria Cristina Tonna è uno dei migliori dirigenti del rugby italiano. Di lei si parla poco perché è responsabile del settore femminile, che non è esattamente (purtroppo) quello più al centro dell’attenzione di media e addetti ai lavori, ma non sfigurerebbe affatto – anzi – se le fosse affidato un qualche altro ruolo importante anche in ambito maschile.
OnRugby l’ha intervistata alla vigilia della partenza per Madrid dove la nazionale delle ragazze allenata da Andrea Di Giandomenico proverà a conquistare un biglietto per il Mondiale 2014 che si terrà in Francia. Un biglietto perso per un soffio nell’ultimo Sei Nazioni e che ora dovrà essere ottenuto in un torneo a cui parteciperanno sei formazioni (oltre all’Italia ci sono Scozia, Spagna, Svezia, Olanda e Samoa) che si contenderanno due posti per la rassegna iridata. Già qualificate sono Nuova Zelanda, campione in carica, Inghilterra, Australia, USA, Canada, Francia, Irlanda e Galles. Oltre alle due che verranno espresse dal torneo di Madrid rimarranno due posti da definire: uno in rappresentanza del Continente Asiatico, uno dall’Africa. Le azzurre si ritrovano domani e partiranno alla volta della capitale spagnola venerdì.
Un torneo che arriva qualche giorno dopo la decisione del board internazionale di non mettere mano alla “involuzione” del Sei Nazioni, che rimarrà perciò nella sua formula classica. La nostra chiacchierata con Maria Cristina Tonna parte proprio da qui.
Il Sei Nazioni non si tocca. Nessuna divisone in due tier dai regolamenti diversi, nessuna involuzione. Una decisione sorprendente perché solo dieci giorni fa le cose sembravano ormai fatte. Ve lo aspettavate?
No, penso che una simile conclusione non se la aspettasse più nessuno. C’era stata una presa di posizione talmente forte da parte di alcune federazioni (Scozia e Galles, ndr) che ormai la strada sembrava tracciata. Le preoccupazioni che avevano mosso queste union sono anche condivisibili, per carità, ma noi ovviamente avremmo preferito l’apertura di un tavolo su cui discuterle e non il tipo di soluzione che era stato proposto. Spero sia una decisione molto duratura perché in gioco non ci sono solo le singole federazioni ma il futuro dell’intero movimento femminile, esistono al di là dei singoli interessi degli obiettivi comuni. E senza avversari non si può giocare.
Decisone sorprendente e benvenuta quindi. A distanza di qualche giorno è filtrato qualcosa che possa far capire come si è riusciti a convincere Galles e Scozia a tornare sui loro passi?
Di ufficiale non è uscito nulla. A breve ci sarà una riunione solo del Comitato femminile e magari salterà fuori qualche retroscena. Io al momento so che c’è stata un’opera di convincimento da parte della maggioranza delle federazioni senza nessun tipo di contropartita, diciamo così. Non so se ci sono stati dei contatti bilaterali, con noi non è successo. Io credo che abbiano semplicemente recepito le problematiche che abbiamo sollevato e che l’attuale formula sia la migliore e che i vantaggi proposti da quella che si sarebbe voluto introdurre non erano poi così evidenti.
L’involuzione arrivava poi al termine di un Sei Nazioni mai così seguito, non solo in Italia
Per l’interesse suscitato non si può che definire straordinario. Da noi forse in maniera particolarmente evidente, ma anche altrove non si era mai registrato un risultato simile. Poi era evidente che la nuova formula avrebbe colpito soprattutto il nostro movimento che è quello più in crescita
Che genere di reazione hanno avuto le ragazze?
Non le ho sentite direttamente ma soprattutto tramite social network. La reazione è stata straordinariamente positiva appunto perché ci sentivamo un po’ nel ruolo dei condannati a morte. Sarebbe stato un gigantesco passo indietro
Veniamo al torneo di Madrid. Arrivate un po’ da favorite ma non sarà facile
A Madrid sarà durissima, infernale. Tre partite in nove giorni: Scozia, Samoa e Spagna. Più massacrante del Sei Nazioni perché abbiamo tre gare in pochissimi giorni contro squadre molto fisiche e il fisico è da sempre il nostro gap rispetto alle nostre avversarie. Parlo di centimetri e chili. Non abbiamo timori riverenziali per approccio alla gara, per qualità di gioco ma la fisicità rimane un problema. Certo Samoa non la conosciamo un granché…
Beh, se sono come gli uomini sarà una guerra
L’aspetto genetico è quello lì. E credo pure l’approccio al gioco. Sarà durissima.
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