La RWC potrebbe tornare nella terra dei Maori, anche se non presto. Lo dice il boss dell’IRB
Il Mondiale 2011 era tornato in Nuova Zelanda dopo la primissima edizione del torneo nel lontano 1987. Quasi un obbligo in onore di quella che è la potenza rugbistica per eccellenza ma una scelta lontana da quelli che sono gli standard soprattutto economici resi ormai necessari dal professionismo. Non è un caso che la scelta neozlandese è stata calata in mezzo a due sicuri successi economici: quello francese del 2007 e quello inglese del 2015.
Standard economici che la Nuova Zelanda non poteva garantire per la bassissima “base di partenza” (ha solo 4 milioni di abitanti) e per la sua lontananza geografica che ha impedito un afflusso turistico dall’estero con relative presenze negli stadi paragonabile a quelli europei. La scelta giapponese del 2019, ad esempio, può garantire una base di popolazione di partenza di quasi 130 milioni di persone. E qualche differenza c’è.
Si pensava perciò che un ritorno in Nuova Zelanda per il torneo iridato fosse un qualcosa nemmeno nelle teste dei pezzi grossi dell’IRB. Beh, non è così, almeno a sentire il nuovo CEO Brett Gosper che in una intervista al Sunday Star-Times ha detto che “succederà, non so dire quando ma succederà. Anche se non avverrà per le prossime edizioni”. Per completezza dell’informazione bisogna dire che queste parole Gosper le ha dette durante un viaggio proprio in Nuova Zelanda e il tasso di “imbonimento” poteva quindi essere più elevato.
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