Una splendida festa che conclude il progetto “Insieme in meta” promosso dal Comitato Regionale Marche e dalla FIR
Il 17 e 18 maggio 320 studenti dai 10 ai 16 anni provenienti da Ascoli, Ancona, Fano, Jesi e svariati
comuni della Vallesina, hanno preso parte alla manifestazione nazionale.
Al professore Salvatore Rea, tecnico per lo sviluppo del rugby nelle Marche e responsabile didattico di
insieme in meta” chiediamo di precisarci in che cosa consiste questo progetto
Il progetto “Insieme in meta” della FIR – Marche patrocinato dall’Ufficio Scolastico Regionale e dal Coni
Regionale rappresenta innanzitutto un reale contributo alle finalità formative della scuola.
Ha diverse sfaccettature: è certamente opportunità di conoscere e praticare uno sport come il rugby nato
nella scuola e pertanto di forte impatto educativo. La scuola attraverso il “riconoscimento” alla FIR, diventa
una sorta di “società sportiva scolastica” dove i ragazzi e le ragazze si allenano un giorno a settimana e
per tutto l’anno scolastico, con i loro insegnanti e tecnici esperti, generalmente laureati o laureandi in
Scienze Motorie; l’aspetto che completa il progetto è che queste scuole partecipano a delle gare periodiche
riservate a quelle che hanno aderito al progetto, o volendo anche con società sportive del territorio.
Ma non è solo questo, il progetto è anche un tentativo di costruire quell’alleanza formativa fra scuola,
famiglie, amministrazioni, associazioni sportive e territorio su obiettivi educativi quali il rispetto delle
regole, la gestione dell’aggressività e l’integrazione per giungere alla civile convivenza e la solidarietà.
Per far questo ci siamo impegnati organizzando incontri con esperti psicologi che conoscono lo sport, nel
nostro caso il dott. Marcantognini con il quale collaboriamo, per discutere su queste tematiche insieme ai
genitori, gli insegnanti e le associazioni e trovare insieme strategie educative.
Ma “insieme in meta” è un contenitore aperto che ci consente di accogliere diverse “sensibilità” del
territorio, nella Vallesina per esempio abbiamo avuto un importante collaborazione con le Avis locali e
ridefinito il progetto come “Insieme in meta con L’Avis…”; ancora, proprio a Jesi, con il contributo della
Victoria Company, stiamo sperimentando un progetto “Rugby was born in England” che coniuga il gioco con
l’apprendimento della lingua Inglese.
Ma qual è la differenza con le attività che i ragazzi svolgono normalmente con le associazioni sportive del
Intanto non è scontato che tutti facciano sport, anzi…. Comunque ci sono varie e sostanziali differenze: a
partire dalla possibilità di giocare con il gruppo scolastico consolidando l’appartenenza, saldando legami e
favorendo così l’integrazione, allo “sport per tutti” e quando diciamo “per tutti” non ci riferiamo solo alle
differenze culturali e antropometriche ma anche a quelle sessuali. Le ragazze, infatti, spesso “relegate”
per cultura ad alcuni sport, scoprono il piacere di cimentarsi e giocare a rugby considerato, a torto, perché
di “contatto fisico”, tipicamente maschile. Il fatto poi che fino a 12 anni ragazzi e ragazze giocano insieme
favorisce quella “cultura della conoscenza”, importante per andare a ridefinire, fin da piccoli, quei “ruoli
culturali” che hanno generato, a mio avviso, nella nostra società, elementi di violenza verso le donne.
Ci sono poi ragazzi e ragazze spesso stranieri che non frequentano associazioni sportive per ragioni
economiche e che all’interno di questo progetto che è del tutto gratuito, trovano l’opportunità per giocare,
competere e conseguentemente per integrarsi; e, ancora non dimentichiamoci della partecipazione,
auspicata e sollecitata, di ragazzi con diversa abilità o con scarse capacità motorie che restano emarginati
dalle esigenze “prestative” dei club e che trovano una loro dimensione all’interno dell’ “ Insieme in meta”.
Infine il progetto è monitorato dalla scuola che garantisce metodologie e proposte finalizzate alla crescita
e non al risultato agonistico: questo non significa che i ragazzi non vivano esperienze di confronto e quindi
di competizione che, per le implicazioni affettive ed emozionali, risultano essere un impulso motivazionale
e un valido momento di verifica, ma lo fanno all’interno di una forte aderenza ai valori dello sport e senza
quella eccessiva “agonosticizzazione” che drammatizza le sconfitte e esalta la vittoria.
Quante scuole e studenti sono coinvolti?
Sul territorio regionale collaboriamo con circa 50 scuole di queste 22 hanno costituito altrettanti
associazioni sportive riconosciute dalla FIR, e coinvolto attivamente almeno 500 ragazzi e ragazze. Vorrei
però aggiungere qualche parola sui risultati che generalmente si ottengono da questa esperienza che
sono molto significativi:iI ragazzi più problematici sotto il profilo comportamentale trovano uno spazio di
accoglienza e la possibilità di “veicolare” la loro esuberanza verso forme sociali accettabili e all’interno di
regole ben precise, e quelli più “timidi” una grande spinta a potenziare quel senso di autoefficacia e quindi
di autostima così importanti per affrontare la vita.
Ma le risorse economiche da dove provengono?
Innanzitutto c’è molto volontariato dei Club del territorio, ma il grosso investimento viene dalla FIR che
crede fortemente a questi progetti. Ma come sempre nelle esperienze che funzionano ci sono persone
che si impegnano con entusiasmo e passione: prime fra queste il nostro Presidente Regionale Maurizio
Longhi che è in prima linea insieme a tutto il Consiglio Regionale, poi ci sono i nostri “educatori” che
conducono concretamente le attività e ovviamente gli insegnanti e le insegnanti degli I.C. coinvolti, che
hanno realizzato il progetto con grande professionalità e alle quali va la mia stima e il mio ringraziamento.
Un grazie inoltre ai Dirigenti Scolastici che con una certa sensibilità hanno colto nella nostra proposta
un’opportunità formativa per i propri allievi.
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