Una gestione arbitrale contro il Canada nella Pacific Nations Cup che fa perdere la calma al ct tongano. E forse anche un po’ la ragione
Secondo Mana Otai, allenatore della selezione tongana, i cartellini rimediati nella sfida persa contro il Canada sarebbero dovuti ad un fastidioso pregiudizio arbitrale. Di più: razziale. Le squadre isolane, come sappiamo, hanno nell’aggressività offensiva e difensiva un punto di forza, ma spesso i loro giocatori faticano a incanalare la potenza fisica entro i binari del regolamento. Sabato scorso a Kingstone il Canada ha battuto Tonga 36-27 nel match valido per la IRB Pacific Nations Cup. Il pilone tongano Eddi Aholelei è stato espulso alla mezzora del primo tempo dopo una zuffa generale che ha coinvolto giocatori di entrambe le squadre, mentre il centro Silone Piukala e l’ala Tevita Halaifouna hanno ricevuto ciascuno un cartellino giallo rispettivamente al minuto 50’ e 56’ entrambi per un placcaggio in ritardo portato con la spalla.
L’allenatore tongano Mana Otai ha parlato di decisioni incomprensibili da parte dell’arbitro (John “JP” Doyle, stabile in Aviva Premiership) ed eccessiva premura nel punire i suoi giocatori. Ma ciò che più colpisce è che egli faccia discendere questo zelo a suo dire eccessivo da una pregiudiziale non di tipo sportivo ma, addirittura, razziale: a suo dire, essi verrebbero puniti in quanto neri (It’s almost like, these days you know, when a black man is tackling harder than the other. Traduciamo: è quasi come quando, soprattutto ai nostri giorni, un giocatore nero placca più forte degli altri […]”).
Per la cronaca, replay alla mano, il secondo cartellino è forse fiscale, gli altri sacrosanti. Tutelare la sicurezza prima di tutto, ed abituare gli atleti isolani al metro di giudizio dei campionati europei, nei quali, sempre più spesso, essi si trovano a competere.
di Roberto Avesani
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