Che fare? La domanda di leniniana memoria applicata al rugby. E Il Grillotalpa ha un suggerimento per il ct
La partita era ancora in corso, secondo tempo avanzato, e un amico/collega mi scrive: “Roba da ulcera”. Penso che sia il commento tecnico più azzeccato di Samoa-Italia che mi sia capitato di leggere in queste ore. Perché se da una parte è vero che siamo tutti bravi a criticare stando davanti a una tv lo è altrettanto che la prova degli azzurri di sabato a Nelspruit è un qualcosa di irritante, che non si vedeva da tempo. E non per la qualità in sé della gara della Banda Brunel perché può capitare di giocare male, in campo non si va da soli e l’avversario può metterti in difficoltà, impedirti di giocare come sai. Lo sport funziona così, uno vince, un altro perde. In Scozia, nell’ultimo Sei Nazioni, alla fine è successo proprio quello: l’Italia che cerca di fare il suo gioco con i padroni di casa bravi a prosciugare tutte le fonti del gioco azzurro rendendolo sterile e inefficace. A Edimburgo la “colpa” italiana fu di non saper cambiare in corso ma di insistere con un game plan che non funzionava. Ma questo appunto può capitare.
Quello che invece non deve/dovrebbe capitare è vedere scendere in campo una squadra senza tensione, completamente scarica e demotivata. Ecco, quello fa male. In molti hanno detto e scritto che Parisse e soci erano già in vacanza, immaginando i nostri giocatori in ciabatte, cocktail con ombrellino e macchina fotografica pronta per un safari nel vicino Kruger Park. L’italiano, e quindi anche il tifoso di rugby, è incline agli eccessi sia quando si vince che quando si perde. E chi era un eroe la gara prima diventa una sorta di traditore in quella successiva. Eccessi appunto. Però la prova della squadra non ha aiutato. Ci si aspettava una reazione dopo il duro ko con il Sudafrica, reazione che in parte si era vista in alcuni tratti già nella stessa partita con gli springboks. Ci si aspettava che con Samoa si vedesse una squadra combattiva, magari vincente, ma che quanto meno ci provasse. Nulla di tutto questo. Perdere ci sta, con tutti, ma non così.
Dice che siamo a fine stagione e che i giocatori sono stanchi. Vero. Però mi piacerebbe sottolineare che il 95% del gruppo azzurro (forse di più) tra inizio maggio e la gara di Durban con gli Springboks non ha praticamente mai giocato. Che molti samoani giocano in club europei e che quindi anche per loro siamo a fine stagione. Sabato abbiamo visto una Scozia pimpante e scoppiettante che per un’ora con un gruppo di giovani e debuttanti ha messo sotto il Sudafrica: anche per loro si tratta di un tour di fine stagione.
No, la stanchezza fisica non c’entra nulla, o in minima parte. E’ la testa che non ha funzionato e il sospetto è che Jacques Brunel lo avesse ben intuito: quelle parole dette qualche giorno fa, quell’appello verso una “maggiore concorrenza interna”… Il movimento italiano non produce (ancora) una tale messe di giocatori da poter creare una situazione simile, se non in pochissimi casi limitati. Brunel lo sa meglio di tuti noi. E allora quelle parole del ct acquistano una nuova luce. Forse ha annusato l’aria e cercato di stimolare il gruppo. Alla fine, nel marasma generale, quelli che si sono salvati almeno per quanto riguarda la voglia sono stati Iannone, Manici, Vosawai, Rizzo… gente che non ha certo il posto assicurato. Anzi.
Tanti chiedono di tirare una bella linea nera su alcuni dei nomi che fanno parte del gruppo in Sudafrica. Di non vederli più convocati. Forse Brunel in cuor suo ha già deciso, forse no, ma quel compito e il peso di una scelta simile spetta solo a lui, fa parte del suo lavoro e da qui non arriverà nessun “suggerimento”. Quello che Brunel può fare subito per dare un segnale tangibile che davvero nessuno – ripetiamolo: nessuno – deve considerarsi “assunto a tempo indeteminato” per un lavoro in maglia azzurra è quello di approfittare della situazione infortuni (Ghiraldini ha perso due incisivi, Iannone ha subito un colpo ai testicoli e Orquera una probabile frattura alle costole) e chiamare qualche giocatore dalla Nazionale Emergenti e dall’U20. Fargli respirare l’aria della nazionale. E magari sabato farne giocare anche solo uno contro la Scozia per far capire concretamente a tutti che se nessuno là in alto deve sentirsi un intoccabile nemmeno quelli che stanno sotto devono sentirsi inseriti in una lista d’attesa che ha pochissime speranze di essere evasa, se non in tempi molto lunghi.
Una provocazione? Assolutamente sì, però anche la storia del “non giocano con i club” e del “non hanno esperienza” rischia di diventare un alibi. Forza Jacques, fagliela fare tu un po’ di esperienza, metti un po’ di pepe dove non batte il sole a chi sta davanti e fa venire la bava vera a chi insegue…
Il Grillotalpa
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