Lo ha stabilito il Consiglio Federale di Napoli. Per il nostro movimento è un bene o un male?
Ph. Sebastiano Pessina
Nel recente Consiglio Federale che si è tenuto a Napoli lo scorso fine settimana si sono trattati diversi argomenti. L’Eccellenza – che “scende”a 11 squadre – con le sedi dei test-match autunnali e i diritti tv celtici e del Sei Nazioni hanno conquistato la scena.
Ma c’è un tema che è passato sostanzialmente sotto silenzio (l’unico a occuparsene, se non ci sbagliamo,è stato il blog Il Nero Il Rugby) anche se in prospettiva può avere un peso notevole nello sviluppo del movimento: stiamo parlando di quanto nel comunicato FIR viene messo sotto il capitolo “Regime Giocatori stranieri partecipanti al progetto formativo federale”. Di cosa si tratta? Sostanzialmente del periodo di equiparazione dei giocatori stranieri in Italia, che scende da tre a due anni: “E’ stato deliberato di equiparare ai giocatori di formazione italiana quei giocatori di formazione estera che abbiano partecipato per almeno due anni al percorso formativo federale nelle accademie zonali o nell’accademia nazionale“.
Un caso specifico quindi, quello di giocatori che sono già entrati nell’imbuto delle Accademie che portano poi all’area ristretta del mondo azzurro. Ma proprio per la sua destinazione finale, diciamo così, questa decisione è molto importante. Come sempre il bicchiere può essere mezzo vuoto o mezzo pieno: da un lato la lettura del tutto può essere quella se non del fallimento quanto meno dell’incapacità di “produrre” un numero sufficiente di giocatori di livello da parte del nostro movimento, dall’altro può invece essere considerata una opportunità che anche federazioni ben più organizzate e strutturate da tempo si sono date. Alla fine, senza stare troppo a girarci attorno, se le regole IRB lo consentono perché non farlo?
Una regola, quella decisa dal Consiglio Federale, che sembra andare a braccetto con l’annuncio fatto alcuni mesi fa dal presidente Alfredo Gavazzi di una missione italiana nel Pacifico al fine di reclutare figiani, samoani e tongani da portare dalle nostre parti (a proposito: la missione era annunciata per i mesi di maggio/giugno, qualcuno ne sa qualcosa?).
Una opportunità che a molti fa storcere il naso però oggettivamente pragmatica: se nel breve periodo vogliamo avere una nuova infornata di giocatori fisicamente già formati – che di stazza fisica soprattutto si parla – quella è una opzione che per quanto discutibile non si può saltare a pié pari.
La cosa importante è però avere bene in testa che cosa il movimento italiano vuole fare nel medio-lungo periodo. La scelta di importare giocatori deve essere al massimo una pezza in attesa che il sistema accademie/club produca giocatori con continuità. Per quello ci vuole tempo, organizzazione e soprattutto una infornata di tecnici preparati. E forse oggi gli stranieri da importare sarebbero quelli, gli allenatori. Questione di scelte.
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