Rugby e regole: quando nel centro della mischia ci finisce il TMO

Uno strumento necessario nello sport professionistico, ma non sempre dirimente. Ce lo racconta Antonio Raimondi

Si parla molto del nuovo processo sperimentale della mischia ordinata (regola 20), ma la stagione sportiva appena iniziata nell’emisfero nord, sarà decisiva per il destino delle cinque regole che sono in via di sperimentazione e che dovranno essere approvate dal Council dell’International Board nel meeting annuale del 2014 in programma a maggio. Ogni cambiamento deve essere confermato e applicato un anno prima dalla disputa della Coppa del Mondo 2015. Nel programma di revisione del regolamento da parte dell’International Board c’è un’apertura alla base del movimento. Proprio in questi giorni su www.irb.com trovate un questionario di valutazione delle regole in corso di sperimentazione.
Tra variazioni in fase di prova c’è anche il protocollo del TMO potenziato, non una novità assoluta, perché già dalla passata stagione, in giro per il mondo, abbiamo potuto vederne l’applicazione. Nell’emisfero nord, l’avanguardia era rappresentata dal campionato inglese, ma dall’inizio di questa stagione, nel quadro della sperimentazione globale, è esteso a tutti i principali tornei. Questo mese la sperimentazione ha esordito nel campionato francese, creando immediatamente una grande confusione.

 

In Tolone–Racing Metro 92 la continua richiesta da parte di Romain Poite d’intervento del TMO ha indispettito il pubblico, che ad ogni fischio dell’arbitro internazionale, ha iniziato ironicamente a gridare “VIDEO VIDEO”. Nella seconda giornata di Top14 nessuna partita è stata esente dal giudizio del TMO, allungando di molto la durata totale delle partite, ma soprattutto in alcuni casi la decisione ha lasciato aperta la porta delle critiche, creando frustrazioni principalmente negli allenatori, ma non solo.
La sperimentazione globale permette in caso di potenziale infrazione nella marcatura di una meta, di chiedere al TMO di analizzare episodi specifici, tornando indietro nell’azione fino a due fasi di gioco (ruck e maul). Nel campionato inglese lo scorso anno era possibile tornare fino alla ripresa del gioco precedente (mischia, touche o calcio d’invio). Il TMO, sempre su richiesta dell’arbitro, dopo una marcatura, può giudicare le seguenti infrazioni: in-avanti, passaggio in-avanti, giocatore che esce dal campo, fuorigioco, ostruzione, placcaggio di un giocatore senza palla, anti gioco, doppio movimento nell’atto di marcare la meta. Inoltre si può ricorrere al TMO anche per falli di anti-gioco (regola 10).

 

Nello sport professionistico alla ricerca della perfezione, il margine d’errore deve tendere allo zero. E’ così per presidenti, dirigenti, allenatori, giocatori e a maggior ragione, perché terminali per le giustificazioni degli errori degli altri, per gli arbitri. L’introduzione della tecnologia in supporto agli arbitri è sicuramente positiva, tuttavia bisogna anche ben delimitare gli ambiti d’intervento, per non creare confusione o ancora peggio portare a delle decisioni non corrette. Chi ha visto ad esempio Tolone–Racing della scorsa settimana probabilmente ha avuto a disposizione un esempio preciso per farsi un’idea.
Il legislatore, nel caso del TMO potenziato, risolve la questione, dopo aver definito le aree di intervento, con due parole CHIARO E OVVIO. Sono le parole d’ordine che hanno gli arbitri in campo, utili per non interrompere il gioco per un’infrazione marginale (ce ne sarebbero a centinaia in ogni partita) e che lasciano spazio all’interpretazione. Il TMO, chiamato in causa dall’arbitro per una potenziale infrazione, deve intervenire quando la situazione è chiara e ovvia, in caso contrario, ovvero se esiste qualche dubbio che l’infrazione sia avvenuta, deve riferire all’arbitro che non c’è stata nessuna infrazione.

 

L’area critica è quella del passaggio in avanti. Le riprese televisive non sono un supporto tecnologico sufficiente per poter giudicare il passaggio in avanti. Anche nei casi più evidenti, verrebbe da dire chiari e ovvi, resta il ragionevole dubbio. La regola e i seguenti chiarimenti, indicano con precisione che il giudizio deve essere dato nel momento in cui il pallone lascia le mani del giocatore: non contano il punto di partenza e quello di arrivo della palla, perché il pallone passato indietro correndo, ha nella maggior parte dei casi un punto d’arrivo più avanzato, rispetto il punto di partenza (sembra un paradosso, ma potete avere un’idea cliccando qui). Ecco così spiegato perché non è poi così difficile andare avanti, passando all’indietro, a sua volta paradosso che tanto affascina chi si avvicina al rugby per la prima volta. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano e rimaniamo concentrati sul TMO.
Il numero di telecamere per la ripresa di una partita può variare, ma la configurazione minima in presenza di TMO è generalmente di dieci: quattro dedicate ai quattro angoli (specifiche proprio per la valutazione della marcatura delle mete) quindi ci sono tre telecamere centrali che seguono il gioco, le retro porta e quelle che si muovono lungo la linea laterale. E’ una configurazione che ci permette di vedere la partita meglio che allo stadio, ma non è sufficiente per poter giudicare il passaggio in avanti, perché la posizione della telecamera condiziona la percezione che possiamo avere del movimento del pallone. Piccolo gioco che vi proponiamo a questo link giusto per sottolineare “Cosa ci dice il cervello” e per essere prudenti nel giudicare ciò che pensiamo di aver visto.

 

Pur avendo un giudizio complessivo positivo della sperimentazione del TMO potenziato, un rischio è quello del ricorso sistematico al TMO, come in effetti sta avvenendo in Francia ed era già accaduto in Sudafrica nella prima sperimentazione fatta sulla Currie Cup. E’ una questione di direttive generali che in Francia saranno sicuramente adattate in corso d’opera. Restano invece i dubbi per un’applicazione in toto dell’attuale protocollo e fortunatamente sembra opinione prevalente, una sua modifica in occasione del Council IRB del prossimo maggio che preveda di escludere il passaggio in avanti dai casi che possono essere trattati dal TMO. Sarebbe una scelta corretta che tiene presente della tecnologia a disposizione e renderebbe ancora più attendibile il TMO. Non è detto che in un prossimo futuro, non si possano avere degli strumenti adeguati a verificare che vi sia stato un passaggio in-avanti.

 

di Antonio Raimondi

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