Vecchie e nuove coppe europee, soldi e non solo: cosa c’è veramente in ballo?

Soldi e contratti tv: si dice che il banco di Heineken e Challenge Cup sia saltato così. Ma forse è una questione di nuovi equilibri

ph. Paul Harding/Action Images

Una anno fa spaccato, era il 12 settembre 2012, BT annunciava il suo accordo con la Premiership e la RFU per l’acquisizione dei diritti tv del massimo campionato inglese a partire dalla stagione successiva, e cioè quella che abbiamo appena iniziato a vivere. Un accordo mostruoso nelle cifre: 152 milioni di sterline. Nel contratto però l’inghippo che ha fatto saltare il banco delle coppe europee, perché BT dal 2014-2015 trasmetterà anche tutte le partite giocate dalle varie squadre di Premiership in una qualsiasi competizione continentale. Di fatto i club inglesi si tirano fuori dal controllo ERC, l’ente che gestisce Heineken e Challenge Cup e l’unico che può vendere i diritti tv delle due competizioni, i cui contratti in essere – con SkySports – cessano al termine dell’annata sportiva attualmente in corso e che proprio dal 2014-2015 andavano ridiscussi. Quando si dice il caso.
Il resto della storia lo conosciamo: inglesi e francesi da una parte che volevano rivedere formula e partecipazione dell’Heineken, celtiche dall’altra che volevano mantenere la loro posizione di oggettivo privilegio tecnico (nessuna retrocessione, accesso all’Heineken praticamente sicuro, una gestione dei contributi certo non sfavorevole). Dopo un anno di discussioni si è arrivati all’aut-aut dei club di Premiership e Top 14 di un paio di giorni fa: signori, noi ce ne andiamo e ci facciamo una o due coppe tutte nostre, voi vedete un po’ che fare, se volete siete i benvenuti. Sipario su Heineken e Challenge Cup.

 

Una questione di soldi quindi. Ma ne siamo davvero sicuri? Intendiamoci, i soldi muovono il mondo e c’entrano sempre, ma forse stavolta sono il casus belli, la miccia di una polveriera che però ha un’altra natura. Più “politica”. Ad aiutarci a capire arriva anche il comunicato diffuso ieri dall’ERC dopo l’interlocutorio incontro di Dublino. Perché il board che gestisce Heineken e Challenge Cup ha tenuto a precisare che ogni torneo internazionale deve essere approvato dall’IRB e dalle Federazioni interessate. E il punto è probabilmente proprio questo: quello che abbiamo davanti non è un conflitto per la spartizione di un bottino ancorché ricco, quello è “solo” il grimaldello, il vero fine potrebbe essere quello di uno spostamento di equilibri del movimento rugbistico europeo dalle Unions ai club (o meglio, alle associazioni nazionali che li rappresentano).
Sono LNR e Premiership ad aver mosso mari e monti in questi mesi fino al comunicato praticamente congiunto di due giorni fa dove si invitavano le rispettive federazioni a muoversi a mettere in piedi le nuove competizioni. E né RFU e né FFR hanno fatto le barricate.
Nessuno lo ammetterà mai, ma è evidente che gli inglesi forti del ricchissimo contratto con BT, sono riusciti a convincere i francesi a prendere una posizione così netta dopo alcuni mesi di tentennamenti grazie a un accordo economico. E in questo non c’è nulla di scandaloso. Bussiness is bussiness, anche se si parla di sport.
D’altronde, a prenderla anche dal lato meramente sportivo agli anglo-transalpini le ragioni non mancano certo, proprio per via di quei privilegi a cui accennavamo sopra. Se poi aggiungiamo che sono loro a portare le cifre che contano e che fanno la differenza…

 

Cosa vogliono Premiership e LNR? Che i loro soldi non vengano più buttati in un calderone che di fatto sostiene e sovvenziona le celtiche, e cioè le loro avversarie sul campo (e che spesso escono vincitrici…) comunque non con le percentuali attuali. Vogliono che quei soldi non passino per le Union ma saltino quel passaggio e finiscano alle leghe dei club, che vengano redistribuiti con criteri meritocratici. Un passaggio in meno che cambia però tutti gli equilibri. Per storia, cultura e tradizione è una rivoluzione piuttosto semplice in Inghilterra e un po’ meno in Francia, dove però il potere della LNR sta aumentando in maniera esponenziale e la FFR di sta “rimodellando” attorno a esso. Si potrà dire che i contributi alla fine arrivavano comunque ai club anche tramite le federazioni ma non è la stessa cosa. E andrebbe raccontata una storia diversa da paese a paese.
Chiaro che un sistema del genere favorisce Inghilterra e Francia, mentre Galles, Irlanda, Scozia e Italia (che da anni non ha più un’associazione di club e si è dotata di una vera associazione di giocatori solo recentemente) hanno più che qualcosa da perdere. Ma le celtiche non hanno al momento il peso politico e la forza necessaria per poter fermare questo meccanismo. A meno che qualcuno non pensi sul serio a un ritiro dal Sei Nazioni, ma è fantarugby.
Alla fine vincerà il pragmatismo, vinceranno gli interessi di tutti: e cioè rimarranno tutti assieme e molte delle condizioni poste da inglesi e francesi verranno accettate di buon grado anche dalle controparti. Gli stessi club di Premiership e Top 14  sanno che un torneo continentale senza gallesi, irlandesi, scozzesi e italiane sarebbe menomato nella cifra economica e in quella agonistica. L’ERC cerca un modo di uscirne a testa alta e lo troverà, anche se dovrà rinunciare a qualche cosa. La vera domanda è quanto questa vicenda riuscirà a spostare quel baricentro di cui parlavamo prima, quanto spazio le leghe delle squadre dei due principali campionati continentali riusciranno a togliere alle federazioni. Ma questa è una cosa che vedremo solo col tempo.

 

UPDATE: Sia il presidente della Premiership Rugby, Quentin Smith, che il presidente della LNR Paul Goze hanno ribadito nella mattinata di giovedì la decisione dei club inglesi e francesi di andare per la loro via. E che, parola di Smith, “The ERC is controlled by the unions and yet it is really the French and English clubs in their numbers that give it real value in terms of viewing public, wider broadcasting and sponsors”

 

Il Grillotalpa

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