Il Sei Nazioni e DMAX, una sfida lanciata nel nome della qualità

Progetti e obiettivi per il Torneo. Ce li dice Laura Carafoli, Vice Presidente Factual Entertainment di Discovery Italia


La notizia è forse tra le più sorprendenti dell’anno, almeno nell’ambito rugbistico.
Del rinnovo dei diritti tv per il Sei Nazioni (scaduti lo scorso marzo) si è parlato parecchio negli ultimi mesi e con l’andar del tempo, non trapelando notizie, si sono azzardate diverse ipotesi.
Lo scenario era incerto: La7 che cambiando proprietà riorganizzava il suo palinsesto, la Rai alla finestra, Mediaset che trattava per il Pro12 – l’annuncio ufficiale dell’acquisizione risale solo a un paio di settimane fa – Sky (detentrice dei diritti del Torneo nell’ultimo quadriennio) che si assicurava il Top14 arricchendo un già completo bouquet…
A sparigliare le carte ci ha pensato Discovery. Più che sparigliato, a essere sinceri!
Il gruppo ha, infatti, condotto con grande abilità e riservatezza una trattava che ha sbaragliato la concorrenza (e che concorrenza). Così il Sei Nazioni per i prossimi 4 anni lo vedremo su DMAX, canale in chiaro del digitale terrestre di proprietà Discovery.
Una sorpresa che ha colpito un po’ tutti, appassionati e “addetti ai lavori”.
Noi non abbiamo perso tempo e abbiamo contattato i nuovi detentori dei diritti tv per approfondire e conoscere i progetti in cantiere: a Discovery e DMAX hanno le idee molto chiare. A concederci l’intervista è stata Laura Carafoli, Vice Presidente Factual Entertainment di Discovery Italia, di fatto la persona che gestirà tutto il “progetto Sei Nazioni”.

 

Una trattativa segretissima, portata avanti sottotraccia e conclusa con una firma che davvero nessuno si aspettava.
Eravamo preoccupati che qualcosa venisse fuori, soprattutto nelle ultime settimane. Siamo stati bravi…

 

Nessuno aveva pensato a voi anche perché nel vostro palinsesto, per quanto orientato a un target avvicinabile al rugby, non c’é nulla di simile a un appuntamento come il Sei Nazioni. Come pensate di affrontare e proporre un evento così importante?
L’idea è quella di partire da zero. Da fine dicembre e con l’inizio del 2014 tutta DMAX comincerà a parlare il linguaggio del rugby, vogliamo avvicinare gli appassionati di sempre e nuove leve di tifosi a cui cercheremo di spiegare regole, riti e cultura della palla ovale senza diventare nozionistici o didascalici.
Acquisteremo dal mercato internazionale una serie di documentari che raccontano la storia del Torneo e delle sue protagoniste, ma non dimenticheremo nemmeno quello che avviene al di fuori del Sei Nazioni.
Ci sarà un grosso investimento su produzioni originali nostre di vario tipo e che sono in via di definizione: alcune potrebbero avere il format di “Come è fatto il calcio” ma non vogliamo dire altro.
Ovviamente sarà coinvolto uno dei volti più noti di DMAX e cioè quello del cuoco-rugbista che si cela sotto le spoglie di Chef Rubio. Stiamo anche pensando a una serie di eventi sul territorio che avvicinino tifosi e non a questa disciplina.

 

Coinvolgerete anche la Nazionale?
Certamente. Le sue storie, i personaggi, i giocatori più rappresentativi. La cosa che più ci conforta è che questo gruppo di ragazzi è molto vero, ci sono atleti che sono o che potrebbero diventare “personaggi”, ma non c’è nulla di artefatto. Sono davvero così.

 

Poi dovrete raccontare le partite…
Facciamo le cose sul serio. Non è la prima grande sfida che affrontiamo, ma sappiamo che questa è diversa dalle altre cha abbiamo vinto. Vogliamo fare qualcosa di completamente nuovo. Racconteremo le partite, ma vogliamo anche comunicare tutto quello che gira attorno: la cultura del rugby soprattutto. Non sarà facile ma ce la metteremo tutta e il risultato finale potrebbe essere qualcosa che non si è ancora visto.

 

Tenere assieme l’appassionato di lunga data e il tifoso dell’ultima ora non è facile, il rischio di scontentare i primi e non dare informazioni complete ai secondi è alto.
Al vero appassionato forniremo un servizio all’altezza, su questo non devono esserci dubbi e mi sento di tranquillizzare tutti. Anche perché, lo ricordo, la qualità da un lato è una esigenza di tutti i prodotti Discovery e dall’altro ci viene formalmente richiesta nel contratto che abbiamo firmato con il Board del Sei Nazioni. Ci sono dei precisi e chiari doveri contrattuali che dobbiamo rispettare.
Ma la sfida per noi più interessante è quella di allargare la base dei tifosi, un obiettivo che comunque è scritto nel nostro dna, nel nostro modo di fare televisione.

 

Avete degli obiettivi brutalmente numerici in termini di ascolto?
Oggi il canale viaggia tra l’1,8 e l’1,9% di share, siamo noni a livello nazionale. Vogliamo consolidare la posizione e migliorarla, ma senza fare il passo più lungo della gamba, un successo estemporaneo non è nei nostri obiettivi.

 

Dovrete creare uno staff e una redazione ad hoc
Sì, è una delle prime cose da fare. Ci stiamo muovendo, ma al momento non posso dire altro. Quando ci saranno novità le comunicheremo. Di sicuro sarà all’altezza della situazione.

 

Un’ultima cosa: il Sei Nazioni dura un mese e mezzo. Voi inizierete a parlarne già da fine dicembre, diciamo che con i vari programmi e rubriche si giunge a fine marzo. Tra aprile e dicembre il rugby sparirà dai vostri palinsesti?
Assolutamente no. Il rugby lo abbiamo preso perché ci crediamo con tutte le nostre forze. Certo la frequenza diminuirà nei mesi più lontani dal Sei Nazioni, ma qualcosa di ovale ci sarà sempre.

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