Un tecnico neozelandese, ex analista All Blacks, ci dice cosa funziona e cosa non va nell’ItalSeven
L’ItalSevens di Andy Vilk e Fabio Gaetaniello si è presentata lo scorso fine settimana a Bucarest al secondo appuntamento del FIRA Grand Prix Sevens che vedeva le migliori nazionali a sette scontrarsi per un posto nella tappa di Hong Kong del IRB Sevens Series 2013/2014.
I 12 azzurri che hanno giocato contro Inghilterra, Galles, Portogallo, Romania e Georgia hanno strappato un biglietto per Hong Kong riuscendo a qualificarsi per le semifinali classificandosi poi quarti dietro a Russia (seconda nella prima tappa del GPS a Lione), Francia ed Inghilterra.
Grazie a Skype abbiamo avuto la possibilità di vedere le partite della nostra nazionale con Dean Jennings, tecnico neozelandese ed ex analista degli All Blacks che era presente al torneo.
Queste le sue considerazioni generali sul gruppo azzurro dopo due giorni di gare:
Cosa funziona
1) Gli azzurri hanno giocato con grande cuore e passione, per esempio lavoravano duro per riconquistare posti se il pallone veniva calciato dietro la loro difesa
2) Hanno dimostrato buon supporto tecnico su tutta la linea. In fase d’attacco, per esempio, non avendo un vero e proprio “fattore X” e velocità quando creavano spazi nella difesa avversaria, il sostegno era pronto ad intervenire e spesso sono andati a meta
3) Dal punto 1 e punto 2 se ne deduce che il livello di preparazione fisica è molto alto
4) Nonostante abbiano meso in mostra una linea piatta, riuscivano ad attaccare molto bene quando avevano palla in mano
5) Hanno attaccato la difesa avversaria in ruck con grande attenzione riuscendo a rallentare la palla
Cose da sistemare
1) La tecnica nell’elevare il giocatore al calcio d’inizio è inefficace e spesso si perde palla. Probabile che siano trequarti e quindi non sono abituati alle tecniche di touche. Meglio adattarsi e migliorare il salto diretto che le linee di trequarti utilizzano per le palle alte
2) La linea difensiva era spesso non in linea provocando pressione su se stessi in fase di penetrazione offensiva avversaria
3) Troppe placcaggi uno contro uno persi. Tecnica sbagliata anche dovuta alla linea difensiva messa male in campo
4) Troppo piatti in fase offensiva, il che provocava portare la palla in contatto troppo spesso perché non c’erano altre opzioni. E le squadre non troppo grosse fisicamente tendono ad entrare in contatto più di altre
5) Troppo raggruppati in attacco, senza troppa visione di gioco aperto, non utilizzando l’intero campo
6) Troppi giocatori in ruck nella fase difensiva. Un’altra squadra avrebbe aggirato gli avversari sui lati
NOTA: gli italiani non sono grossi, anzi i nostri giocatori sono tra i più piccoli tra le squadre presenti in questi tornei
di Melita Martorana
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