Nel cuore della Roma ovale. Quella che vuole diventare grande e celtica

Il percorso comune di Capitolina, Fiamme Oro e Lazio suscita molti applausi e qualche diffidenza. Una intervista per capire

ph. Pino Fama

Sono tre le squadre romane nel massimo campionato nazionale. Tra Lazio, Fiamme Oro e Capitolina c’è una sana competizione sportiva ma – fuori dal campo di gioco – un percorso di collaborazione che sembra destinato a durare e a portare lontano. Un processo che non ha molti paragoni in Italia, capace di guardare un po’ al di là del naso delle anime che lo rendono vivo e che lascia al campanilismo e agli interessi particolari il tempo che trovano.
Per alcuni si tratta del Cavallo di Troia con cui la capitale si prepara a “scippare” al nord una franchigia ma, detto tra noi, ci sembrano sospetti che non hanno alcun fondamento. Polemiche senza senso buone solo per farci qualche titolo su un giornale.
Noi abbiamo voluto cercare di capire qualcosa di più e abbiamo intervistato Alessandro Fusco. Giornalista, direttore sportivo della Lazio Rugby e convinto fautore del progetto in corso d’opera nella capitale, che lo ha visto attivissimo in prima linea sin dall’inizio. Uno che ci aveva messo faccia e impegno anche ai tempi dei Pretoriani.

 

Alessandro, per prima cosa scattaci una fotografia della Roma ovale di oggi: cosa sta succedendo?
Innanzitutto va detto che Roma, a differenza di quanto magari si percepisce in altre parti d’Italia, è comunque una piazza importante: è la casa del Sei Nazioni ed è la provincia con il maggior numero di club affiliati dell’intero movimento italiano. E se su quest’ultimo dato mi sbaglio, mi sbaglio di pochissimo. C’è comunque un grosso movimento di base. E poi quest’anno abbiamo ben tre club su undici in Eccellenza, che rimane il massimo campionato nazionale.
Succede perciò che a Roma il rugby è in grande sviluppo, magari possiamo avere anche delle crisi di crescita perché con le strutture e le risorse umane che abbiamo a disposizione spesso non riusciamo a star dietro alla domanda della base. E parlo di impianti, campi e anche uomini. La situazione è che ci sono tantissimi bambini che vogliono giocare, questo è molto positivo e noi come società vorremmo riuscire a dare una risposta immediata

 

Parliamo allora di questa collaborazione tra Lazio, Fiamme Oro e Capitolina
E’ partita una collaborazione che non ha precedenti a livello politico in senso lato e dal punto di vista gestionale. Non ha precedenti perché anche qui spesso in passato si è vissuti di divisioni e di interessi particolari di bassa lega, cosa che non ha certo aiutato lo sviluppo del rugby locale. Oggi ci sono tre dirigenze di tre realtà importanti che hanno capito che è venuto il momento di alzare un po’ lo sguardo, di elevare l’asticella e hanno capito che questo può avvenire soltanto con la collaborazione.
E’ giusto prepararsi, confrontarsi, offrire al resto del movimento un modello. Non vogliamo sembrare presuntuosi e dire che questo è un esempio da seguire, e siamo lungi dall’essere arrivati al massimo compimento, però abbiamo cominciato in maniera molto positiva. Abbiamo presentato le tre squadre in Campidoglio alla presenza del sindaco Marino e dell’assessore allo Sport Pancalli, il che non è cosa da poco vista la difficoltà di un torneo come l’Eccelenza di trovare palcoscenici mediaticamente importanti. Le società si confrontano senza sosta, si favoriscono nello scambio di giocatori nell’ottica di una ottimizzazione delle risorse che ha come obiettivo finale offrire ai giocatori l’opportunità migliore e più adatta a loro. Per non perdere nessuno e per aumentare appassionati e praticanti.

 

Ti chiamiamo da Milano, una realtà dove da tanto tempo il particolare ha il sopravvento sul generale. Anche qui tante società, tanti tesserati ma nessuna presenza nella massima serie da ormai troppi anni. Quando a Roma vi siete resi conto che bisognava trovare un’altra via? Forse il fallimento della proposta-Pretoriani ha fatto da detonatore?
Io sono stato uno dei promotori dell’esperienza dei Pretoriani all’epoca della prima candidatura italiana in Celtic League. Ancora oggi lavoro in un’ottica di una unità d’intenti: proporlo è facile ma farlo recepire ai dirigenti delle società non è poi così semplice o automatico, non sempre almeno, ma devo dire che qui nelle tre realtà coinvolte ci sono dirigenti che hanno questo tipo di visione e la condividono. E’ stato facile realizzare i primi contatti e mettere in piedi un tavolo di trattative.
Certamente l’esperienza dei Pretoriani e quello che sta succedendo in Pro12 ci pone delle questioni sul fatto che la città che ospita il Sei Nazioni e che porta 70mila persone allo stadio in quelle occasioni potrebbe – ove dimostrasse di avere un movimento solido e un tessuto importante a cui appoggiarsi e che risponde agli stimoli che arrivano dal vertice – avere la possibilità di ospitare una franchigia

 

Non vi nascondete insomma dietro dichiarazioni diplomatiche o smentite di rito poco convinte
No, penso che sarebbe davvero inutile. Credo che quello sia uno sviluppo naturale: è una mia idea che può essere giusta o sbagliata, condivisa o meno, ma io sostengo da sempre che una realtà professionistica come quelle che animano il Pro12 abbia più possibilità di sviluppo sportivo ed economico in una grande metropoli con grandi numeri che già dimostra di rispondere ai grandi appuntamenti come il Sei Nazioni e che può contare su un tessuto di base davvero importante.
Io mi ripeto: avere tre squadre nel massimo campionato nazionale significa avere un territorio molto vitale. E non vanno dimenticate tutte le altre realtà locali più piccole che fanno un lavoro straordinario tra mille difficoltà economiche e organizzative, a partire dalla Primavera Rugby. Ma sono tante e alla fine il risultato è una grande coesione territoriale.

 

Qualche mese fa il presidente FIR Alfredo Gavazzi ha detto che il suo sogno sarebbe portare Benetton a Roma. Parole che hanno dato vita a molte polemiche e che vanno a innestarsi su un dialogo tra i due territori (Roma e il Veneto) non sempre idilliaci. A volte ci sono invidie reciproche e ci si guarda con sospetto…
Io credo che questo tipo di posizioni siano di retroguardia e che non c’entrino esattamente il focus della discussione. Secondo me è assolutamente giusto, e i risultati lo dimostrano ampiamente, che un territorio importante come il Veneto abbia una franchigia celtica. E i risultati tecnici, sportivi e organizzative del Benetton Treviso sono innegabili, nessuno pensa minimamente di metterli in dubbio, di sicuro non io. Quello che stiamo facendo a Roma è un lavoro di collaborazione propositivo, non è contro nessuno: se Roma sarà in grado di dimostrare di avere un movimento – sia nella base che nel vertice – in grado di sostenere una franchigia professionistica saranno i fatti a dirlo. Noi vogliamo e dobbiamo lavorare per questo, non siamo in contrapposizione con nessuno. Non vogliamo togliere nulla a nessun altra realtà italiana

 

Posso tradurre con un “se dovesse succedere che si apra un terzo spazio in Pro12 vogliamo farci trovare pronti”?
Esatto. Aggiungo una piccola postilla: come ho già detto in precedenza io ero coinvolto in prima persona nella vicenda dei Pretoriani e anche in quella occasione si creò ad arte una contrapposizione, un contrasto Roma-Veneto che secondo me non esiste. Sono il primo tifoso di Treviso e delle Zebre che rappresentano l’intero movimento italiano e quindi anche noi. E’ una contrapposizione che non esiste. Roma ha dimostrato di poter ospitare degnamente il Sei Nazioni, ora noi vorremmo che lo facesse anche nel livello appena sotto.

 

Quali sono stati i problemi veri da superare all’inizio della collaborazione tra Capitolina, Fiamme Oro e Lazio?
Quasi nessuno. L’unico vero problema è stato quello di trovare uno spazio di tempo per poter iniziare a discutere di questa collaborazione, visti i molteplici impegni dei tre presidenti. Perché dal punto di vista della volontà e dell’impegno non c’è stato nessun intoppo. Nè a livello dirigenziale, né da parte del movimento. Siamo sempre andati in armonia perché probabilmente i tempi sono maturi per questo processo

 

E oggi  tutto fila via liscio come all’inizio?
Sì, decisamente. Lazio, Capitolina e Fiamme Oro hanno storie e peculiarità diverse, non sono concorrenziali nemmeno nei termini degli obiettivi sportivi che le rispettive società si sono poste. Poi quando si va in campo l’una contro l’altra l’agonismo è quello abituale, tutti vogliono vincere e nessuno vuole perdere. Tutti vogliamo far nostri i sei derby che ci aspettano quest’anno. Fuori dal campo invece vogliamo dimostrare di voler percorrere una strada comune.

 

Caso Tre Fontane: è un problema per voi e per Roma?
Al momento fortunatamente tutti riuscianmo a svolgere le nostre normali attività a qualsiasi livello in impianti ritenuti all’altezza. Poi, parlando da appassionato di rugby, non posso non dire che il Tre Fontane è un punto di riferimento per tutto il movimento della città e non solo. Lo è dagli anni ’60. Spero che la situazione si risolva al più presto e che l’impianto torni al più presto a disposizione, pieno di bambini che giocano. E magari utilizzabile anche per le tre realtà di vertice che per sviluppare il movimento hanno bisogno anche di questo.

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