Rugby Championship, l’alba del giorno dopo: cosa ci lascia il torneo

Giovani, arbitri, mischia e futuri mondiali. Spunti e riflessioni dopo 24 partite di altissimo livello

ph. Siphiwe Sibeko/Action Images

Il piatto più buono l’avevano lasciato per ultimo. Con Argentina-Australia e Sudafrica-Nuova Zelanda, partita dell’anno se non degli ultimi anni, si è chiuso il Rugby Championship 2013. Tante erano le aspettative e i motivi di interesse che gravitavano attorno al torneo: la nuova Australia targata McKenzie, la seconda partecipazione dell’Argentina, la nuova mischia e il rientro di McCaw, solo per citarne alcuni. Vediamo alcuni degli spunti e delle impressioni che le quattro squadre coinvolte ci hanno lasciato.

 

I giovani: la meta di Barrett nell’ultimo turno, i calci di Leali’ifano, i placcaggi di Luatua e Matera, la consistenza di Etzebeth e Retallick. Di giovani in campo ne abbiamo visti molti, e spesso sono stati protagonisti. Dando risposte confortanti ai rispettivi staff, e assicurando una base solida per il futuro delle proprie selezioni. L’Australia potrà contare sulla fisicità di Kuridrani e sulle corse di Folau, così come la linea veloce del Sudafrica ha in le Roux e Serfontein due ottime pedine. Il futuro della terza linea All Blacks ha già due nomi e due cognomi, Same Cane e Steven Luatua, che già si sono dimostrati più che pronti, mentre la mediana non può preoccupare con un Barrett come quello visto nel torneo e un Kerr-Barlow che quando è stato chiamato ha saputo mantenere sempre alto il ritmo, senza contare TJ Perenara. Ma quello che più piace è come gli staff sanno gestire questi talenti del futuro: senza correre il rischio di bruciarli, mandandoli in campo solo quando veramente pronti, ma soprattutto senza il minimo dubbio sull’affidare fasi importanti del gioco nelle loro mani.

 

La prima volta Pumas: si pensava che quest’anno una vittoria sarebbe arrivata. Lo staff si è allargato fino a comprendere la collaborazione di Graham Henry, l’esperienza dell’anno scorso ha rinforzato la rosa, eppure per la prima volta Pumas ci sarà ancora da aspettare. Il gruppo di Phelan ha alternato prestazioni negative ad altre molto valide, dando filo da torcere anche agli All Blacks e al Sudafrica e sfiorando la vittoria contro l’Australia. Purtroppo spesso l’inesperienza non ha permesso di convertire in punti il gioco prodotto, mentre in fase difensiva si sono evidenziate delle lacune che a questo livello si pagano con gli interessi.

 

La mischia ordinata: certamente gli ingaggi sono stati molto meno forti, e abbiamo visto pochi collassi pericolosi di prime linee. La squadra che meglio si è adattata alla nuova situazione è stata il Sudafrica, che ha vinto pressoché la totalità delle mischie su propria introduzione (forte di una prima linea di assoluto livello), mentre la maglia nera in questa speciale classifica è andata all’Australia, con una percentuale di vittorie di poco superiore al 60%. Il primo bilancio del “bassi, lega, via” è comunque più positivo che negativo, anche se nei primi match arbitri e mediani hanno faticato a trovare la giusta intesa.

 

Nigel Owens e il TMO: una buona partita non si gioca in trenta, ma in trentuno. Dopo le non poche polemiche sollevate nel corso del torneo, dal placcaggio di Bismark du Plessis a Carter al “my fault” di Jerome Garces dopo aver fermato Habana lanciato in meta, una buona lezione su come si arbitri un incontro internazionale ci voleva. Sempre preciso e attento, Owens ha dimostrato tutta la sua sapienza quando, interpellato il TMO sulla non meta di Nonu tenuto alto da Kolisi, ha prima anticipato ciò che egli era riuscito a cogliere, trovando poi nell’occhio meccanica la conferma della sua sensazione.

 

Road to RWC 2015: è vero, mancano due anni, ma la fase di programmazione e avvicinamento è fondamentale. La squadra che più deve lavorare è certamente l’Australia, che ha cambiato molto e deve ancora scoprire la propria identità, e che nel girone dovrà vedersela con Inghilterra e Galles. L’Argentina è sulla giusta strada, partecipare al Championship è un’occasione incredibile per crescere e imparare a vincere. Il Sudafrica è forse la squadra con le maggiori prospettive di crescita, mentre gli All Blacks danno la sensazione di essere sempre pronti e sempre al massimo della forma, indipendentemente dagli interpreti in campo.

Di Roberto Avesani @robyavesani

 

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