Marco Pastonesi ci regala una carrellata di motti fulminanti. Perché a volte la filosofia sta in mezzo a una risata
Nel cinema la migliore è questa: “Hai in tasca una pistola o sei semplicemente felice di vedermi?” (Mae West). O forse questa: “Recentemente ho letto la Bibbia. Non male, ma il personaggio principale è poco credibile” (Woody Allen). Nel rugby, direi questa: “E’ stato un anno tremendo. Mi hanno messo una placca metallica nello zigomo, tre ferri nella mandibola e otto chiodi in testa. L’altra sera ero a Londra ad allenarmi: pioveva così forte che dopo mezz’ora sono scappato via perché cominciavo ad arrugginirmi” (Derek White).
Il rugby è una miniera di frasi, citazioni, battute, quasi come il cinema. Ma gli altri sport, sono all’altezza del rugby per riderci su? La boxe – siamo onesti – ha una letteratura superiore. A me fa sempre morire dal ridere, anche se so benissimo come va a finire, la barzelletta che Beppe Viola amava raccontare. “Il pugile, barcollando, va all’angolo. Crolla sullo sgabello. L’occhio sinistro è chiuso causa ematoma grosso come un melone maturo. Con l’occhio destro guarda il suo secondo e gli domanda: ‘Come vado?’. Il secondo lo osserva, poi indica l’avversario e risponde: ‘Se l’ammazzi, fai pari’”.
Nel basket ho sempre apprezzato l’autoironia di “Hot” Rod Hundley, quando spiegava che “il brivido più forte della mia carriera fu quando Elgin Baylor e io abbiamo fatto 73 punti al Madison Square Garden”. Per poi precisare: “Be’, di quei 73 punti, Elgin ne ha fatti 71”.
Una freddura dall’hockey su ghiaccio: “Qualche sera fa sono andato a vedere una rissa ed è scoppiata una partita di hockey” (Rodney Dangerfield). Un “touch down” dal football americano: “Sono andato a vedere uno spot, ma ogni tanto veniva interrotto da gente che giocava a football” (Howard Cosell). Neppure il golf prende una buca: “Le tre cose che un golfista perde con il passare del tempo sono i nervi, la memoria e la terza non me la ricordo più” (Lee Trevino).
Nel ciclismo sono indeciso fra quello eroico di Renzo Zanazzi (“Eravamo corridori ad amministrazione controllata: mangiare il giusto, bere poco, fumare zero, ciulare non se ne parlava neanche”) e quello onirico di Gene Gnocchi (“Conosco un ciclista di Rovigo così sfortunato che quando stava per battere il record dell’ora di Moser è scattata l’ora legale”).
Perfino il nuoto, per quanto annacquato, riesce a essere spiritoso: “Agli Europei del 1974, le atlete della Germania Est vincevano tutti i titoli. Erano veri colossi, con spalle da armadio, e anche i peli. Il nostro allenatore Dennerlein ci diceva: ‘Guaglio’, attenti. Se uscite a cena con queste, dovete decidere chi fa l’uomo’” (Marcello Guarducci).
A volte una battuta può sembrare filosofia: “Senza i perdenti, che cosa farebbero i vincenti?” (Casey Stengel). Altre volte una filosofia può sembrare battuta: “L’importante è partecipare” (Pierre de Coubertin). A volte potrebbe suonare tutto come un gioco di parole: “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” (John Belushi). Altre volte potrebbe suonare solo come parole in gioco: “Gli indiani delle riserve giocheranno mai in prima squadra?” (Gino Patroni). L’importante è non prendersi mai troppo sul serio: “Un cavaliere deve gettare il cuore oltre l’ostacolo, poi andare dall’altra parte e cercare di riprenderselo” (Dick Francis). Altrimenti si finisce fuori pista, fuori strada, fuori di testa: “Dopo qualche secondo, i due motociclisti hanno visto dall’altra parte della carreggiata qualcuno che conoscevano. Erano loro” (Daniele Luttazzi).
di Marco Pastonesi
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