Entusiasmo e penalizzazioni: la Serie A femminile, un movimento che cresce zoppicando

Torneo iniziato con una nuova formula. Ma non mancano dubbi e discussioni. Ne parliamo con Maria Cristina Tonna

ph. Ilaria Frigerio

“Una cosa tengo davvero a dirla: ho sentito molte ragazze in questi giorni e sono molto dispiaciute per questa attenzione negativa che la stampa in generale sta rivolgendo al movimento femminile. Con rare eccezioni si occupa poco di noi e in tante non capiscono perché lo faccia ora che si sono delle difficoltà mentre quando si costruisce qualcosa o si ottengono certi risultati l’eco è diversa. Anche io ne sono dispiaciuta”.
Così Maria Cristina Tonna, responsabile dell’attività femminile per la FIR, spiega il suo stato d’animo dopo le prime due giornate del campionato di Serie A di categoria. Un campionato importante ma che non è esattamente iniziato con il piede migliore: da un lato la riforma che ha portato all’aumento delle squadre partecipanti divise in due gironi territoriali che testimonia il momento di grande crescita del movimento delle ragazze, dall’altro dei risultati da calcolatrice (un 191 a 0) e davvero tante penalizzazioni per i motivi più disparati. Insomma un movimento che da un lato cresce numericamente ma che dall’altro sembra fare un po’ di fatica per star dietro a quella stessa crescita.
Abbiamo perciò intervistato Maria Cristina Tonna, infaticabile deus ex machina del rugby femminile italiano.

 

Punteggi pesantissimi, tante sanzioni disciplinari extrasportive. Cosa sta succedendo al nostro rugby femminile, quale è la situazione?
Pensavamo che potesse succedere, anche se non in questi termini, però avevamo messo in conto lo scotto del debutto. Va ricordato infatti che non siamo in presenza di due gironi di merito, non c’è una A1 e una A2, ma sono gironi su base specificatamente territoriale. Le squadre lo sapevano, non è stata una sorpresa per loro. Voglio dire che Torino e Gerundi avevano ben presente che avrebbero dovuto giocare con Treviso, Monza e Riviera del Brenta. E nessuno ha mai sollevato obiezioni. Proprio per questo non è un caso che i risultati più pesanti si sono registrati nel “girone nord”.

 

Non era meglio mettere in piedi due gironi su base meritocratica?
L’obiettivo nel tempo è quello, ma oggi dovevamo affrontare un altro problema: la crisi economica. Come ben sappiamo sta colpendo tutti i settori del Paese in maniera trasversale e se non avessimo scelto una suddivisione su base territoriale alcune squadre non avrebbero potuto iscriversi per problemi finanziari. Pensate solo alle trasferte dal nord a Benevento e viceversa. La federazione ha fatto una scelta e la sta perseguendo. La Serie A e la Serie B, su base meritocratica, sono un obiettivo di lungo periodo, ora dobbiamo crescere e rinsaldarci. E’ troppo presto, siamo ancora poche per poter ragionare di promozioni e retrocessioni.

 

E’ una specie di crisi di crescita quindi?
Sì, lo è. Stiamo monitorando la situazione assieme alle società con le quali sono in corso contatti e incontri con i dirigenti.

 

Oltre ai risultati molto pesanti ci sono le penalizzazioni, davvero tante
Noi stiamo dando una grossa mano alle società, i dirigenti sanno che esistono degli obblighi burocratici che sono importanti e necessari da assolvere. Basta un po’ più di attenzione, le squadre si devono preparare e non solo per il campo. La maggior parte delle penalizzazioni erano evitabili. Poi noi in federazione comprendiamo tutte le difficoltà e cerchiamo di sostenere le necessità dei club ma le regole vanno rispettate. Anche questo sarà motivo di crescita… sbagliando si impara.

 

Ci sono state penalizzazioni anche perché una squadra non aveva un numero di giocatori sufficiente…
Non c’è nessuna norma che impone una rosa con un numero minimo di atlete e le società sanno che se rimani in campo con meno di 15 giocatori l’incontro viene sospeso dal direttore di gara. Io credo che in questo pesi un po’ anche la mancanza di una cultura sportiva al femminile nel nostro Paese, maggiori numeri aiuterebbero ogni squadra a programmare meglio, ma stiamo tutti lavorando per raggiungere questi obiettivi.

 

C’è un approccio diverso?
E’ difficile da spiegare. Io spero di no ma da una parte non posso non rilevare che viviamo in un paese in cui la cultura dell’alibi è molto diffusa in ogni ambiente, non solo in quello sportivo tanto per intendersi. Spesso ci si nasconde dietro la “scusa” del non professionismo, ma io credo che prima di quello ci sia bisogno di più professionalità. Si dice che ci sono pochi soldi e che quindi questo non aiuta, però anche nella serie B maschile di soldi se ne vedono pochi eppure certi problemi non ci sono. Il fatto di non essere delle professioniste, anche se stiamo parlando di Serie A, non deve diventare un alibi, ma un motivo per essere quanto più professionali possibile ed è proprio grazie a questo atteggiamento che siamo riuscite con la Nazionale Femminile a raggiungere buoni risultati.
Dall’altra parte rimane evidente, comunque, che una “femmina” che decide di cimentarsi con una attività sportiva, soprattutto se molto impegnativa come il Campionato a XV di cui stiamo parlando, incontra spesso problematiche pratiche nel quotidiano. La cosa importante è continuare a lavorare anche con le società per far sì che a breve nessuno si stupisca più se sente dire ad una bambina che gioca a rugby.

 

Gerundi è la squadra che sinora ha più sofferto. Li avete sentiti? Quale è il loro stato d’animo?
Ho sentito alcune ragazze e i dirigenti in via ufficiosa, mentre un incontro ufficiale ci sarà a breve. In realtà da parte loro c’è molto entusiasmo, chiaramente perdere così è molto dura ma sanno che è un momento di crescita e che le cose cambieranno. Il mio messaggio personale rivolto alle ragazze è stato quello di continuare a lavorare e divertirsi insieme. Queste ragazze, Gerundi ma anche Torino, devono confrontarsi con atlete che magari giocano il Sei Nazioni e con realtà rugbistiche molto più strutturate e con una storia impostante alle spalle.
Noi ad ogni modo non vogliamo che il campionato perda forza e vigore, anzi. E guardiamo con grande fiducia e simpatia a casi come quello del Rugby Umbria Ragazze: si tratta della prima e finora unica vera franchigia italiana, quelle ragazze hanno fatto un passo davvero importante e sono state capaci di lasciarsi alle spalle campanilismi storici. E’ una realtà che sta dando buoni risultati, e non parlo di quelli del campo.

 

Vi aspettate un miglioramento? E se sì in quali termini temporali?
Per fare un primo bilancio io aspetterei almeno fine mese, inizio del prossimo. Non penso ci saranno miglioramenti improvvisi, ma progressivi sì. Non ci sono distanze insormontabili da superare, culturali magari un po’ di più.

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