Marco Pastonesi prosegue il suo giro d’Italia: questa volta ci porta in uno dei motori del rugby nostrano
Se fosse calcio, sarebbe l’Atalanta: gran settore giovanile. Se fosse basket, sarebbe il Cantù: una provinciale diventata quasi capitale. Se fosse pallanuoto, sarebbe il Nervi: a pochi chilometri dagli scudetti. Ma è il rugby, e allora è il Mirano. Miracolo a Mirano. Una storia che comincia con l’antica Roma: Mirano significa osservatorio. Una ventina di chilometri da Venezia, Treviso e Padova: osservazioni, prima artistiche, poi rugbistiche, finché il rugby diventa arte. Non sarà mica un caso che a Zianigo, frazione di Mirano, abitava Giambattista Tiepolo con famiglia.
Cinquantasei anni di vita ovale e di tradizione orale, bianconeri, serie A, adesso B. Ventisettemila abitanti: e anche il primo cittadino, la sindaco Maria Rosa Pavanello, vanta un bel cognome da rugbista.
Via col Veneto. Mirano è fondata da Maci, non Mario Battaglini detto Maci da Rovigo, ma da Ferruccio Bianchi detto Maci da Mirano. Il primo campionato è tutte sconfitte tranne un pareggio, però contro Paese, un derby. Poi arrivano le prime vittorie. Qui a Mirano s’irrobustiscono giocatori come Francesco Minto e Michele Campagnaro, poi emigrati a Treviso, qui a Mirano predicano fratelli come i Francescato, emigrati da Treviso. Qui a Mirano il rugby è un po’ religione e un po’ filosofia, ed è molto vita quotidiana.
Dal minirugby agli Old: under 6, 8, 10, 12, 14, 16 e 18, riserve e prima squadra, fino all’Armata Brancaleon. Qui – il nome la dice tutta – abita lo spirito del Mirano: siccome “chi è rugbista lo rimane per sempre”, o forse siccome “non si smette di giocare perché si è vecchi, ma si è vecchi se si smette di giocare”, l’Armata accoglie non solo chi ha già giocato, ma anche i neofiti del rugby, i genitori dei giocatori o soltanto gli estimatori della palla ovale e del suo mondo. Insomma, quella che è stata definita, con una buona dose di autoironia, come “a busa de Miran”, nel senso che “i peggiori elementi cadono tutti qua”, ormai da più di 10 anni.
Mirano è Flaviano “Briz” Brizzante (ex Rovigo e Villadose), allenatore della prima squadra, ma anche Bertrand Fourcade (ex Lourdes, Francia universitaria e Italia), direttore tecnico del progetto Junior, e Guy Pardies (ex tutto), allenatore dell’under 16 e 14. Mirano è il primo accordo – storico – fra una squadra di rugby e una di football americano, gli Islanders di Venezia (serie A2), che così il sabato sera possono giocare le partite di casa al Comunale di via Matteotti. Mirano è anche uno spazio-giochi per bambini, aperto durante le partite, perché il campo diventi un luogo d’incontro, sicuro e allegro, per i più piccoli.
Mirano è anche volontariato: nelle scuole, per esempio. Mirano è anche solidarietà: con la convenzione con La Colonna, l’associazione che si occupa del problema delle lesioni spinali, nata nel 2001 da un’idea di Giancarlo Volpato, infortunatosi, giocando, fino alla paralisi.
Mirano è feste: per Halloween, per Natale, per la fiera di San Matteo, per i compleanni, ogni scusa è buona. Mirano è campi estivi per i ragazzi e corsi di minirugby gratuiti per i bambini.
Mirano è perfino ricerca: dispone della prima palestra in Italia che, con l’uso di speciali elastici, permette di allenare i gesti tecnici specifici di ogni sport di situazione. Il sistema, perfezionato con la Conquest di Cadoneghe, e già sperimentato da Gianfranco Beda (ora rugby manager del Mirano) per la preparazione del Petrarca nel 2011, e testato da Fabio Benvenuto (Benetton) e Francesco Cuzzolin (Nazionale italiana basket), è ora materia teorica e pratica per Ermanno Gallo, preparatore del Mirano.
Mirano è – ma questo succede un po’ dappertutto – l’arte di arrangiarsi: in mancanza di “schei”, la scorsa estate i giocatori della prima squadra si sono trasformati in muratori e imbianchini. Un bel modo per fare – letteralmente – spogliatoio. E già che c’erano, anche tribuna e club house.
di Marco Pastonesi
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