La mischia ieri, oggi e forse domani: intervista a Giampiero De Carli

Il tecnico del Perpignan è candidato ad entrare nello staff azzurro. Ma abbiamo parlato anche di regole e di due Tommasi…

ph. Andy Couldridge/Action Images

Da giocatore è stato pilone con la maglia della Rugby Roma, Milan, Stade Francais, Calvisano e ovviamente in nazionale. Poi tecnico ancora a Calvisano e con le Accademie. E’ a Perpignan da un paio di stagioni, dove allena il pack dell’importante club giallorosso. A fine stagione andrà via: ha detto no a un rinnovo triennale per scegliere altre vie, probabilmente azzurre. Con lui abbiamo fatto una lunga chiacchierata che ha toccato vari argomenti. Eccola:

 

Partiamo ovviamente dalla mischia. In tanti hanno rilevato le difficoltà della squadra italiana nelle ultime uscite, Brunel e i giocatori hanno chiesto di far chiarezza sulle nuove regole di ingaggio. Tu cosa ne pensi? E’ un problema di sostanza delle norme o di adattamento?
Io farei un passo indietro e mi chiederei una cosa: cosa succedeva un anno fa o giù di lì con le vecchie regole? Più o meno le stesse cose: stesse difficoltà, stesse problematiche anche se magari si presentavano in maniera diversa, ma stringi stringi… sia che parliamo di club che di nazionali c’erano calci di punizioni continui, c’era difficoltà a capire cosa succedeva e a comprendere il metro dell’arbitraggio.
Io delle nuove regole sono molto contento perché obbligano gli allenatori, e quindi i giocatori, a lavorare molto di più sotto l’aspetto tecnico. E’ una continua sfida, però mi rendo conto che – come credo sia normale – una volta fatta una regola poi si cerca il modo di aggirarla o di portarla quantomeno a proprio vantaggio, dobbiamo essere onesti e realisti. Però le nuove regole hanno un difetto.

 

Quale?
Io ne ho parlato con arbitri francesi e italiani, con altri colleghi tecnici: il problema è che la norma non capisce quello che chiamo il riflesso della mischia. Mi spiego meglio: nel momento in cui l’arbitro dà il suo via libera all’introduzione della palla da parte del mediano di mischia, per un riflesso condizionato il pacchetto della squadra avversaria inizia a spingere di più appena sente le parole del direttore di gara, ancora prima che la palla torni in gioco. Basterebbe fare un piccolo passo indietro, eliminare la chiamata “yes nine” e sostituirla con un gesto, aprire la mano o chiuderla o qualcosa di comunque non udibile e sono convinto che risolveremmo molte delle problematiche.
Queste difficoltà possono diventare un alibi? Non lo so, ma io penso che un alibi alla fine sia una difficoltà oggettiva e  se la maggioranza di noi – e con quel “noi” intendo tutti i tecnici della mischia – abbiamo dei problemi con queste norme non è un alibi ma una realtà.

 

E la mischia italiana?
Mah, in tanti hanno parlato di disastro della mischia azzurro contro l’Australia ma io sinceramente non l’ho visto. Quanti palloni ha perso l’Italia in mischia chiusa con gli australiani? Zero. Quante punizioni ha avuto contro? Più o meno come quelli degli avversari. Il problema sono sempre le aspettative, ovvero: cosa ci aspettavamo che la mischia italiana facesse contro quella australiana? Mischia australiana, che va ricordato, arrivava da otto partite contro le zero giocate dalla nostra.
Io non devo difendere né i giocatori italiani e nemmeno Brunel, ma il tempo che tu puoi dedicare per allenare la mischia alla fine è molto limitato: per un problema di tempo ma anche di sforzo fisico, perché un allenamento in mischia è molto più faticoso che non uno su una touche, ad esempio. Non si può esagerare. Normalmente serve molto tempo per preparare ed eventualmente sistemare un reparto così importante e delicato. Per questi motivi dobbiamo arrivare ad avere una grande competenza noi tecnici e riuscire a scambiarla velocemente con i giocatori.  Mi metto nei panni di Brunel che allena la squadra da due o tre settimane e mettere a posto queste situazioni… Io sono sei mesi ormai che lavoro qui a Perpignan con le nuove regole e a tutt’oggi ci sono delle difficoltà. E io sono uno di quelli soddisfatti della risposta che sta avendo dai giocatori.

 

Nel suo ultimo Tinello Vittorio Munari rilevava anche come siamo in presenza di una generazione di tecnici e giocatori che è sempre stata abituata quasi esclusivamente a una mischia basata sostanzialmente sul grande impatto e sulla forza fisica
Ha ragione, noi per anni abbiamo insegnato ai giocatori a partire come treni e ora cambia tutto. Dobbiamo riallinearci prima noi e poi loro. Serve tempo e pazienza.

 

In Francia cosa si dice di queste nuove norme?
Più o meno quanto ti dicevo prima. Poi c’è da rilevare anche la posizione dell’arbitro, che è mediamente in difficoltà. Ma lui ha un lavoro difficilissimo: io tra video e allenamenti e non guarderò almeno cento mischie al giorno e ti assicuro che spesso capire chi fa il fallo è un lavoraccio. Magari guardo uno stesso video due o tre volte e ancora non l’ho capito, mi metto nei panni dell’arbitro e cosa devo pensare? Ha solo qualche secondo per prendere una decisione…
La regola in sé è chiara, bisogna adattarsi. Gli arbitri poi a volta fischiano fallo quando la palla è arrivata tra i piedi del numero otto, ma lasciamola giocare a quel punto!

 

Come se ne esce?
Con il tempo e la pazienza. E poi con un diverso atteggiamento nostro: per un tecnico è abbastanza facile e di solito spingiamo perché la nostra mischia conquisti un fallo. E’ la via più breve. Ma se tutti noi decidessimo di cercare di giocare di più e cercare meno punizioni aiuteremmo tantissimo l’arbitro.
Poi i fischietti dovrebbero venire più spesso a venire a vedere gli allenamenti della mischia, capirebbero molte più cose. Ma non succede mai nemmeno qui in Francia.
Posso poi dire una cosa sull’Italia di Cremona?

 

Certo!
Anche se è passata solo una settimana contro le Fiji si è notato che è stato fatto un lavoro tecnico sulla mischia, lo si è visto dalle posizioni che tenevano i giocatori. E giocare contro una mischia debole o meno forte, come quella figiana, è difficile perché il pilone debole ti spinge a cadere o a far collassare il pacchetto, il pilone debole ti porta a girare o a fare dei falli inutili. E lì c’è stata una preparazione a quel tipo di mischia.

 

Ultima domanda sulla mischia: la mischia italiana non è più da tempo dominante come 3 o 4 anni. Rimane una signora mischia ma forse la volontà di giocare di più con i trequarti, o comunque più larghi, ha tolto un po’ di sicurezza…
Non lo so, non sono dentro il gruppo azzurro quindi non so quali siano le tattiche e le scelte di gioco. Possiamo tranquillamente dire che la mischia italiana negli ultimi anni è stata una delle più forti al mondo. Forse anche gli altri hanno cercato di migliorare le loro e di mettere in difficoltà la nostra. Basta pensare agli enormi miglioramenti e al cambio di filosofia della mischia degli All Blacks.

 

Cambiamo completamente argomento e parliamo dei due Tommasi. Il primo è Benvenuti, arrivato a Perpignan questa estate…
Credo che abbia fatto un grande passo, scegliendo di dare una svolta alla sua carriera: lui ha iniziato prestissimo e non si è praticamente mai mosso da casa, aveva bisogno di rimettersi in gioco e di provare nuove sfide. L’adattamento qui in Francia è difficile per tutti: lui si è subito integrato con i compagni e con l’ambiente, noi siamo piuttosto soddisfatti di quanto ha fatto finora: ha giocato abbastanza, diverse volte anche da titolare e ci copre due ruoli. Chiaro che la giovane età e soprattutto le qualità tecniche e fisiche che possiede ci spingono ad aspettarci molto da lui. Può migliorare ancora ma siamo già molto soddisfatti.

 

Tommaso Allan invece? Anche lui a Perpignan, un altro giovane che conosci molto bene…
E’ una bella sorpresa. Io lo conoscevo da almeno tre anni: quando lavoravo con le accademie andammo in Sudafrica e ci giocammo contro a Western Province e mi colpì subito. Giocava centro allora. Poi l’abbiamo visto nel Sei Nazioni U20 e l’abbiamo portato qui a Perpignan: ha dato subito una bella dimostrazione di freddezza e di carattere. Ha volontà di capire, comprendere, imparare e mettersi a disposizione di tutti pur sapendo di essere giovanissimo e di aver davanti gente come Hook e Lopez. Ha un contratto da espoirs ma è aggregato perennemente alla prima squadra e  ha già giocato diversi spezzoni di partita e in una è partito titolare giocando 80 minuti. E’ molto calmo, come lo avete visto in quei pochi minuti che ha giocato con la maglia azzurra. Ha qualità tecniche e sa quello che vuole fare. Non sente affatto il problema della nazionalità, o meglio: lui si sente italiano. Credo sia in realtà un problema che ci siamo più posti noi che non lui.

 

Ecco, Tommaso Allan sa cosa vuole fare, e tu? Sappiamo che la FIR ti corteggia da tempo e che non hai rinnovato il contratto con il Perpignan. Entrerai nello staff di Brunel?
(ride, ndr) Vedremo, vedremo. No, al di là delle battute: l’USAP mi ha offerto un rinnovo triennale ma io pur essendo molto felice qui ed essendo onoratissimo e orgoglioso della loro proposta ho declinato. So quello che farò ma prima c’è da terminare una stagione qui in Francia. Poi saprete tutto.

 

UPDATE: Il team manager dell’Italia Gino Troiani dal ritiro azzurro ha rilasciato poco fa una dichiarazione ai colleghi Christian Marchetti e Roberto Parretta, collaboratori rispettivamente de Il Corriere dello Sport e de La Gazzetta dello Sport: “Giampiero De Carli tecnico della mischia azzurra? Con lui c’è un’intesa di massima. Sta semplicemente definendo il suo rapporto con il Perpignan. Anche per questione di rispetto verso il team francese stiamo aspettando. C’è comunque interesse da parte nostra”.

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