Dentro l’Italrugby dopo le Fiji: alla ricerca della serenità perduta

Una partita impossibile da inquadrare ma che ha detto tante cose. E l’Italia deve tornare ragazzina

ph. Sebastiano Pessina

Qualcuno si ricorda del film di Fred Schepisi del 1993 Sei gradi di separazione? In una scena veniva mostrato un quadro di Kandinsky che ha la particolarità di essere dipinto su entrambi i lati della tela in due stili molto diversi tra loro. I protagonisti – Donald Sutherland e Ouisa Kittredge – ricca coppia di collezionisti e mercanti d’arte hanno l’abitudine di prenderlo in mano e di farlo girare su se stesso ripetendo il piccolo mantra ordine/disordine, ordine/disordine (qui il video, se interessasse. E il film merita davvero).
Pensando a mente fredda al match contro le Fiji di sabato pomeriggio mi è venuta in mente questa scena. Un po’ è “colpa” di Gianluca Barca, giornalista che su Il Giornale di Brescia ha definito la gara di Cremona come “indecifrabile, come un quadro cubista”. Personalmente – per quello che può contare – sono d’accordo solo sull’aggettivo, che anche il quadro e il dipinto più astratto hanno un senso o un significato. Se non lo cogliamo è perché non siamo in grado di rilevarlo, o magari non ne abbiamo gli strumenti.
Non so se la gara contro le Fiji abbia un significato, di sicuro però non può essere assunta a fotografia della nazionale perché ha detto tante cose, forse troppe. E sono tutte vere.

 

Ordine/disordine, ordine/disordine… negli 80 minuti di Cremona abbiamo visto sprazzi di buon gioco ed errori marchiani, una squadra che ha giocato per 70 minuti abbondanti nella metà campo avversaria ma che alla fine ha subito cinque mete. Abbiamo assistito alla prova di una squadra poco organizzata e molto indisciplinata – leggi: le Fiji – capace di non essere travolta anche in pesante inferiorità numerica (per alcuni minuti in 11 contro 15) e al contempo l’Italia che non è stata in grado di approfittarne. La squadra di Brunel ha messo in mostra una buona volontà, ma è stata poco cinica in attacco e distratta in difesa, ciò nonostante la partita non è mai stata realmente a rischio per la Banda Brunel, tranne che nei cinque minuti conclusivi.

 

Partita strana, stranissima, dalla quale non bisognerebbe mettere da parte nulla di quanto di buono è stato fatto e sottolineare mille volte con la matita rossa errori e mancanze. Farne una cartina al tornasole del momento azzurro sarebbe errato, così come star qui a rilevare la prova positiva dell’uno o quella incolore dell’altro.
Già, l’Italia…  il XV allenato di Brunel sembra aver perso serenità e soprattutto spensieratezza, come un ragazzino che ha voglia di bruciare le tappe e crescere il più in fretta possibile. Qua e là raffiora troppo spesso una insana voglia di strafare, anche tra i giocatori più esperti. Gli azzurri hanno invece bisogno di tornare ad essere leggeri e un po’ “brufolosi” in testa: saltare la tarda adolescenza in un men che non si dica non serve a nulla, si diventa solo delle persone un po’ più grigie e difficilmente vincenti. Rivogliamo la sfrontatezza ragionata dello scorso Sei Nazioni.

 

Il Grillotalpa

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