Teme il Benetton ma sa che stavolta le Zebre possono far male. E lancia un avvertimento ai suoi giovani: “Alcuni si sentono arrivati”
28 dicembre e 4 gennaio. Come ormai da tradizione le feste di Natale e di fine anno sono il palcoscenico su cui va in scena il derby celtico tutto italiano tra benetton Treviso e Zebre (Aironi in precedenza). Un derby che finora ha sempre visto i veneti come assoluti protagonisti ma che quest’anno vede i pronostici molto più equilibrati, almeno sulla carta, poi il campo dirà come sempre la sua.
A guidare la franchigia bianconera c’è un trevigiano doc come Andrea Cavinato che ha rilasciato una bella intervista a Ivan Malfatto per Il Gazzettino. Il coach bianconero si augura “due grandi partite. Veloci, di grande spessore tecnico e intensità fisica” e spera che i derby metano fine “ai sogni personali, i campanili” perché “bisogna pensare al movimento nella sua totalità”.
Un doppio scontro su cui l’allenatore delle Zebre non fa mistero di avere delle mire e pensieri di vittoria ma non sottovaluta affatto gli avversari, proprio perché in difficoltà: “E’ una situazione strana, non per noi ma perché non rispecchia le potenzialità del Benetton. Ha tanta qualità ma non la esprime. E’ una squadra obbligata a rialzare la testa, perciò pericolosa”.
Ma Andrea Cavinato non è certo uomo che manda a dire le cose e parlando della sua prima esperienza celtica ne sottolinea gli aspetti positivi e quelli che gli sono piaciuti meno: “Un’esperienza impagabile e faticosa per i tanti viaggi. Non sono completamente soddisfatto, mi aspettavo di più, di vincere le partite che si potevano vincere (…) Sono ammirato dall’impegno, l’abnegazione, l’aiuto a crescere la franchigia da giocatori che hanno fatto la storia del rugby italiano come Geldenhuys, Bergamasco, Bortolami e Perugini. Mi preoccupa l’atteggiamento di alcuni giovani: non si mettono mai in discussione, si credono già arrivati“. Parole importanti che hanno il sapore di una sveglia collettiva: chi deve capire nel suo gruppo, capirà.
Un discorso non dissimile a quello che riserva alla nazionale: “Non vive un’involuzione ma un cambiamento generazionale. Ci sono giocatori che devono alzare la testa e prendere il posto degli attuali leader. Un ricambio naturale, è fuori luogo se qualcuno se ne risente”.
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