Questa volta sotto la lente finiscono anche i giocatori di livello amatoriale. E i risultato non sorprendono..
Dall’Australia arrivano ulteriori tasselli a completare il complicato puzzle del rapporto tra colpi alla testa subiti nel corso della carriera e problemi neurologici di lungo periodo. Lo studio di cui oggi parliamo è stato condotto dal Dr Alan Pearce, che ha esaminato lo stato di salute del cervello di quaranta ex giocatori di Australian football, dal livello amatoriale a quello professionistico. E i risultati dicono che in entrambi i casi, sia che questo sport lo abbiano praticato per hobby che per professione, lo status cerebrale è sensibilmente più negativo rispetto a casi standard di chi non ha mai praticato sport di contatto. In particolare, Pearce e il suo gruppo di lavoro hanno rilevato scarsi tempi di reazione agli stimoli, difficoltà di controllo del movimento, e iperattività. La parte più interessante della ricerca, è comunque quella che mette in relazione gli atleti amatoriali con quelli professionisti: “a concussion is a concussion“, ha dichiarato Pearce, indipendentemente dal livello in cui si gioca. La Australian Football League, al pari della IRB e delle federazioni ovali, sta promuovendo campagne di sensibilizzazione al tema, che coinvolgono atleti e società.
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