Rugby e valori, un dibattito un po’ “scentrato”

Nelle ultime settimane si è tornati a parlare di scollamento tra virtù sbandierate e comportamenti tenuti: è davvero così?

La cadenza non è mai fissa ma nei media che si occupano di cose ovali ciclicamente si torna a parlare dei valori che fanno – o dovrebbero fare – da colonna portante al rugby. Il recente fatto di cronaca che ha coinvolto Brian Lima (la leggenda samoana ha aggredito e picchiato l’ex compagna, e per lui non si tratta di una novità) ha fornito l’occasione per riportare in prima pagina il dibattito su questi famosi valori.
Il primo a scriverne è stato Giorgio Sbrocco, giornalista che non ha certo bisogno di presentazioni, seguito da Rugby 1823 e da un altro importante collega ovale, Elvis Lucchese. Tutti, anche se in maniera diversa, pongono l’accento su quanto questi valori siano diventati una sorta di marketing virale per la nostra amata disciplina, rilevandone però una sorta di continuo scollamento tra quanto viene propagandato e la pratica reale e quotidiana.
Sbrocco scrive: “Bastasse mettersi in mutande e passarsi un pallone ovale… Sarebbe sufficiente rendere obbligatoria la pratica del rugby e avremmo edificato un mondo migliore”. Rugby 1823 va un po’ oltre e sottolinea che “Costruire l’intera comunicazione ovale sulla retorica dei valori, sbatterli in faccia alla gente a ogni piè spinto, con un malcelato senso di superiorità, è pericoloso. Perché poi basta un Brian Lima qualunque a smascherare il bluff”. Elvis Lucchese – il cui articolo è solo una prima parte di uno scritto più ampio ancora da pubblicare – è il più disincantato e quello che ha un approccio più “scientifico” all’argomento e dalle pagine del suo blog scrive che “In Italia il nostro sport è percepito dal grande pubblico come esemplare per spirito e codici di comportamento. Ma nel mondo a lungo per molte donne e fra i circoli più progressisti della società, in Francia come in Nuova Zelanda, il rugby è uno sport che non ha nulla di cool ma è anzi visto, in piena legittimità, come un gretto microcosmo di misoginia ed omofobia”. Lucchese tratta nello specifico proprio il tema della violenza sulle donne da parte di giocatori di rugby, da qui il particolare accento su questi temi.

 

Tutti dicono cose vere e sensate. Però c’è un però, altrimenti nel titolo di questo articolo non ci sarebbe la parola “scentrato”. Il fatto è che una volta ammesso che in Ovalia quei valori hanno una importanza fondamentale – ed è oggettivamente così – non si può sostenere che quegli stessi valori sono messi in discussione perché pochi soggetti con il loro comportamento li hanno negati. Perché alla fine di questo si tratta, di pochi soggetti. Anche ammesso e non concesso che ci sia una quota di “sommerso” quei numeri rimangono bassissimi, e non si può non tenerne conto. Per ogni aspetto della vita sociale, che sia sportiva o meno non è importante, quello statistico è un approccio determinante per comprendere un fenomeno, certo non deve essere l’unico ma da lì si parte per capire la “grandezza” di un problema. Inseguiamo ogni settimana i dati sui placcaggi, sugli off-load e su mille aspetti del rugby giocato e vogliamo non tenerne conto su questo?
In ogni consorzio umano di qualunque natura c’è chi si mette al di fuori delle regole che quello stesso gruppo si è dato. I furbi non mancano mai, quelli che vogliono prendere le scorciatoie per il successo nemmeno, altri predicano bene e razzolano male. E no, non sto parlando di “semplici” mele marce, definizioni perfetta se si vuole nascondere la polvere sotto il tappeto.

 

Conclusione? Che quello del rugby è tutto sommato un mondo “sano” e il semplice fatto che si discuta dei suoi valori di fondo perché qualche caso sporadico li ha messi in dubbio è una prova delle buone condizioni in cui versa. Altri ambienti sportivi questi episodi cercano di metterli in disparte il più velocemente possibile magari senza affrontarli.
Soprattutto non teniamo presente di un aspetto che è determinante: il mondo del rugby ad oggi ha ancora gli anticorpi per poter tenere ai margini certi comportamenti, proprio grazie alle regole morali che chi si avvicina a questo sport si dà e alle sanzioni previste per chi le vìola. La palla ovale ha ancora un’arma potentissima contro gli attacchi ai suoi valori e questa è la riprovazione sociale generale e diffusa di appassionati, tifosi e addetti ai lavori per chi si mette al di fuori di quelle leggi non scritte. Non è una cosa scontata, anzi. Certo non mette al riparo da “violazioni” ma protegge l’integrità complessiva del movimento. Va da sé che questa riprovazione sociale non è data, va coltivata e sostenuta continuamente. Per farlo non bisogna smettere mai di mettere sotto i riflettori gesti e protagonisti negativi, senza sminuirli minimamente ma al tempo stesso senza farli diventare “fenomeni di massa” se statisticamente non possono assurgere a quello status. Bisogna essere implacabili anche con le violazioni più piccole ma per quanto si lotti e ci si impegni contro il libero arbitrio c’è poco da fare. E la perfezione, dicono, non è di questo mondo. Però si può lavorare per avvicinarcisi.

 

Il Grillotalpa

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