La mancanza di staff medico e la sottovalutazione dei rischi possono avere conseguenze sul posto di lavoro
“Weekend warriors” è una delle espressioni più evocative utilizzate in Australia per indicare i giocatori amatoriali (soprattutto di Aussie Rules). I guerrieri del weekend, quelli che si trovano il sabato e la domenica per giocare assieme, senza nessuno stress da competizione, senza troppo allenamento sulle spalle, e senza uno staff medico al seguito. Ebbene, l’attenzione dei vertici medici del rugby si sta spostando anche verso questo tipo di giocatori, nella speranza che la sensibilizzazione e l’educazione al tema della concussion e dei suoi rischi possano giungere anche alle basi delle piramidi ovali, entrando nella testa, è proprio il caso di dirlo, di chi non fa del rugby il proprio lavoro ma una semplice passione. Già, perché “concussion is a concussion“, come ha ricordato il Dr. Alan Pearce dell’Università di Melbourne, indipendentemente dal livello a cui si gioca. Ma c’è di più. Se il giocatore professionista può contare su staff preparati e in grado di riconoscere nell’immediato gli effetti di un colpo, il giocatore amatoriale molto spesso trascura questi effetti, continua a giocare, e nelle ore successive al trauma, il lunedì, sul posto di lavoro può pertanto manifestare segni di allentamento dei riflessi, ritardi nella percezione e alterazione del coordinamento motorio. I rischi di una concussion nel breve periodo possono uscire dal campo e trasferirsi nel luogo di lavoro, dove possono avere conseguenze da non sottovalutare.
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