Marco Pastonesi riprende il suo giro d’Italia e la prima tappa del 2014 ha i colori rosso e blu
Roberto Bennardello è genovese, ha 45 anni, 20 dei quali – lo dice lui – “trascorsi sui peggiori campi da rugby di provincia, quelli senza un filo d’erba, senza riscaldamenti negli spogliatoi, senza maglie termiche e ‘frocerie’ moderne”. Quando, sette anni fa, approda a Fiumicino per motivi sentimental-economici, Bennardello trova un campo verde. E’ un ex maneggio, un po’ ondulato, curato dalla passione della famiglia Cioli, quella che dal 2006 gestisce la giovane società. Rugby.
Lo scorso 17 dicembre, a dispetto delle superstizioni, delle timidezze e anche della legge sulla privacy (che non si è mai capito bene che cosa sia, infatti in qualsiasi posta, cartacea o sonora o digitale, entra di tutto), il genovese-romano Bennardello accende il computer, accede alla sua chiocciola (@) e mi scrive del Fiumicino. L’attacco è faticoso: “Egregio Signor Pastonesi”. Troppe maiuscole. Lui stesso se ne rende conto: “No, non va bene, siamo gente di Ovalia!”. Ricomincia, meglio: “Ciao Marco”. E, tagliando corto, descrive quella che, a nove anni dall’inaugurazione, è una realtà, una comunità, una verità, una bontà.
Perché oggi la Fiumicino Rugby conta dieci ragazzini Under 6, 37 Under 8, 18 Under 10, 26 Under 12 (della quale Bennardello è allenatore in seconda, anzi, secondo il dettame federale, educatore), sedici Under 14, trentacinque seniores, infine ventiquattro Old (che, per rispetto almeno dell’età dei giocatori, se non della passione, meritano la maiuscola) – tra i fondatori, oltre a Bennardello, c’è anche l’amico Edgard Catena -, tutti reclutati tra i genitori che portano al campo i ragazzini, tutti stregati dalla passione che “i vecchi del mestiere” mettono in campo.
Dunque, Fiumicino non è solo un diminutivo, e neanche solo un aeroporto. E’ un’antica fossa, necropoli, basilica. E’ una vecchia torre. E’ una recente riserva. E’ anche calcio, pattinaggio, arti marziali, boxe, pallavolo, basket e cricket. E’ pesca e porto. E’ settemila abitanti. Ed è rugby. E siccome il rugby non è soldi, ma amore, Fiumicino è anche amore.
Che sia una famiglia (loro la chiamano “la famiglia Fiume”, dove Fiume sta per Fiumicino in versione “small”), sempre più numerosa, lo si capisce dalla struttura: il presidente si chiama Savino Baldini, Chiara Burattini è la moglie, gli allenatori Claudio e Riccardo Cioli sono figli di Floriana che a sua volta è la sorella di Chiara. Il primo nucleo di giocatori arriva dall’Ostia Rugby, poi si semina nelle scuole (il maestro Franchi nelle elementari), si recluta sulla strada, si accoglie chi è scartato da palazzetti e piste, chi trasloca da altri rettangoli. L’ex maneggio, a forza di braccia, si trasforma in un campo, lo spogliatoio nasce da una catapecchia, adesso è sorta una palestrina con qualche peso e attrezzo, d’estate si provvede alla manutenzione. Tutti esercizi volontari. Se oltre agli allenamenti e alle partite, si considerano le feste e le gite, allora si capisce come questo club sia un centro di aggregazione sociale e di resistenza umana.
Colori rossoblù (cari anche al genoano Bennardello), a strisce orizzontali, a scacchi, fino alle maglie rosa e blu (lavaggi troppo forti?) dei seniores. Gran minirugby (l’anno scorso “Le piccole canaglie” hanno conquistato il Trofeo Topolino Under 6, e Bennardello, cuore di papà, ha pianto per un’ora). E amicizia perfino con quelli – l’Ostia Rugby – con cui tirerebbe aria di derby. E che piacere vedere uno come Tomas, detto amichevolmente “Killer”, un placcatore che ha l’istinto dell’attanagliare. E che godere ammirare Mattia, eletto letterariamente “Furore”, un “nanetto” che si avvinghia alle caviglie anche degli energumeni e non le molla mai. “Quel ragazzino – hanno detto di lui, a Perugia – ci ha il rugby in grugno”.
C’è il rovescio della medaglia anche a Fiumicino. Innanzitutto il terzo tempo. Finora si è fatto in una specie di capanno. Ma conoscendo “la famiglia Fiume”, presto crescerà qualcosa di più solido. Poi la latitanza del Comune. Ma è impossibile che possa ancora fingere di ignorare questo piccolo miracolo. Perché adesso, a ovest di Roma, non decollano più solo gli aerei, ma anche sogni e speranze, sentimenti ed emozioni. Tutti ovali.
di Marco Pastonesi
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