Rugby azzurro e futuro celtico: l’uscita potrebbe essere un bene?

Lo sostiene The Rugby Paper dove si parla di occasione per concentrarsi sul rugby nazionale. Ma forse sfuggono alcune cose

ph. Sebastiano Pessina

Pro 12 o nuovo campionato di Eccellenza, con il rientro nel torneo italiano della Benetton? A chiderselo, nell’incertezza generale, sono in tanti. Negli scorsi giorni anche l’autorevole The Rugby Paper si è domandato cosa sia meglio per il rugby italiano. E la risposta sembrerebbe molto chiara già dal titolo del pezzo, firmato da Jeff Probyn: “Italians have a lot to gain by forming their own league“.

 

Nonostante l’alto numero di club presenti inItalia, (784, più di quelli gallesi, scozzesi e irlandesi messi insieme), manca ancora una struttura generale di qualità, in grado di formare giocatori di calibro internazionale. Per nazioni con un alto numero di club il rugby locale deve essere il trampolino fondamentale per il lancio di giocatori di alto livello, e allora ecco che l’uscita dal trofeo celtico sarebbe l’occasione ideale per concentrarsi una volta per tutte sul rugby nazionale. Se a questo aggiungiamo che la FIR spende una larga fetta di budget per tutto ciò che riguarda le due franchigie, il gioco sembrerebbe fatto. Ma Probyn si spinge addirittura oltre, affermando che quando si saranno assestate le basi per un buon campionato italiano, le migliori quattro squadre potrebbero legittimamente aver  raggiunto il livello di Francia e Inghilterra.

 

E le cugine celtiche cosa farebbero se ce ne andassimo? Le soluzioni sono, chiramante, due: buttarsi nelle club leagues oppure formare una o due nuove squadre (una gallese e una scozzese, almeno nelle intenzioni). La domanda con cui si chiude il pezzo è molto significativa: “Can Wales, Ireland and Scotland survive the loss of the Pro12?“. Come a dire che loro forse non ci riuscirebbero, e noi forse sì.
A Jeff Probyn, però, sfuggono diverse cose. Tra il dire che senza la Celtic l’Eccellenza accrescerebbere di molto il proprio livello e il verificarsi di tutto ciò, c’è di mezzo non solo il mare della Manica ma tutto il mare del mondo. La scelta di entrare in Celtic è stata anche una dichiarazione di sconfitta: da soli non ce l’avevamo fatta. Probyn poi probabilmente non conosce tanto bene cosa significhi programmare e avere idee in Italia, se è vero che ipotizza l’idea di “eight team premier league with accompanying academie“, ed ignora che qui fuori ci sono generazioni (perdute) di atleti che nei club provinciali per anni si sono allenati facendo a ripetizioni scatti e gioco libero, senza che nessuno gli dicesse il perché.

 

Ripartire dall’Eccellenza e dalla base si potrebbe anche. A patto di gettare non un colpo di spugna ma un secchio di acido su quanto fatto fin adesso. E a costo di trovare sponsor disposti ad investire in qualcosa che darà risultati nel lungo se non lunghissimo periodo. Forse, nemmeno il signor BT sarebbe disposto a ciò. Nello sport professionistico funziona anche così: a volte è meglio essere meno forti oggi che più forti dopodomani. Già siamo arrivati al via con molto ritardo: fermarsi di nuovo per prendere la rincorsa sarebbe deleterio.

 

Di Roberto Avesani @robyavesani

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