Da una parte l’esodo, dall’altra le conferme. E Ronan O’Gara dice la sua: in Irlanda uomini prima che giocatori, legati a città e tifosi
Per molte federazioni non sono tempi facili né felici. Nel futuro tutto incerto che aleggia sopra il futuro delle competizioni europee, Pro 12 in primis, ci sono però due Union che si stanno muovendo in direzione opposta. Da una parte l’Irlanda, che riesce a trattenere alcuni dei suoi top player; dall’altra il Galles, che giorno dopo giorno vede andare via i suoi migliori elementi, e tra questi Halfpenny, forte estremo dei Cardiff Blues e dei Lions, è solamente l’ultimo in ordine di tempo. Il portale Wales OnLine ha contato in tutto 33 giocatori gallesi che l’anno prossimo non giocheranno nel proprio paese (Halfpenny, Evans, North, Davies, Phillips, Roberts, Lydiate, Hibbard, Knoyle, Martin Thomas, Hook, Luke Charteis, Bradley Davies, Henson, Paul James, Phil Dollman, Owen Williams e altri ancora).
In Irlanda, invece, le cose vanno abbastanza diversamente. Sean O’Brien, Rory Best, Conor Murray, O’Connel, Heaslip, Keith Earls, hanno recentemente rinnovato il proprio contratto con la IRFU. Sul diverso destino dei giocatori delle due nazionali si è in questi giorni espresso anche Ronan O’Gara, ex apertura di Munster e dell’Irlanda e attualmente nel coaching staff del Racing Metro, dove allena tra gli altri alcuni fuoriusciti da novanta (Sexton, Mike Phillips, Lydiate, Jamie Roberts). Dalle pagine dell’Irish Examiner, quotidiano diffuso soprattutto nella regione di Munster, l’attacco al Galles dell’ex giocatore è di quelli forti: “Non riescono a trattenere i giocatori perché non sono orgogliosi del rugby delle loro Regions […] A Munster e con la federazione i giocatori erano considerati come persone prima di tutto. Che è diverso da essere un numero sulla rosa”. Per O’Gara, poi, i giocatori irlandesi instaurano un forte feeling con la città e i tifosi dove giocano, tanto da divenire dei “folk idols”.
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