Un ko pesantissimo che trascende dalla contingenza e diventa simbolo di un momento difficile del club veneto e del rugby italiano
Magari ci sbagliamo ma il passivo di 75 a 7 è il peggiore mai subito da una squadra italiana nel torneo celtico. Non siamo qui per gettare la croce sulle spalle di nessuno, tantomeno di un Benetton Treviso imbottito di giovani permit players, senza il suo intero pacchetto azzurro e con non pochi infortunati. Senza contare che ha affrontato una squadra che invece ha visto rientrare dalla nazionale alcuni giocatori importanti. Il dato numerico però è quello che è e da lì non si sfugge.
A volte però le cose avvengono con tempistiche che in qualche modo ne aumentano l’impatto presso media ed opinione pubblica: e il pesantissimo ko di Swansea è arrivato al termine di una settimana complicata per il movimento italiano, iniziata con l’ormai famoso comunicato del Benetton Rugby sul proseguimento dell’avventura celtica, continuata con l’intervista del presidente federale Gavazzi a La Tribuna che rispondeva a quella nota, con le voci di mercato e con le indiscrezioni circa i piani federali per la prossima stagione riportati proprio da questo sito.
E così quel 75 a 7 per molti diventa un risultato-simbolo di un momento davvero difficile per il rugby italiano, non solo per il club veneto, giunto a una fine-ciclo che proprio il ko gallese rende plastica. Probabilmente è così, anche se si potrebbe dire allo stesso modo che è un ko che certifica – se mai ce ne fosse ancora il bisogno – l’inadeguatezza del sistema dei permit player e anche le manchevolezze della gestione del “rilascio” dei giocatori azzurri per poter essere utilizzati dai propri club quando il Sei Nazioni si ferma per osservare un turno di riposo.
Un brutto ko. Una Caporetto? Forse. Ma va anche ricordato che un anno dopo quella disfatta, avvenuta nel 1917, l’Italia metteva fine alla sanguinosissima Prima Guerra Mondiale sedendosi al tavolo con i vincitori. Insomma, rialziamoci.
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