Marco Pastonesi oggi ci porta lungo un fiume che ha l’aspetto di un campo da rugby. O forse è un campo da rugby che sembra un fiume
Valvassori Peroni. Non è un nuovo tipo di birra e neanche un antico dipendente feudale. E’ il nome di un campo da rugby. Oddio: campo sì, rugby forse, possibilmente, probabilmente, dipende. Comunque a Milano, zona Lambrate, è quel campo che si vede passando con il treno, sottostante. Il Valvassori Peroni è un campo da leggenda, da mito, da Guinness dei primati. Detiene un record mondiale: quello del fango. Alle prime piogge autunnali si allaga, poi d’inverno s’impantana, si affossa, sprofonda, fino a raggiungere livelli da paludi del Mississippi, con gradi di pericolo degno della protezione civile se non del soccorso alpino. I giocatori rischiano di scomparire sotto due spanne di melma.
Si chiama Valvassori Peroni perché sta in via Valvassori Peroni, nella circostanza Carlo Valvassori Peroni, professione pediatra, preferibilmente a favore dell’infanzia diseredata, ma tutti lo conoscono come il Giuriati nuovo, o sbrigativamente il Nuovo, ironia della sorte e dell’aggettivo, perché è vero che è più recente del Giuriati definito vecchio, essendo il nuovo del 1960 e il vecchio del 1931, ma le condizioni del terreno, visionando anche quelle delle tribune e indagando anche quelle degli spogliatoi, sono fatiscenti e deprimenti, e appaiono come strutture andate e semiabbandonate. Per dirla tutta: il Giuriati nuovo fa parte del centro sportivo dedicato a Gianfranco Crespi, attivo assessore democristiano del dopoguerra, ideatore del Centro milanese per lo sport e la ricreazione, con spazi per basket, pallavolo, baseball, tennis e – appunto – rugby. Adesso il Nuovo o il Crespi ospita allenamenti e anche partite, accoglie settori giovanili e anche senili e, nonostante tutto, alberga speranze e sogni, fabbrica mischie e cementa amicizie.
Il fango ha i suoi vantaggi: favorisce la produzione di maschere per la bellezza della pelle, appesantisce il gioco favorendo il gioco degli avanti, diminuisce la velocità attutendo la forza degli impatti, chiarisce – sporcando – chi non si sottrae dalla lotta da chi la evita, spesso migliora profili ed estetica della maggiore parte dei giocatori, assolve gli arbitri dall’obbligo di riconoscere i giocatori delle due squadre, non permette di ballare il tango, incrementa il numero delle chiamate per la manutenzione delle lavatrici, a meno che i giocatori non siano così pignoli da effettuare il primo lavaggio direttamente nelle docce degli spogliatoi (ma in questo caso il fango incrementa il numero delle chiamate per la manutenzione delle docce degli spogliatoi).
Insomma, è vero che il fango riporta il rugby al suo aspetto primitivo e più epico, valoroso e letterario, ma è anche vero che il rugby, e non solo quello milanese, merita luoghi più asciutti. Sarà che l’erba del vicino è sempre più verde, ma qui l’erba non se la saranno mica tutta fumata. A occhio, più che Valvassori Peroni, più che Nuovo, più che Crespi, questo campo dovrebbe essere chiamato Attila: perché di erba, appunto, zero di zero.
Osservando lo spettacolo – in salvo – dalla tribuna durante Asr Milano-Pro Recco Under 16, uno spettatore ha assistito al lavoro di “una pompa idrovora per aspirare infiniti metri cubi di acqua stagnante”, poi alla rinascita dell’”habitat naturale del mitologico Spirito del Crespi, che come il suo omologo scozzese Nessie ama il rugby e si nasconde dietro una leggendaria discrezione”, quindi all’invocazione “con un mantra” di “Crespy o il Grande Spirito, entità mitologica che vive sepolta da tempi immemorabili tra le rotaie della ferrovia e le stratificazioni geologiche del campo, nutrendosi occasionalmente dei palloni perduti durante gli allenamenti”.
Così, chi passa con il treno e volge il suo sguardo al campo sottostante, adesso finalmente conosce la storia del Valvassori Peroni detto il Nuovo, il mito del Crespy, il rito del fango, e l’eterna resistenza del rugby.
di Marco Pastonesi
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