Altri quattro anni di rugby celtico. E Gavazzi spiega la “tassa d’ingresso”

Abolita? Non proprio: diminuita a meno di un terzo e sospesa per due anni. Ma la FIR potrebbe riuscire a non pagare più nulla

ph. Sebastiano Pessina

Ieri la FIR ha annunciato che l’accordo per un nuovo quadriennio celtico è stato raggiunto e che nel giro di qualche giorno i contratti verranno firmati. Si chiude così uno dei tanti focolai di tensione degli ultimi mesi e gli appassionati italiani potranno vedere due nostre squadre cimentarsi con le controparti gallesi, scozzesi e irlandesi fino al 2018. La federazione italiana diventa socio paritario a tutti gli effetti e potrà quindi sedersi al tavolo e pesare come le altre unions, cosa che finora non era avvenuta.
Il comunicato diffuso ieri però non menzionava in nessuna sua parte la famigerata “tassa d’ingresso”, uno dei motivi di maggiore tensione nel board celtico. Al sito de La Gazzetta dello Sport il presidente federale Gavazzi ha spiegato che quell’imposta in realtà non è stata ancora cancellata ma è stata sospesa per due anni, diminuita a meno di un terzo degli attuali 3 milioni di euro a stagione e infine che”per gli altri due (anni, ndr) abbiamo chiesto un finanziamento all’International Board. Se arriverà, anche quel terzo sarà quasi totalmente eliminato. Altrimenti la somma sarà comunque diluita nel tempo”.
Il numero uno del rugby italiano ha poi detto che le due franchigie saranno le Zebre e con ogni probabilità i Dogi e una decisione in tal senso verrà presa nei giorni immediatamente successivi alla fine del Sei Nazioni. Gavazzi ha ribadito che non vuole entrare nella gestione organizzativa della nuova selezione e poi ripete quello che per lui è diventato un mantra: “Gli allenatori delle franchigie dovranno interfacciarsi con il c.t. della nazionale, saranno anche i tecnici dell’Italia Emergenti. Le squadre di Celtic dovranno diventare le palestre per i direttori sportivi, i manager, gli allenatori e i giocatori italiani”.

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