RWC 2015: un’Italia senza “italiani” alla prossima Coppa del Mondo?

Alcune federazioni scelgono il protezionismo, molti gli azzurri dati in partenza verso l’estero. Una situazione che presenta pro e contro

ph. Sebastiano Pessina

In Inghilterra li chiamano “overseas players”, in Australia, Sudafrica e Nuova Zelanda sono i giocatori che decidono di trasferirsi a nord, in Italia potremmo iniziare a chiamarli i giocatori “d’Oltralpe”. Quelli, cioè, che hanno scelto di varcare i confini nazionali ed andare a giocare in club esteri. Sono già molti, a dire il vero, ma è lecito pensare che a fine stagione altri giocatori azzurri faranno i bagagli per trasferirsi in Francia o Inghilterra, o perché no in uno degli altri tre paesi celtici. La squadra che a quanto pare più è interessata a questi movimenti in uscita è la Benetton Treviso, e se ad oggi le voci date per certe hanno riguardato De Marchi e Vosawai, è lecito aspettarsi altri annunci nei prossimi due tre mesi. Una situazione, questa, figlia della pesante nuvola di incertezza che ha aleggiato sul futuro delle due nostre due squadre in Pro12 e che in parte, siamo pronti a scommetterci, ne ha influenzato le prestazioni sul campo. Al Mondiale 2015 manca davvero poco ed è verosimile che molti degli Azzurri che faranno parte di quel gruppo non militeranno in una squadra italiana. Una situazione, questa, che sta tenendo banco in molti paesi.

 

L’ultima a muoversi è stata l’Argentina, che nei prossimi mesi annuncerà l’intenzione di non convocare in nazionale chi gioca all’estero a partire dal 2016. Una situazione davvero complicata, se pensiamo che tutti i top player Pumas da anni hanno scelto come casa il Top 14, la Premierhsip e qualcuno il Super Rugby. E proprio l’ingresso di un team argentino nel super campionato per club dell’Emisfero Sud ha convinto la federazione ha prendere una decisione di portata storica: l’obiettivo, oltre quello di far crescere i propri vivai, è anche quello di riportare in patria qualche giocatore. Solo il tempo dirà se la scommessa sarà vinta.

 

In Inghilterra di recente ha tenuto banco l’esclusione dei vari Flood e Armitage, che pagano l’ineleggibilità. Forte di un bacino pazzesco per quantità e qualità, e del campionato nazionale forse più duro di tutti, la RFU ha scelto di percorrere questa strada. Non senza polemiche, certo, ma la volontà è di arrivare alla RWC con un gruppo di inglesi che giocano per un club inglese. Non solo una questione di appartenenza e orgoglio, che da quelle parti comunque non passano mai di moda, ma soprattutto il tentativo di costruire club capaci di dominare nell’Europa che conta.
Anche in Australia si è scelta una politica protezionistica, anche se più ottemperata. Ewen McKenzie è stato chiaro fin da subito: in Inghilterra voleranno coloro che vengono da almeno una stagione nel Super Rugby con una franchigia australiana.

 

Ma torniamo all’Italia. Posto che permettersi una politica del genere è un vero lusso, a noi non ancora concesso, resta da capire se la nazionale ne potrebbe trarre beneficio. Un punto su cui la federazione sembrerebbe stia premendo molto è l’uniformità nel modo di giocare tra squadre celtiche e nazionale. Ma se poi metà dei titolari gioca all’estero, allora la questione non si pone. Intanto fa piacere constatare che i nostri azzurri hanno mercato. Segno che qualcuno disposto ad investire non sul rugby italiano, ma sui suoi interpreti, ancora c’è. Di sicuro poi c’è che se ti alleni ogni giorno in una squadra più strutturata e che gioca un campionato più competitivo, è quasi scontato che come singolo alla lunga non puoi che migliorarti. Ma se poi metti insieme dei singoli migliori ma che giocano insieme solo una manciata di partite all’anno, il risultato finale sarà migliore o peggiore? Forse sarà migliore, e i risultati della nazionale nell’era celtica stanno a testimoniarlo. Ma oltre all’aspetto puramente sportivo ce ne è uno anche etico e morale, che riguarda il saper programmare e il saper dare delle risposte a giocatori e squadre (e magari darle prima del 17 marzo). Che figura ci fa la federazione a presentare un quindici di “Oltralpe”? Forse ne usciremmo più forti in campo, ma con la coscienza un po’ meno pulita.

 

Di Roberto Avesani @robyavesani

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