Intervista dalla vetta dell’Eccellenza: parla coach Guidi

Il tecnico del Calvisano chiacchiera con OnRugby di Rovigo, Griffen, campionato da meglio instradare, nazionale U20…

ph. Alessandro Tessari

74 punti, 15 partite vinte, una pareggiata e una sconfitta. Non solo, una differenza punti enormemente migliore di ogni altra squadra, un +421 che significa tante mete segnate e poche subite. Te lo aspettavi?
Siamo contenti. Chiaramente potremmo rovinare tutto: i play-off sono una storia a parte e anche la corsa al primo posto non è affatto chiusa. Noi infatti abbiamo tre partite molto difficili mentre Rovigo ha solo Padova che è un po’ stretta nel pronostico, almeno sulla carta, mentre noi affrontiamo tre squadre che per un motivo e per un altro cercano di fare la partita della stagione perché Viadana vincendo si rilancia nella corsa ai play-off, le Fiamme Oro dopo la vittoria nel Trofeo Eccellenza potrebbero volere un’altra vittoria per mettere un’altra preda ambita nel suo carniere e poi il Petrarca arriverà a Calvisano probabilmente con il discorso play-off aperto. Abbiamo ancora tutto da fare.

 

Siete partiti nel lotto delle due-tre squadre favorite ma forse siete andati meglio di quanto nessuno si aspettasse
Io sono molto soddisfatto dell’applicazione che ci mettono i ragazzi, della sinergia tra di loro, è un bel mix di giovani e giocatori esperti. Ho trovato grandissima volontà di lavorare e grandi consistenze morali. Siamo un bel gruppo davvero e c’è un grandissimo capobranco che è Paul Griffen. E anche io ero molto curioso, per me è il primo anno in Eccellenza. Sono davvero contento.

 

Quanto è importante arrivare primi alla fine della stagione regolare? Aiuta, ma i vantaggi sono relativi e come dicevi prima i play-off sono un’altra storia
Se si guarda a quello che è successo solo l’anno scorso con la squadra che è giunta quarta e che poi si è laureata campione si capisce che forse la cosa lascia un po’ il tempo che trova, però ci teniamo. Noi siamo molto rispettosi del Rovigo e della grande atmosfera che abbiamo trovato al Battaglini: Rovigo è una grandissima squadra, una grandissima piazza che può contare sul valore aggiunto degli oltre 5mila che affollano gli spalti del Battaglini però siamo in corsa e ci proveremo fino alla fine.

 

Si è parlato molto di Rovigo per buona parte della stagione, inevitabile dopo la campagna acquisti principesca che hanno condotto i rossoblu. Il fatto di essere stati un po’ lontano dai riflettori vi ha aiutato un po’?
Non credo. Tra di noi abbiamo sempre parlato poco di Rovigo come abbiamo parlato poco anche di Padova, Viadana, Mogliano e le altre… Sinceramente no, dal nostro punto di vista ci sono sei pretendenti allo scudetto e noi le affrontiamo tutte alla stessa maniera. Poi Rovigo ha forse qualcosa in più delle altre non fosse altro per la tradizione che può mettere sul piatto della bilancia e per lo splendido ambiente su cui può contare quando gioca. Però il 10 di maggio con i play-off partiamo tutti allo stesso livello.
E comunque non è una frase fatta, alla fine si va in campo in 15 contro 15 e le pressioni ce le hai tu come ce le ha l’avversario. Certo che il Battaglini dà sempre un buonissimo colpo d’occhio… devo anche dire che una delle immagini più belle che mi porto dentro di questa stagione è l’applauso delle Posse Rossoblu alla fine della partita con Rovigo quando Griffen ha portato la squadra sotto la tribuna. Un momento bellissimo.

 

Chi arriverà ai play-off secondo te?
Dopo il ko di sabato scorso Viadana ha un po’ pregiudicato il suo cammino. Io vedo Padova e Mogliano un gradino sopra alle altre: anche l’anno scorso centrarono i play-off all’ultimo momento e sappiamo bene come è andata…

 

I Cavalieri hanno fatto una stagione strepitosa se si pensa da quali premesse sono partiti, con tutte le difficoltà che hanno dovuto affrontare la scorsa estate
Conosco abbastanza Carlo Pratichetti ed è un allenatore tanto bravo quanto verace. Un po’ tutto l’ambiente voleva prendersi una rivincita e penso ci siano riusciti perché oltre al campionato non dobbiamo dimenticarci anche la Challenge Cup con due vittorie e un ko di un solo punto contro lo Stade Francais. Hanno dato una grande risposta quando qualcuno magari si permetteva di dire certe cose. Sono ancora in corsa a fine aprile e questo va a tutto loro merito. Vorrei poi sottolineare anche il lavoro fatto da Gabriele Lai, un ragazzo che ci mette sempre la faccia e un dirigente di primissimo piano.

 

Parlavi prima di Paul Griffen: smette davvero a fine stagione? Rimarrà con voi in qualche modo?
Lui ha detto che si fermerà, non penso di riuscire a convincerlo: è un ragazzo davvero intelligente e sensibile e quando ha preso questa decisione lo ha sicuramente fatto dopo averci pensato a lungo e aver preso bene in considerazione ogni aspetto. Lui è un grandissimo valore aggiunto, ho stima infinita per lui. Cosa farà? So che ha alcune opzioni, la federazione gli ha fatto una proposta. Vedremo.

 

Parliamo dell’Eccellenza in generale. E’ un torneo in difficoltà, soprattutto economica ma non solo. Il momento è quello che è e la crisi economica certo non aiuta. Ci sono piazze importanti che affronteranno un futuro incerto: pensiamo ad esempio a Viadana che non avrà più il patron Melegari a sostenerla. C’è una grossa difficoltà ad attirare investitori e sponsor.
Credo che l’Eccellenza vada contestualizzata meglio: ha una identità semi-professionistica e penso sia la miglior palestra per i nostri giovani. Che non hanno poi questi costi di gestione e di – passatemi il termine – stipendio così ingestibili. E’ un buon torneo per mettersi in mostra e magari ambire a una franchigia. Ci vorrebbe qualcosa di più per creare un percorso ancora migliore a questi ragazzi.
Ora magari è facile dirlo però forse in certi momenti qualcuno ha fatto il passo più lungo della gamba e contestualmente al momento economico ora se ne pagano un po’ le conseguenze. L’Eccellenza deve migliorare questa sua natura semi-professionistica e attirare anche giocatori a fine carriera e formare tecnici facendo iniziare dei percorsi da allenatori.

 

Una riduzione del numero delle squadre aiuterebbe?
Potrebbe esserlo. So che la federazione si sta muovendo in questa direzione con l’intenzione di scendere a 10 squadre, magari 8 un giorno. Comunque non vorrei sembrare uno che parla in casa degli altri, conosco l’impegno che tutte le società mettono in quello che fanno.  Certo che un torneo a 10 oppure 8 squadre innalzerebbe il suo livello e la competizione, che comunque c’è anche oggi: siamo a tre giornate dal termine e sia per i play-off che in coda i giochi sono quasi tutti aperti.

 

Sei stato allenatore della nazionale U20: il presidente federale Gavazzi ha detto che c’è necessità di migliorare i risultati di quella squadra perché non si può pensare che la nazionale vada bene se l’U20 rimedia solo sconfitte. Va anche detto che quella selezione è quella che meglio scatta una fotografia del movimento contestualizzata all’anno in questione: ogni stagione la sua rosa cambia completamente ed è innegabile che la costante è il ritardo fisico e tecnico che hanno i nostri ragazzi, che “arrivano” 3 o 4 anni più tardi rispetto alle altre nazioni europee rugbisticamente evolute.
Sono d’accordo con il presidente: dobbiamo migliorare se vogliamo crescere. Però vorrei anche dare un contesto perché l’Inghilterra ha un parco giocatori e un parco esperienze enorme . Lì i ragazzi iniziano a giocare nelle scuole e questo si riflette nel fisico, nelle esperienze e nella crescita motoria. In Inghilterra, Irlanda, Galles, Scozia il campionato delle scuole è importantissimo e questo ci dà un disavanzo storico e culturale enorme.
E poi ogni anno ha la sua categoria, ci sono annate più fortunate e altre meno. Vanno visti un po’ a più lunga gittata. Quello che dobbiamo capire è che certi tipi di percorsi hanno portato a certi tipi di risultati. A volte sono stati intrapresi percorsi un po’ così, alla giornata, e non hanno dato risultati. Dobbiamo riflettere e capire che dagli sbagli si può migliorare ma gli errori vanno analizzati e fare in modo che non succedano più.

 

Nella “produzione” di giocatori sembra che l’Italia abbia ora meno difficoltà a trovare trequarti, cosa un po’ anomala per la nostra storia più recente, e che invece sia più in difficoltà tra prime e seconde linee. C’è un motivo tecnico oppure è solo una casualità?
Io credo che se a questi ragazzi viene dato un percorso poi loro rispondono in maniera positiva. Ovviamente oggi saltano agli occhi i Sarto, i Campagnaro, gli Esposito, i Morisi ma ci sono anche Furno, Manici, Fuser, D’Apice… Ce li abbiamo i buoni giocatori, dobbiamo fare in modo che si possano esprimere. E loro devono capire di prendere al volo queste possibilità, non stare magari un po’ troppo con la pancia piena. Anche da parte loro deve esserci una grandissima volontà di sacrificio e di affermarsi.
Ci sono anche dei giovani all’estero che stanno facendo molto bene e che secondo me ci stiamo un po’ dimenticando: Tiziano Pasquali l’anno scorso era nell’U20, è andato all’Academy dei Tigers e ora è spessissimo in panchina con la prima squadra. O Pietro Ciccarelli che gioca a La Rochelle…

 

Ultima domanda. I tecnici: per la loro formazione manca una programmazione, ancora più che non per i giocatori
Può essere vero. E’ che come i giocatori anche gli allenatori necessitano di un percorso, in più serve la volontà di aggiornarsi continuamente e un po’ di umiltà. Questo sport cambia tutti i giorni. Io ho avuto la fortuna di avere sempre persone vicino come George Coste che mi permettono di avere un confronto continuo con l’alto livello.

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