Il pilone lascerà il rugby, almeno quello giocato, dopo tanti anni di carriera. Ecco cosa ci ha detto dopo la vittoria di Parma
Beneventano classe 1978, Salvatore “Totò” Perugini è stata una delle colenne portanti della nazionale degli ultimi dieci anni. Una lunghissima carriera di rugby giocato con diversi club italiani, da L’Aquila agli Aironi passando per Tolosa (titolo Top 14) e Bayonne. E infine l’avventura Zebre, dopo lo scoglimento della precedente franchigia. E poi c’è una lunghissima carriera internazionale: 83 caps con l’Italia, di cui 53 da titolare, con 9 presenze alla Coppa del Mondo e 46 nel Sei Nazioni. Giovedì a Parma ha salutato il pubblico di casa per l’ultima in territorio italiano. Al termine della partita, vinta dalle Zebre contro gli Ospreys per 30-27, OnRugby ha avvicinato il pilone azzurro e raccolto alcune sensazioni.
La prima volta non si scorda mai ma neanche l’ultima…
Il rugby è bello, dalla prima all’ultima partita. Quando uno poi decide di giocare l’ultima partita è la chiusura di una parentesi di vita abbastanza ampia, una lunga camminata con tanti amici e compagni. C’è il piacere di aver diviso tante esperienze con molti amici.
Hai un ricordo, un momento particolare della tua lunga carriera, o è ancora presto per pensarci?
Ricordi particolari e belli ne ho molti, e quelli che più fanno piacere sono quelli umani. Il campo è lo specchio di quello che si è nella vita, sono sempre stato una persona molto diretta e i ricordi più belli sono le battaglie più cruente che abbiamo avuto.
Un augurio per il futuro delle Zebre.
Spero che i ragazzi continuino a battersi come fatto nell’ultima parte di campionato, che capiscano che il rugby è lavoro ma anche passione e divertimento, e di approfittare di ogni momento perché poi tutto passa.
Il futuro di Totò?
Vaglio tutto quello che può esserci e prendo le mie decisioni, cosa che ancora non ho fatto. Nelle prossime settimane ci penserò.
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