Un obiettivo più volte annunciato e poi piano piano rimesso nel cassetto in attesa di tempi migliori. Che chissà quando arriveranno
Tra poco mese di un mese sarà luglio. Certo, direte voi, come avviene ogni anno. Inattaccabile, in effetti. Però a luglio 2014 doveva accadere una cosa importante per il rugby italiano, ovvero la “privatizzazione” della franchigia federale, le Zebre. Ad annunciarlo più volte nel corso degli ultimi due anni, ma sempre con minor frequenza da 10 mesi in qua, è stato il presidente FIR Alfredo Gavazzi che mirava a liberare energie economiche da allocare altrove.
I bilanci delle Zebre non sono conosciuti ma è verosimile che il costo economico della franchigia sia tra i 6 e i 7 milioni di euro. A Parma da tempo stanno lavorando per far entrare sponsor che coprano parte di quei costi ma finora i risultati sono solo molto parziali con contratti e incassi che coprono solo una parte minima del budget.
Già ci immaginiamo i commenti, sul tenore del “Gavazzi qui, Gavazzi là”. Ora, il presidente della FIR ha sicuramente delle responsabilità in questa situazione che non si è venuta a creare così come ipotizzata, non fosse altro che è stato lui a tirare fuori l’argomento e a sostenerlo a lungo. E se la cosa si fosse concretizzata, se cioè le Zebre avessero trovato sponsor sufficienti per una privatizzazione totale o comunque di una certa consistenza, ora il numero uno federale brandirebbe il risultato come un suo grande successo. Giustamente anche. La cosa però non è avvenuta e quindi anche il presidente deve assumersene parte della responsabilità, ma non va assolutamente dimenticato il panorama economico più ampio in cui ci si è mossi, che è di grandissima difficoltà e sofferenza da parte delle imprese e il rugby dalle nostre parti – nazionale a parte – ha grande difficoltà a diventare “attraente”, anche a livello celtico. I doratissimi mondi francesi e inglesi sono davvero una realtà troppo lontana.
Cosa fare? Difficile dirlo. Il primo passo importante e davvero rivoluzionario potrebbe essere quello di trovare delle tv “stabili”, possibilmente con contratti che vadano al di là della singola stagione perché una programmazione televisiva certa e prolungata attira inevitabilmente le aziende. Ma anche qui ci muoviamo in un panorama di difficoltà economiche generalizzate dove i grandi gruppi preferiscono andare sul sicuro (leggi: calcio soprattutto). Insomma il lavoro di Gavazzi è comunque estremamente complicato.
C’è però un passo obbligato: il 30 giugno scade l’attuale CdA delle Zebre. Verrà rinnovato oppure confermato? Ci saranno modifiche sostanziali o qualche cambio della guardia non così centrale nell’attuale organigramma bianconero? Magari non è molto ma in base alle scelte fatte potremo capire che sentieri si pensa di imboccare. Per la privatizzazione però dovremo attendere parecchio.
Il Grillotalpa
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