Intervista al neo allenatore della franchigia veneta. Che ci parla di Benetton, Accademie, equiparati, italiani e altro ancora…
Umberto l’ultima volta che ci siamo visti ci trovavamo in Nuova Zelanda. Eri stato appena annunciato come nuovo alleantore del Treviso e e non vedevi l’ora di iniziare a lavorare. Come sono andati questi primi due mesi di preparazione?
Se sono stati due mesi positivi lo vedremo più avanti , è abbastanza normale che ti rispondo tutto bene, ma le basi della nostra preparazione la vedremo nel tempo, nel nostro percorso in campionato. Sono stati sicuramente due mesi importanti perché molte cose nel club sono cambiate e per tutti c’è bisogno di un po’ di adattamento a facce e programmi nuovi. Penso sia fisiologico.
Qualche tifoso e qualche dirigente hanno storto il naso sulla quantità di stranieri, compresi anche nello staff, che formano la rosa del Treviso. E’ stata una scelta forzata o forse si poteva anche guardare a qualche ragazzo italiano in più?
Possiamo parlare per giorni di queste questioni , posso dire che straniero o italiano non cambia, quello che dovrebbe cambiare o essere giudicato è il senso di appartenenza ad una nazione o al club per cui lavori. Posso assicurarti che conosco alcuni stranieri che sono più italiani di tanti di noi. Però a volte si va contro ad un qualcosa volte per partito preso; è la nostra cultura tipicamente italiana.
Parlaci dei tuoi stranieri e di chi secondo te avrà un ruolo determinante nella performance della squadra
Difficile dare un giudizio dopo appena due mesi e nessuna partita giocata. Il giocatore forte si vede sotto pressione, il talento e l’istinto del vincente vengono fuori quando iniziano le difficoltà. Certo se mi chiedi da chi mi aspetto un grande contributo quest’anno, la risposta è facile: Harden e i due “giganti” Auvaa e Luamanu davanti, dietro invece Carlise, Christie e Hayward. Ma tutti loro devono dare un contributo importante alla squadra.
Ci sono notizie parallelamente opposte negli ultimi mesi. Giovani italiani che preferiscono contratti con accademie estere perché non hanno offerte rilevanti in Italia ed una Federazione che guarderebbe ad acquisire stranieri equiparabili attraverso scouting nel Pacifico. Non c’e’ proprio modo di trovare un punto di mezzo e dare più visibilità e sviluppo ai giovani italiani?
Ero presente a qualche partita del giovane pilone tongano Taniela Tupou che gioca in Nuova Zelanda per il Sacred Heart College. Mi sembra che ci fossero molti scouting di tante squadre e nazioni: le franchigie del Super Rugby neozelandesi e australiane, quelle della Rugby League australiana e addirittura della NFL americana. Per portare in Italia uno così cosa devi promettergli, la luna ? Ammesso e non concesso che riusciamo a dargliela la luna, poi lui viene o preferisce nazioni più evolute del nostro panorama? Attualmente nel ranking ne conto almeno dodici prima di noi. In parole spicciole la maglia azzurra è appetibile? Comunque penso che questa storia di prelevare ragazzi dal Pacifico sia una grande “bufala”, andrebbe a cozzare inesorabilmente con il prolungamento da due a tre anni dei ragazzi nelle accademie. I ragazzi ti danno tre anni della loro vita, e dopo porti un figiano o un tongano qualunque dall’oggi al domani per giocare in Nazionale . Ma aspetto cose ufficiali e più precise per poter dare dei giudizi sensati e logici.
E’ notizia di pochi giorni fa che il tallonatore Bruno Mercanti potrebbe non essere più disponibile per la stagione per problemi di salute. Stai già pensando al sostituto?
Su queste cose la miglior cosa da fare è stare in silenzio. Ci sono delle persone preposte per eventualmente ufficializzare o solo parlare della situazione, ovvero il nostro staff medico. Ogni dichiarazione di altri, compresa la mia, creerebbe solo allarmismi, magari alla fine inutili. Da noi, ognuno ha il suo compito e cerca di farlo al meglio, nessuno si sostituisce al lavoro di altri.
Una delle cose di cui abbiamo parlato nell’intervista in Nuova Zelanda era il diverso rapporto dello staff tecnico dei Blues Super Rugby con i giocatori. Hai introdotto quindi il gruppo di leader anche a Treviso, cioè quei giocatori che faranno da tramite tra te e il resto della squadra. Spiegaci le tue sei scelte.
Anche questa cosa è stata molto strumentalizzata, e questo ci sta. I tifosi hanno il diritto di criticare, è il nostro lavoro. La forza di uno staff è accettare con serenità sia critiche che elogi. Voglio precisare una cosa però: questa storia dei group leader non toglie le responsabilità di eventuali sconfitte allo staff e in prima persona al capo allenatore, questo per essere chiari. I leader aiutano la programmazione dei carichi di lavoro, della parte logistica, delle trasferte e di quant’altro sono di supporto allo staff, ma non lo sostituiscono.Le scelte dei sei ? La squadra, ha fatto una riunione con il capitano e sono venuti fuori sei nomi. Sarebbe stato scorretto scegliere noi dello staff, avremo scelto quelli più accomodanti.
La gestione di Treviso è cambiata ora che Vittorio Munari non è più direttore sportivo. Che tipo di equilibrio è stato raggiunto adesso?
Vittorio è stato per dodici anni un punto di riferimento del club, simpatico o antipatico che sia. Sulla bravura o meno di Vittorio penso parli il curriculum, quindi adesso è venuta a mancare un figura importante. Il presidente Zatta è molto più presente e gran parte del lavoro di Vittorio è di sua competenza. Piano piano raggiungeremo un equilibrio, speriamo con gli stessi risultati.
Sei conosciuto per essere un allenatore onesto ed umile con l’audacia nell’affrontare il toro per le corna e le sfide importanti. Quale obbiettivo ti sei prefissato per questa prima stagione in biancoverde?
Non parlerei mai personalmente, la mia fortuna è aver sempre avuto degli staff molto competenti, quindi i risultati ne sono la normale conseguenza. Parlerei di obbiettivi di staff e cioè dare un gioco offensivo e difensivo a questa squadra, oltre che una grande “anima” a questo nuovo gruppo. Naturalmente fa parte del nostro lavoro, saremo giudicati dai risultati e solo da quelli quindi speriamo che arrivino. L’ottimismo non mi manca come la serenità di fare al massimo delle mie capacità , poi se saranno state sufficienti lo vedremo.
Di Melita Martorana
@TheItalianIn NZ
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