Rugby femminile: un mondo che sta viaggiando ad alta velocità

In Inghilterra l’obiettivo è 10.000 giocatrici in più. Ma anche dalle nostre parti non scherziamo…

ph. Jed Leicester/Action Images

La diversificazione di genere è uno dei passaggi più importanti nello sviluppo di uno sport. Lo sanno bene in Inghilterra, dove la Rugby Football Union non si è certo fatta trovare inaspettata dopo la vittoria ai Mondiali femminili di Parigi. Sull’onda dell’entusiasmo, ma anche e soprattutto di una sapiente programmazione, è stato lanciato un programma ad hoc per accrescere di 10.000 unità il numero di rugbiste nell’intera Inghilterra entro il 2017, aumentando notevolmente il valore attuale (18.000). Una cifra davvero alta anche per quelle parti, ma negli anni di avvicinamento al Mondiale maschile tutto è lecito e possibile.
Questa edizione della Women’s Rugby World Cup in particolare ha calamitando notevoli attenzioni, al punto che la gara tra Francia e Australia, che metteva in palio l’accesso alla semifinale, è stata seguita oltralpe da 1,8 milioni di spettatori. In una recente dichiarazione Steve Grainger, rugby development director presso la RFU, si è detto certo che numerosi sponsor decideranno di investire nella palla ovale femminile dopo questo trionfo sportivo e mediatico. Il confronto ovale tra il nostro paese ed altri appare spesso inglorioso, ma in questo caso anche l’Italia si sta piano piano facendo sentire. Vero che non abbiamo partecipato a questa edizione dei Mondiali in rosa e nemmeno ci saremo tra due anni a Rio, ma i cambiamenti a livello quantitativo ci sono e, aspetto molto importante, stanno interessando soprattutto la base.

 

L’edizione 2010-11 della Coppa Italia di Rugby Seven femminile ha visto la partecipazione di ventotto team Seniores, mentre due anni più tardi nell’edizione 2012-13 si è passati a 52 squadre Seniores e 26 Under 16. Non solo, in quella stagione ben cinque squadre Seniores sono riuscite a fare il salto dalla Coppa Italia Seven al gioco a quindici, e parallelamente è aumentato il numero di Comitati organizzatori dei singoli Gironi, delocalizzando la palla ovale lungo tutta la Penisola. Per quanto riguarda invece la stagione appena conclusa, vi hanno partecipato 72 squadre Seniores e 42 Under 16, con l’ingresso di Abruzzo e Sicilia nel novero dei comitati organizzatori. La crescita c’è, è esponenziale e fa certamente ben sperare. Non solo, la possibilità di partecipare con una squadra del territorio alla Coppa Italia Seven ha spinto società limitrofe a mettere assieme le forze per iscrivere una propria squadra, come nel caso del Verona Rugby Ragazze (nata da Cus Verona e Valpolicella) e dell’Umbria Rugby Ragazze (nata dall’unione di Terni Rugby e Rugby Perugia, e che disputa la Serie A). E in un momento per noi di difficoltà e in cui nemmeno il rugby maschile a quindici se la cava benissimo, “Seven Femminile” può essere davvero la formula magica per portare la palla ovale ad una nuova platea di potenziali giocatrici (oltre che di potenziali mamme), sfruttando le meno risorse richieste in termini sportivi e logistici rispetto alla versione canonica.

 

Sull’importanza dello sviluppo del rugby femminile abbiamo parlato spesso, a cominciare dalla necessità di eliminare dalla palla ovale quell’aura di sport maschile che in parte ancora le aleggia intorno. I numeri di Francia e Inghilterra sono ancora ben lontani, ma sicuramente qualcosa in basso si sta muovendo.

Di Roberto Avesani

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