Il recente passaggio dai neroverdi ai cremisi ha fatto discutere, ora il coach concede una intervista a OnRugby
Dovevi guidare L’Aquila da head coach nella prossima stagione di Eccellenza, una decina di giorni fa l’annuncio del tuo passaggio alle Fiamme Oro dove allenerai i trequarti: Nanni, perché hai lasciato L’Aquila a preparazione già iniziata?
Ho lasciato perché mi è stato offerto un contratto con le Fiamme Oro che ritengo sia il miglior club per poter progredire nella mia carriera. Sia come giocatore, che ora come allenatore, ho sempre cercato di migliorarmi e di inseguire il sogno di poter fare del rugby la mia professione. A 15 anni mi sono trasferito nella capitale ed ho iniziato la mia carriera professionistica con la Rugby Roma e quindi Calvisano e poi Capitolina. Questa voglia di emergere mi ha anche consentito di giocare in Nazionale.
Oggi come allenatore non sono differente e voglio poter allenare in una realtà professionistica. Per esempio non tutti sanno che a mie spese sono andato in Sudafrica ad imparare ad allenare per tre anni. Le Fiamme Oro sono al momento, per me, una delle pochissime realtà di rugby professionistico al 100% in Italia e non potevo non prendere l’opportunità di allenare con loro, per di più a Roma. La decisione è stata difficile a livello di cuore soprattutto dopo la stagione che abbiamo passato con la vittoria in Serie A e promozione in Eccellenza, considerando le difficoltà oggettive del club sia finanziarie che di logistica dovute purtroppo ai problemi ancora non risolti causati dal terremoto del 2009. Ma le Fiamme mi avevo già cercato e contattato da tempo. Io avevo sempre messo al corrente la dirigenza aquilana delle trattative. Ho sempre fatto in modo tale che nulla fosse segreto e tutto fosse trasparente, così da poter contare anche sul supporto dell’Aquila stessa.
Lo hai detto tu ai giocatori che andavi via?
Io assieme al Presidente, in campo. In realtà lui ha iniziato poi io ho preso parola ed ho spiegato le mie motivazioni. Mi sono molto emozionato, lo confesso. Ma i ragazzi hanno capito perfettamente la mia situazione e la mia voglia di inseguire una carriera professionistica. Sono molto attaccato ai ragazzi, è stata durissima lasciare il club e gli aquilani. Ma il supporto che mi è stato mostrato dai dirigenti, giocatori e tifosi è stato incredibile.
Quali sono ora i piani per le Fiamme Oro?
Ho guidato l’Aquila come tecnico fino a sabato scorso nel torneo Sebastiani, dove hanno giocato proprio le Fiamme Oro e il Gran Sasso. Da ieri invece sono con le Fiamme Oro.
Che tipo di contratto hai con le Fiamme Oro?
Mi sono accordato per una stagione, poi vedremo per quella successiva. Io mi sono messo a completa disposizione dell’allenatore Presutti, ma sarò responsabile dei trequarti.
Quali sono gli obbiettivi per questa stagione?
Questa è una domanda da fare all’allenatore o al team manager delle Fiamme. Io vado a Roma per offrire il mio 100%, per migliorare e trovarmi a lavorare in un rugby professionistico. Indipendentemente dagli obiettivi prefissati io darò tutto il mio supporto. Certo loro potranno risponderti meglio dal momento che hanno già iniziato la preparazione.
Hai detto che vuoi fare del rugby la tua carriera e di conseguenza rincorri le opportunità nel rugby professionistico. Dove ti vedi tra cinque anni?
Io mi vedo coinvolto in uno staff sempre a livello professionistico sia in Italia che all’estero. Certo le speranze sono sempre quelle di poter rientare nel giro azzurro facendo parte dello staff di una delle rappresentative italiane. Era la mia ambizione da giocatore, rimane la mia ambizione da allenatore.
Hai fatto menzione prima della tua esperienza in Sudafrica, a tue spese, dove hai passato tre anni per poter migliore la tua abilità da alleantore. Non tutti lo sanno di questo, solo pochi. Ci vuoi dire qualcosa di più?
E’ vero sono abbastanza riservato e non ho mai veramente parlato del Sudafrica. Nel 2010, ultimo anno da giocatore, ebbi la fortuna di giocare alla Rugby Roma sotto John Dobson che è l’attuale head coach dei Western Province nella Vodacom Cup. Cosi gli chiesi se potevo raggiungerlo in Sudafrica per un esperienza di un anno. Un tirocinio da allenatore. Mi ha aiutato ad inserirmi nella realtà rugbistica del paese.
Poi mi sono innamorato del posto e della passione che i sudafricani hanno per il rugby, una religione, proprio come la Nuova Zelanda, per me che sono amante del rugby era un sogno vero. E da un anno sono rimasto tre anni. Ho iniziato ad allenare un ostello universitario che giocava nel campionato degli ostelli all’interno della cittadella universitaria di Stellenbosh. La mia squadra della facoltà di giurispridenza giocava contro le squadre di medicina, economia, arte. Si chiama Interfaculty tournament. Per un italiano allenare rugby in Sudafrica è abbastanza raro: è stata dura inizialmente perché comunque è una delle nazioni più forti del mondo nel rugby, però se vali ti rispettano e riesci a ritagliarti il tuo posto.
Grazie comunque all’aiuto di Dobson e anche alla mia determinazione di inseguire il mio sogno sono riuscito a rimanere tre anni. Ho seguito da vicino anche la franchigia degli Stormers che sono stati sempre il mio punto di riferimento in quel periodo. Grazie a Dobson e anche al mio essere italiano socievole, sono riuscito a farmi volere bene dallo staff degli Stormers tanto che alla fine ero sempre con loro agli allenamenti o alle altre attività. Una sorta di staff di supporto invisibile, mai stipendiato, ma ho praticamente fatto un tiracinio presso gli Stormers per tre anni.
Poi sono tornato in Italia, quando si è presentata l’opportunità di allenare L’Aquila. Il mio primo club italiano, uno dei più antichi nel nostro paese, e quindi non c’ho pensato due volte a fare le valigie e tornare in Italia nonostante adorassi la mia esperienza sudafricana.
Di Melita Martorana
@TheItalianInNZ
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