Secondo qualcuno fino ai 20 anni il nostro movimento è in linea con gli altri, il gap arriva dopo. Ma il campo dice un’altra cosa
Qualche tempo fa il responsabile dell’area tecnica della FIR Franco Ascione in una intervista a AllRugby disse che, tutto sommato, fino a 18/19 anni i nostri ragazzi hanno un percorso formativo fisico e tecnico “in linea con le potenzialità e le possibilità del nostro movimento”, non poi così lontano da quello degli altri nostri partner europei. Insomma inglesi, francesi, gallesi, irlandesi e scozzesi. Il vero gap arriva intorno ai 20 anni quando negli altri movimenti i giovani continuano a crescere mentre da noi fanno fatica a trovare spazi nelle squadre di club.
Opinione legittima, discutibile come tutte le opinioni, ma cosa dice il campo? Guardando i risultati delle nostre nazionali giovanili quella del responsabile federale non sembrerebbe però così suffragata dai fatti: non mancano certo i risultati positivi, ma non c’è nessun tipo di continuità e la maggioranza delle vittorie arrivano ancora contro movimenti che ci sono tradizionalmente inferiori. Insomma, vinciamo contro statunitensi e uruguaiani, battiamo – magari a fatica – i georgiani e un po’ più spesso gli scozzesi, ma quando incontriamo Inghilterra, Francia e compagnia cantante il nostro score è molto più negativo.
Abbiamo dato una veloce scorsa ai risultati delle nazionali azzurre U20, la recente “selezione sperimentale” (che raccoglie atleti al secondo anno di frequenza presso l’Accademia Nazionale “Ivan Francescato” e reduci dall’ultimo Mondiale Juniores insieme ad altri atleti non facenti parte dell’Accademia ma che provengono dal percorso formativo federale. La selezione sperimentale U19 è formata da atleti selezionati per la stagione 2014/2015 per l’Accademia Nazionale e da giovani di potenziale interesse in vista del Junior World Championship 2015), Emergenti, U19, U18 e U17 degli ultimi mesi e su un totale di 33 gare le vittorie sono 11, i ko 21 e un pareggio. Se però limitiamo lo sguardo alle partite contro le squadre dei movimenti appartenenti al gruppo a cui facciamo parte da qualche anno (dall’ingresso nel Sei Nazioni, diciamo) il monte sconfitte cambia di pochissimo e scende a 19 mentre quello delle vittorie cala di oltre la metà e si ferma a 5. Il trend degli anni precedenti non è poi molto diverso.
L’U20, ad esempio, vince contro Fiji, Argentina e Scozia ma rimedia pesanti ko contro Francia, Inghilterra, Australia, Francia e Galles. Oppure gli Emergenti battono la Spagna ma perdono con i georgiani; l’U18 si impone contro i Pumitas U19 pochi giorni dopo aver subito un pesante ko contro gli stessi avversari, batte di poco la Georgia ma contro Francia, Irlanda e Scozia non c’è storia.
Atleti e tecnici lavorano duramente, nessuno lo mette minimamente in dubbio, su questi risultati pesano fattori tecnici, sociali (lo sport nella vita dei giovani di molti altri paesi è molto più presente, a partire dalle scuole) e di conseguenza anche fisici. Mettiamoci pure le giornate storte, che capitano a tutti, ma il gap con gli altri movimenti più importanti esiste prima dei 20 anni e pure dopo. Bisogna ripartire da qui, che se non battiamo inglesi, francesi, australiani e soci con le nazionali giovanili come possiamo superarli dopo?
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