Un inizio di stagione disastroso ma la corsa a indicare il colpevole fatta “con la pancia” non serve ed è controproducente
Il dopo-partita di Scarlets-Benetton Treviso, sabato sera, è stato caratterizzato da uno degli sport più diffusi in Italia, quello della caccia al colpevole. Motivi certo non ne mancano: il 43 a 0 di Llanelli rimediato dai biancoverdi segue altri due ko, e solo uno non può essere identificato come un’imbarcata (ci riferiamo ovviamente al 10-21 del Monigo contro il Munster). Una sconfitta pesantissima che seguiva a 24 ore di distanza quella altrettanto netta delle Zebre a Limerick, dove il Munster ha rifilato un 31 a 5 ai bianconeri, che sono riusciti a smuovere il loro tabellone solo negli ultimissimi secondi della partita.
Un brutto week-end che è la fotocopia dei due che lo hanno preceduto. Ormai la litania la conosciamo bene, purtroppo: 6 partite, altrettante sconfitte, 5 punti di bonus concessi, -146 punti di differenza complessivi in soli 240 minuti di gioco (nel dettaglio: -85 per Treviso e -61 per le Zebre), eccetera eccetera. Chi i colpevoli per media e – soprattutto, va detto – la vox populi del web e dei social network? In ordine sparso segnaliamo la FIR, Alfredo Gavazzi, di nuovo la FIR con la sua gestione dell’Alto Livello, apostrofato da molti come “indecente” o “imbarazzante”, quando non peggio.
Ora, OnRugby non è l’avvocato di nessuno, ma bisogna mettere un po’ di punti fermi. Primo: la gestione FIR dell’Alto Livello è deficitaria? Sì, a nostro parere, ma non da oggi. Diciamolo chiaro e tondo: il nostro è un movimento che è fermo e lo è da anni. C’è stata la spinta che ci ha portato al Sei Nazioni, il momento di passaggio tra il gruppo della nazionale che ci ha trascinato a quel risultato a quello che nei suoi pilastri fondamentali è sostanzialmente abbiamo ancora oggi, quello dei Parisse dei Castrogiovanni e dei Masi, giusto per fare degli esempi. Gente che tra 12 mesi probabilmente finirà la sua esperienza con la nazionale e allora verranno alla luce tutte le magagne e i ritardi che abbiamo accumulato in questi anni. Anni in cui chi ha gestito il lato tecnico del movimento non ha dovuto rendere conto dei risultati del campo, che ci hanno consegnato qualche vittoria tanto bella quanto sporadica, un ottimo Sei Nazioni (edizione 2013), accanto a tanti altri anonimi o disastrosi. Ma i nomi dei titolari degli uffici che contano non sono mai cambiati, se non in maniera davvero minore.
Non contestiamo il fatto che i ruoli cardine siano stati affidati ad Ascione o Checchinato o a chi per essi, giusto per non nascondersi dietro a un dito, ogni presidente ha il diritto/dovere di circondarsi delle persone che ritiene più adatte, registriamo semplicemente il fatto che il loro lavoro non è stato poi giudicato in base ai risultati del campo. La domanda è semplice: in Francia, in Inghilterra, in Nuova Zelanda o in Scozia sarebbe successo? La risposta è altrettanto semplice: no.
La gestione deficitaria dell’Alto Livello quindi. Ma questa gestione è la stessa di un anno fa, quando le Zebre andavano per esempio a vincere a Cardiff e Treviso batteva il Munster. E’ esattamente la medesima che nel Sei Nazioni 2013 ci portava a battere Francia e Irlanda e a sfiorare un clamoroso risultato a Twickenham. Stesse persone, stessa politica, stessa filosofia. Chi gestiva e guidava l’Alto livello quendo il Benetton chiudeva il Pro12 a metà classifica? Se una tra Zebre e Benetton Treviso avesse vinto che cosa direbbe la vox populi di cui sopra? Se leghiamo il giudizio a un risultato estemporaneo ogni settimana il borsino potrebbe subire variazioni.
Ci sono poi le contingenze, che non possono essere dimenticate: le Zebre hanno un parco infortunati lunghissimo, Treviso ha cambiato oltre mezza squadra e si trova in una situazione non dissimile da quella degli Aironi della seconda stagione celtica. Non solo, quelli che dovrebbero essere i pilastri del gruppo – Alessandro Zanni, Simone Favaro e Francesco Minto – ancora il campo non l’hanno visto. In molti dicono che il Benetton ha smobilitato rispetto a un anno fa e di sicuro quella di oggi è tutta un’altra squadra, ma se la firma del proseguimento dell’avventura celtica è arrivato solo il 5 di maggio scorso c’è poco da raccontarsela. Dice: non hanno fatto abbastanza per trattenere gli azzurri. Quella data, il 5 maggio, spiega però più di mille parole e non sta a noi ricordare quali differenze passano tra partecipare al torneo celtico o all’Eccellenza, sia per i dirigenti che per i giocatori. Bisognerebbe pure ricordare che il club biancoverde per alcuni anni è riuscito a trattenere giocatori come Ghiraldini (giusto per fare un esempio) richiestissimi all’estero. Quest’anno è stato impossibile.
Altri indicano Vittorio Munari, in quanto responsabile unico della costruzione di questa squadra. Beh, la squadra l’ha fatta lui, certo e qualche errore l’avrà anche fatto ma Munari non è il Benetton Treviso, e a qualcuno rendeva conto. Quel qualcuno è il presidente Amerino Zatta che a fine maggio dichiarava alla stampa che “Munari è in uscita, resta a dare una mano, in questa fase le scelte sono mie, me ne assumo la responsabilità”.
Ultima aggiunta. A Treviso saranno state fatte anche alcune scelte sbagliate ma altre sono state imposte: come il tecnico italiano (chiariamoci subito: Casellato è un bravissimo allenatore, ma senza gli aut-aut federali per lo staff tecnico in Ghirada si sarebbe guardato in Italia o all’estero?) o alcuni movimenti tra Parma e Treviso. Questo per dire che non bisogna dimenticarsi gli aspetti più diversi.
E le Zebre? Hanno buttato via o quasi la vittoria contro Cardiff, hanno perso in maniera netta con Ulster e Munster. Però perdere sui quei campi è cosa che può capitare a chiunque, soprattutto se lo staff tecnico non può contare sul meglio della rosa che ha a disposizione e probabilmente il grosso dei giovani del roster (non tutti) non è ancora abbastanza formato per questi livelli. Ma quest’ultimo aspetto è un problema che non riguarda le Zebre, non solo almeno, ma tutto il movimento italiano.
Il panorama che ci circonda non è dei migliori, anzi. La gestione Gavazzi? Critiche e dubbi li abbiamo sempre espressi e continueremo a farlo, senza nessun tipo di pregiudizio fosse esso positivo o negativo. Il motto elettorale del presidente era “cambiamento nella continuità”, finora di cambiamenti ne abbiamo rilevati pochi e l’unica continuità che vediamo è quella dei risultati del campo. Il giudizio sull’operato dell’attuale presidente FIR è comunque fissato tra due anni, che qualcuno troppo spesso se lo dimentica: Gavazzi è stato scelto dal movimento italiano.
Un po’ di punti fermi dicevamo. Buttare il bambino con l’acqua sporca è un rischio che c’è ed è molto alto e sparare nel mucchio è la cosa meno indicata da fare, soprattutto se si fa sull’onda emotiva di una serie di alcuni risultati negativi. La “pancia” è nemica della freddezza e delle decisioni ragionate e l’Italia rugbistica ha bisogno come il pane delle ultime due. Ci sono problemi che vengono da lontano e che non sono mai stati affrontati, ce ne sono altri che invece sono contingenti e legati a uno specifico momento. Mischiare gli uni e gli altri è un errore.
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